giustiziami » greganti http://www.giustiziami.it/gm Cronache e non solo dal Tribunale di Milano Tue, 15 Apr 2025 11:11:37 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 ‘Ergastolo a Kabobo, anzi no 20 anni’ Così Alleanza Nazionale chiede una pena certa http://www.giustiziami.it/gm/ergastolo-a-kabobo-anzi-no-20-anni-cosi-alleanza-nazionale-chiede-una-pena-certa/ http://www.giustiziami.it/gm/ergastolo-a-kabobo-anzi-no-20-anni-cosi-alleanza-nazionale-chiede-una-pena-certa/#comments Mon, 31 Mar 2014 17:28:31 +0000 greganti http://www.giustiziami.it/gm/?p=1911 Prima di dare corso ad una manifestazione è sempre meglio mettersi d’accordo su quel che si desidera richiedere. Altrimenti si rischia di non fare proprio una bella figura se, a favore di taccuini e telecamere, un politico invoca l’ergastolo e se la prende con i pm troppo teneri, mentre un altro dello stesso partito, dopo essersi consultato con i cronisti di giudiziaria perché nel merito non era molto ‘sul pezzo’, dice che va bene così, che la richiesta di condanna sembra corretta. E allora perché manifestare e forse, in generale, se proprio si deve, non è meglio aspettare la sentenza?

E’ successo stamattina davanti al Tribunale di Milano, dove è andato in scena un presidio di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale nel giorno in cui sarebbe potuta arrivare (ma non è arrivata, rinvio al 15 aprile) la sentenza per Adam Kabobo, il ghanese che ha ucciso tre passanti a colpi di piccone lo scorso maggio, ma anche lo schizofrenico paranoide che la Lega pare avere preso a modello di immigrato con cui vedrai che alla fine la giustizia sarà clemente. Quando il pm Isidoro Palma, infatti, nella scorsa udienza ha chiesto per lui 20 anni di reclusione, con l’applicazione dello sconto per il rito abbreviato e il riconoscimento della semi-infermità mentale, è partito repentino il tweet del leader del Carroccio Matteo Salvini per esprimere grande indignazione. E i Fratelli d’Italia, che non volevano essere da meno, si sono ritrovati oggi in corso di Porta Vittoria per un sit-in contro ”l’ingiustizia” di ”tutte quelle sentenze che umiliano le vittime e i loro parenti”. La sentenza nel caso Kabobo, facciamo notare, non c’è ancora stata, ma il capogruppo in Consiglio comunale ed ex vicesindaco, Riccardo De Corato, ci ha tenuto a chiedere ”l’ergastolo” per il ghanese, perché ”se non si dà l’ergastolo a chi ha ammazzato tre persone, a chi lo si dà?”. Evidentemente, però, non si era messo d’accordo, e ciò forse è anche un bene per la genuinità dell’iniziativa, con il deputato ed ex ministro e avvocato, Ignazio La Russa, che prima l’ha presa più alla larga, parlando di ”massima severità per i condannati e certezza delle pene”, e poi ha definito ”adeguata” la richiesta di condanna a 20 anni per Kabobo.

Quando i cronisti si stavano allontanando con i taccuini saturi di dichiarazioni, sono stati, però, raggiunti da La Russa, che nel frattempo era venuto a conoscenza del contrasto interno al partito. ”Voglio precisare che noi ci saremmo aspettati una richiesta di ergastolo, ma in ogni caso non è questo l’argomento della manifestazione”, ha spiegato. E poi ha consultato i cronisti, i quali gli hanno chiarito che il pm, dato il rito abbreviato e la semi-infermità mentale, aveva chiesto il massimo che poteva, 20 anni appunto. ”Allora il magistrato ha correttamente applicato la legge – ha precisato ancora La Russa – Diciamo che sono reati da ergastolo, ma il pm ha applicato bene la legge”. Intanto, ‘fuori onda’ De Corato giustificava la sua più pesante richiesta, precisando a sua volta: ”Sì ma io non sono mica avvocato”. Degna conclusione di un sano dibattito interno al partito. (Roger Ferrari)

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Tra arte e vandalismo i writers si beccano l’associazione a delinquere http://www.giustiziami.it/gm/tra-arte-e-vandalismo-i-writers-si-beccano-lassociazione-a-delinquere/ http://www.giustiziami.it/gm/tra-arte-e-vandalismo-i-writers-si-beccano-lassociazione-a-delinquere/#comments Thu, 28 Nov 2013 10:48:49 +0000 greganti http://www.giustiziami.it/gm/?p=988 C’è un’apprezzabile e ben articolata analisi storica e sociale, di un paio di pagine, sul ”graffitismo” e anche un più difficile ma coraggioso ragionamento sul concetto di arte, ma anche sulla ”componente” di puro ”vandalismo”, entrambi presenti nel cosiddetto ”fenomeno del writing”, che trova le sue origini nella ”sottocultura dei ghetti newyorkesi”. Non è un saggio di Vittorio Sgarbi, ma sono le interessanti motivazioni (potete leggerle nella sezione ‘Documenti’) della sentenza del gup di Milano Alessandra Clemente che, lo scorso settembre, ha condannato per associazione a delinquere, per la prima volta in Italia, due giovani che armati di bomboletta spray hanno riempito la città di ‘tag’: quelle firme o sigle stilizzate che inondano di vernice i muri dei palazzi e le saracinesche della metropoli. Che facciano schifo è probabilmente un dato oggettivo, extra-processuale.

Il giudice, però, spiega che non sempre è stato così e che un tempo anche nel ‘writing’ c’era ”un’etica che lasciava intatti i monumenti, le zone storiche e i disegni di altri writers”. Ora, aggiunge, ”sui muri e sui mezzi della città, salvo poche eccezioni”, che sono i veri e propri dipinti della ‘street art’, ”si vedono solo firme senza nessuna velleità artistica, degli scarabocchi finalizzati solo a far conoscere il nome del writer e ad ‘occupare il territorio”’. Restano i ”danni per i cittadini”, costretti a pagare, anche con le tasse, per ripulirsi i muri. Da qui l’accusa di ”deturpamento e imbrattamento di cose altrui”, che non fa una piega.

Più difficile accettare la novità ‘storica’ della sentenza, ossia il riconoscimento dell’associazione per delinquere. C’era proprio bisogno di classificarli al pari di una banda di delinquenti? In realtà, il gup sul punto fornisce una serie di elementi, non solo sociali in questo caso, ma soprattutto giuridici per confermare la tesi dei pm Riccardo Targetti e Cristian Barilli. In sostanza, i due ragazzi, assieme ad altri, alcuni minorenni all’epoca dei fatti, hanno fatto parte, secondo il gup, di un ”gruppo di persone” legate tra loro da un interesse ”illecito”, quello di insozzare la città. Una ‘crew’ di ragazzi in ”continua e costante comunicazione” sui social network, base ”virtuale” per pubblicare le loro ‘imprese’ ”in sfregio” anche alle norme del ”vivere civile”. Diciamo che per fortuna i due imputati, assistiti dai legali Laura Colognese e Sabrina Crispino, si sono fatti perdonare mettendosi a disposizione per 800 ore di lavori socialmente utili. Così quell’accusa pesante, degna di ben altri contesti criminali, si è risolta con una pena sospesa di 6 mesi, grazie alle attenuanti. (Roger Ferrari)

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Ligresti-Cancellieri-Cav, il Belpaese del ”tengo famiglia e pure amici” http://www.giustiziami.it/gm/ligresti-cancellieri-cav-il-belpaese-del-tengo-famiglia-e-pure-amici/ http://www.giustiziami.it/gm/ligresti-cancellieri-cav-il-belpaese-del-tengo-famiglia-e-pure-amici/#comments Wed, 20 Nov 2013 16:40:07 +0000 greganti http://www.giustiziami.it/gm/?p=881 Non si ferma la saga da ”amici miei” che vede coinvolto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per i suoi presunti rapporti con i Ligresti. Tanto che, proprio mentre il Guardasigilli incassa la fiducia del Parlamento malgrado i turbamenti del Pd su quelle telefonate con la compagna e il fratello di ‘Don’ Salvatore, da Milano esce ‘nero su bianco’ il virgolettato di un verbale dell’ingegnere di Paternò: racconta di quella volta che avrebbe raccomandato la vecchia amica a Berlusconi. Una ”segnalazione”, una spintarella, presunta, all’italiana.

E’ il 15 dicembre 2012. Il pm di Milano Luigi Orsi interroga Salvatore Ligresti in una tranche dell’inchiesta Fonsai, quella in cui è indagato per calunnia e corruzione anche l’ex presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, che per 8 anni avrebbe chiuso un occhio sul gruppo assicurativo anche perché Ligresti gli aveva promesso, tramite Berlusconi, un posto all’Antitrust. E quando il pm gli chiede ”quanto spesso” gli sia ”capitato” di ”segnalare delle persone all’autorità politico-amministrativa”, l’ex patron di Fonsai si ricorda della sua vecchia conoscenza. ”Mi feci latore – ha spiegato – del desiderio dell’allora prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione”. E con chi si fece latore? Con il Cavaliere ovviamente, che c’entra sempre.

”L’attuale ministro Cancellieri è persona che conosco da moltissimi anni e ciò spiega che mi si sia rivolta e io abbia trasmesso la sua esigenza al Presidente Berlusconi. In quel caso – ha concluso Ligresti – la segnalazione ebbe successo perché la Cancellieri rimase a Parma”. La risposta del Ministro è affidata ad una nota: ”E’ surreale pensare che in entrambi i casi (i due periodi in cui è stata commissario straordinario a Parma, nel ’94 e nel 2011, ndr), Annamaria Cancellieri abbia potuto chiedere un interessamento per rimanere a Parma, potendo ricoprire incarichi più impegnativi e qualificanti”.

Nelle nuove carte depositate, tra l’altro, altri intrecci amicali e familistici – oltre all’ormai noto caso del figlio del Ministro Piergiorgio Peluso che lavorava in Fonsai – non mancano di certo. Quando si tratta di descrivere il suo rapporto con Berlusconi, infatti, ‘Don’ Salvatore dice: ”Siamo amici di vecchia data, veniamo dalla gavetta (…) con il Presidente si parla di tutto”. E non è un caso poi, come ha chiarito sempre l’ingegnere siciliano, che Marco Cardia, avvocato e figlio dell’ex presidente della Consob, abbia ottenuto in passato un incarico di consulenza legale pagato da Fonsai. ”Non mi è parso un luminare del diritto”, mette a verbale Jonella Ligresti, secondo cui ”non c’è bisogno di diffondersi sulle ragioni” di questa nomina. No Jonella, non c’è bisogno. Tutti, si può concludere, teniamo famiglia e poi ci sono pure gli amici e anche le amanti: l’ex ad di Fonsai Fausto Marchionni per dare un lavoro alla sua fidanzata clandestina compra addirittura un’assicurazione intera, la ‘Liguria’, operazione che si rivelerà un ‘bagno di sangue’. E perfino un finanziamento con nobili fini, quello di Fonsai per i piccoli malati del Bambin Gesù, suona sinistro. I soldi finiscono in quell’ospedale perché lì fa la volontaria la moglie di Giannini. Un arbitro si compra anche con le buone azioni.  (Roger Ferrari e Frank Cimini)

 

 

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L’uomo ‘cavia’ in cella con Kabobo che ‘stava meglio’ http://www.giustiziami.it/gm/luomo-cavia-in-cella-con-kabobo-che-stava-meglio/ http://www.giustiziami.it/gm/luomo-cavia-in-cella-con-kabobo-che-stava-meglio/#comments Fri, 15 Nov 2013 12:26:15 +0000 greganti http://www.giustiziami.it/gm/?p=815 Va premesso come punto di partenza e dato di fatto, appurato in esclusiva da Giustiziami.it, che quel povero detenuto non aveva il numero di telefono di Anna Maria, Cancellieri ovviamente. Non possiamo sapere, invece, cosa ha pensato quando ha scoperto che avrebbe condiviso una cella di San Vittore con Adam ‘Mada’ Kabobo, il ghanese che lo scorso maggio ha ucciso a colpi di piccone tre passanti a Milano, mentre tre riuscivano a salvarsi. Non avendo telefonate illustri da giocarsi, si sarà rincuorato quando qualcuno, magari di passaggio, gli ha detto ‘guarda che non è proprio matto, stai tranquillo’. Una perizia psichiatrica, d’altronde, solo qualche settimana fa aveva accertato che la persona che gli inquirenti descrivevano come un ‘meteorite’ caduto sulla Terra non era totalmente infermo di mente quando compiva una strage.

‘Ah ok, allora posso stare tranquillo’, avrà pensato il detenuto, un immigrato come Kabobo rinchiuso nel reparto psichiatrico del carcere milanese che scoppia di presenze e anche per quello, forse, ogni buco è buono da riempire. Fatto sta che quell”oggetto non identificato’, considerato processabile dai periti (la perizia è consultabile nella sezione ‘Documenti’) anche perché le cure stavano avendo effetto, ha offerto una buona prova che le terapie stanno davvero funzionando, tentando di strangolare il malcapitato compagno di cella. In nome di quelle ‘voci’, pure ‘di Dio’, che continua a sentire. Pare che nemmeno i legali del ghanese che l’avevano incontrato nelle scorse settimane credessero davvero al fatto che, in quelle condizioni, fosse stato messo in cella con un’altra persona. A questo punto non resta che cercare di capire chi sia più ‘marziano’, dopo Kabobo ovviamente: chi ha deciso di infilare un altro uomo da dargli in pasto nella sua cella o chi ha accertato che il ghanese è schizzato, ma non del tutto. (Roger Ferrari)

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Un tris in Cassazione dà speranza alla ‘ndrangheta padana http://www.giustiziami.it/gm/un-tris-in-cassazione-da-speranza-alla-ndrangheta-padana/ http://www.giustiziami.it/gm/un-tris-in-cassazione-da-speranza-alla-ndrangheta-padana/#comments Wed, 23 Oct 2013 11:12:24 +0000 greganti http://www.giustiziami.it/gm/?p=631 Tre indizi forse non fanno una prova, ma i presunti boss e affiliati alla ”’ndrangheta padana”, così definita dai magistrati di Milano, possono tornare a nutrire speranze. Se da un lato, infatti, le cosche radicate al nord hanno subito in questi ultimi 3-4 anni i colpi della Dda milanese con centinaia e centinaia di arresti, tramutati poi in migliaia di anni di carcere, dall’altro per i ‘padrini’ sono arrivate dalla Cassazione tre belle botte di fiducia.

La Suprema Corte, infatti, nel giro di un anno e mezzo ha già annullato con rinvio a nuovi processi d’appello ben tre procedimenti che vedevano al centro presunti clan infiltrati nel tessuto economico e sociale lombardo. Annullamenti, in particolare, del reato di associazione mafiosa che hanno prodotto e stanno producendo come effetti le scarcerazioni di numerosi presunti boss.

Di ieri la notizia che gli Ermellini hanno annullato le condanne fino a oltre 12 anni che erano state inflitte dalla Corte d’Appello di Milano a una presunta ‘ndrina attiva in Brianza. Dovrà tenersi quindi un nuovo appello e intanto a breve Marcello Paparo, presunto capo clan, potrebbe ottenere la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Stamattina, invece, è cominciato l’appello ‘bis’ di un altro processo le cui condanne erano state annullate lo scorso giugno, quello ribattezzato ‘Parco Sud’ ai Barbaro-Papalia di Buccinasco. Nei giorni scorsi, molti degli imputati, tra cui il 76enne Domenico Barbaro detto ‘Nico L’Australiano’, sono tornati in libertà.

Nella primavera del 2012 un altro procedimento, ‘Cerberus’, ai Barbaro-Papalia era stato cassato e rispedito in appello, dove le condanne sono state poi riconfermate qualche mese fa. La palla dunque tornerà alla Suprema Corte, dove nei prossimi mesi approderà anche il processo ‘del secolo’ alla ‘ndrangheta al nord: 110 condanne in primo e secondo grado, un migliaio di anni di carcere per i capi e gli affiliati delle 15 cosche sparse per la Lombardia e spazzate via nel 2010 dall’operazione ‘Infinito-Tenacia’. (Igor Greganti)

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