giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

L’intervista del giudice milanese alla tv indiana su Finmeccanica fa arrabbiare gli avvocati

“Super exclusive”: il presentatore indiano di NewsX, una delle più seguite emittenti online del Paese, non sta nella pelle lanciando l’intervista al giudice italiano Marco Maiga, l’uomo che ha ritenuto colpevoli gli allora vertici di Finmeccanica per le presunte mazzette sulla vendita degli elicotteri all’India nel 2010 da parte di Agusta Westland. Un colloquio pubblico che, a quanto apprende Giustiziami, ha fatto infuriare i legali dei manager.

Quella che per noi è una vicenda esaurita in pochi articoli di giornale il giorno dopo la sentenza di condanna a Giuseppe Orsi (4 anni e mezzo di carcere) e Bruno Spagnolini (4 anni), in India è diventata un caso cosmico. E il giudice milanese, presidente della Corte d’Appello che ha ribaltato il primo grado da cui i manager italiani erano usciti assolti per la corruzione, viene chiamato in causa su temi che potrebbero influenzare il bollente panorama politico. Maiga non si tira indietro. Intervistato nel suo ufficio, mostra schemi e appunti sequestrati (riportati anche nelle motivazioni) e spiega in inglese che “non ci sono prove contro Sonia Gandhi, solo una citazione in un fax, la traduzione di un fax mandato al signor Michel”. Christian James Michel, già assolto per le presunte tangenti pagate sugli elicotteri, ha inviato nei giorni scorsi una lettera alle due corti (Ambrurgo e L’Aia) competenti sul caso dei marò arrestati per la morte dei pescatori indiani. Qui ipotizza un patto segreto che sarebbe stato proposto a Matteo Renzi dal primo ministro Narendra Modi per scambiare le prove del processo Finmeccanica contro la famiglia di Sonia Gandhi per la liberazione dei marò. Una storia che fa palpitare gli indiani che da Maiga vogliono sapere  perché la magistratura italiana non abbia chiesto la presenza dei politici indiani nei processi: “Anzitutto – risponde lui – sono indiani, quindi non c’è per loro l’obbligo di essere presenti. In secondo luogo, gli indizi non sono così gravi e pesanti per me da indurmi a chiederlo”.

(manuela d’alessandro)

il link con l’intervista integrale: http://www.newsx.com/national/27082-newsx-exclusive-judge-marco-maigo-answers-questions-on-agustawestland-scam

Dall’assoluzione alla condanna per corruzione, le motivazioni della sentenza d’appello Finmeccanica

Due settimane fa la Corte d’Appello di Milano ha detto che i vertici di Finmeccanica, gigantesca macchina di denaro e potere, hanno corrotto i funzionari pubblici indiani con una tangente da 51 milioni di euro per la fornitura di 12 elicotteri al governo di New Dehli.  Oggi vengono rese note le motivazioni della sentenza  che fanno a pezzi la ricostruzione definita “carente e lacunosa” del Tribunale di Busto Arsizio dal quale era arrivata l’assoluzione dal reato di corruzione per Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini, ex numeri uno di Finmeccanica e della controllata Agusta Westland. Qui leggete tutta un’altra storia rispetto al primo grado in cui i leader di una delle più importanti società italiane avrebbero “avallato” una potente corruzione attraverso intermediari e giri di fatture false così da meritarsi le condanne a 4 anni e mezzo (Orsi) e 4 anni (Spagnolini) di carcere. (m.d’a.)

Sentenza appello Finmeccanica

Archiviazione anche per l’indagine sulla piastra di Expo che a un certo punto si fermò

 

Un’archiviazione tira l’altra. Dopo Eataly sta per crollare il sipario  anche sull’indagine per i lavori della cosiddetta ‘Piastra’, la piattaforma destinata a ospitare lo ‘scheletro’ del sito. L’inchiesta era nata nel 2014 da un’intercettazione nella quale un imprenditore rivelava all’allora numero uno di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, l’esistenza di un bigliettino che avrebbe dimostrato le irregolarità nella gara per ottenere i lavori.

Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo aveva iniziato a indagare con una certa foga, mettendo sotto intercettazione alcuni dei protagonisti e spingendosi fino a Gibilterra per cercare le prove della sua ipotesi accusatoria (corruzione e turbativa d’asta), ma nell’autunno 2014 l’indagine gli era stata tolta dal suo capo Edmondo Bruti Liberati e, di fatto,  lì è spenta negli abissi della guerra in Procura. Con l’incredibile scena di 5 pm a interrogare non un capo dello stato ma un testimone e la successiva emarginazione dagli interrogatori denunciata da Robledo al Csm Ora i pm Filippini, Pellicano e Polizzi, che non hanno mai nascosto la loro vicinanza a Robledo, sembrano costretti a chiedere a malincuore l’archiviazione di un’inchiesta che, prima della nascita dell’ Area Omogenea Expo voluta da Bruti, prometteva sviluppi succosi. L’appalto non sembrava proprio lineare fin dalle premesse: 255, 9 milioni di base d’asta, aggiudicato a 148, 9 da un raggruppamento di imprese guidato dalla Mantovani con uno sconto da urlo. E la stessa società Expo aveva messo a disposizione della magistratura un audit in cui venivano evidenziate diverse criticità. Il candidato sindaco ed ex presidente della società Giuseppe Sala non è mai stato indagato ma il suo nome compare nelle carte dell’inchiesta. (manuela d’alessandro)

 

 

Apple e Google, la “campagna” del pm Greco per diventare capo

Andare sui giornaloni e sui giornalini mentre il Csm sta per decidere chi sarà il nuovo procuratore capo di Milano aiuta, soprattutto se si parla e si scrive delle esterovestizioni di due colossi come Apple e Google. Apple che accetta di versare all’Agenzia delle Entrate 318 milioni di euro davanti a una contestazione originaria di 880 milioni. A Google ne vengono contestati 227, notificati in queste ore, e poi si “patteggerà” la somma. Sotto la supervisione decisamente anomala della procura alla quale spetterebbe solo di istruire il processo penale. Ma così è e tutto va bene madama la marchesa. A capo del pool reati societari c’è il procuratore aggiunto Francesco Greco, un magistrato già molto mediatico di per sè e in pole position per succedere a Edmondo Bruti Liberati in pensione dal 16 novembre scorso.

Uno scoop dietro l’altro per influire sulla scelta del cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati. Del resto la carica di capo dei pm di Milano tocca a Magistratura Democratica (che aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale) in una spartizione tutta politica che dura da sempre e che dovrebbe far ridere se si pensa ai proclami quotidiani di indipendenza e autonomia della magistratura. Ma diciamo che ormai, purtroppo, ci abbiamo fatto il callo.

In ballo c’è il vertice della procura più importante d’Italia anche se la fama (sia chiaro solo per chi ci aveva creduto allora) non è quella dei tempi di Mani pulite, soprattutto se si pensa alla lesione di immagine (eufemismo) verificatasi con lo scontro interno tra Bruti e Robledo, e al fascicolo Sea dimenticato per sei mesi, riemerso solo quando non si potevano più fare indagini.

Greco era nel cerchio magico di Bruti e la sua designazione assicurerebbe continuità. Greco da procuratore aggiunto nel suo curriculum vanta si fa per dire anche di aver chiesto una dozzina di archiviazioni in procedimenti per evasione fiscale a carico di imprenditori comuni mortali. Tutte respinte dal gip con intervento della procura generale che avocava e otteneva la citazione diretta a giudizio e successivamente pure diverse condanne. Della vicenda si è letto solo su questo blog, sul Giornale e sul Fatto Quotidiano.

Giornaloni e giornalini evidentemente avevano altro da fare: tirare la volata a Francesco Greco. Che la legge è uguale per tutti, nelle aule e sui media, lo vadano a raccontare altrove (frank cimini)

Il giudice fa una lezione di storia a De Benedetti per spiegare l’assoluzione di Tronchetti

Sì, potevano essere “potenzialmente” delle gravi offese da ‘lavare’ in un’aula di Tribunale. Ma per il giudice Monica Amicone le frasi ‘esplose’ da Marco Tronchetti Provera contro Carlo De Benedetti erano solo critiche legittime espresse nell’ambito di una “polemica aspra” tra due veterani del capitalismo.

Nelle 32 pagine di motivazione alla sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti del presidente d Pirelli, il giudice sostiene che “per ciascuna dichiarazione sussiste l’interesse sociale”, cioé quella che definisce  “l’attitudine della notizia a contribuire alla formazione alla formazione della pubblica opinione”.

Le motivazioni, con l’analisi delle dichiarazioni (in neretto) rese all’Ansa da Tronchetti nel 2013, offrono al magistrato l’imperdibile possibilità di farsi un viaggio nella storia economico – finanziaria dell’ultimo mezzo secolo.

“L’ingegner De Benedetti fu coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano”

Coinvolto e condannato, spiega il giudice, non sono la stessa cosa. “Il fatto che De Benedetti sia stato coinvolto nel crack risulta dall’avere egli rivestito la qualità di imputato nel procedimento di bancarotta derivato dalla dichiarazione di fallimento del Banco Ambrosiano, indipendentemente dal ruolo, maggiore o minore, che ha avuto nell’ambito del crack finanziario al quale l’espressione usata dall’imputato, di per sè neutra, non si riferisce affatto”.  L’imprenditore aveva invece definito “subdola” questa frase perché per il dissesto del Banco Ambrosiano era stato assolto in Cassazione.

“L’ingegner De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti” 

Qui il giudice ci va pesante. “Ce n’è abbastanza per definire ‘discussi’ i bilanci di Olivetti senza incorrere in una falsa affermazione”. De Benedetti aveva definito invece la frase “senza senso e ingiuriosa perché tutti i bilanci erano stati approvati dalle relative assemblee”. Amicone sottolinea però che le “discussioni” di cui parla Tronchetti riguardano “l’esterno della società, l’opinione pubblica e il mercato” e, in particolare, i “diversi procedimenti penali” su quei bilanci, uno dei quali concluso con la condanna di De Benedetti”, che in aula smarrì la memoria su questa sentenza.

“De Benedetti fu allontanato dalla Fiat”

Il fondatore del gruppo ‘L’Espresso’ non se la deve prendere perché “allontanato non significa cacciato ed è un termine neutro”.  L’”istruttoria dibattimentale ha comunque dimostrato che De Benedetti “si allontanò per decisione unilaterale” in seguito a diverse vedute sulla gestione della società con l’avvocato Gianni Agnelli.

“Io e De Benedetti non parliamo la stessa lingua, come è normale possa succedere tra un cittadino italiano e uno svizzero”

Per il giudice siamo di fronte a “una canzonatura priva  di reale efficacia lesiva della reputazione del querelante che ne ha enfatizzato la portata aggressiva collegandosi all’allusione di un regime fiscale più favorevole”. (manuela d’alessandro)

Il testo completo delle motivazioni De Benedetti – Tronchetti