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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Giustizia didattica, processare gli studenti e assolverli

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Portarli a processo, fino alla sentenza, per insegnargli che per un’ occupazione, uno slogan gridato e qualche spinta alle forze dell’ordine si rischia di sporcare la propria fedina penale e di rovinarsi il futuro. E poi assolverli, come se non fosse successo nulla di grave, ma dopo almeno un anno di dibattimento.

E’ la giustizia ‘didattica’ sperimentata, negli ultimi mesi, in alcuni processi a carico degli studenti che a Milano si sono resi protagonisti di manifestazioni di protesta per provare a sfogare la classica rabbia giovanile che trova sempre meno canali. Ma che viene repressa con le iscrizioni nel registro degli indagati, con mesi passati sul banco degli imputati ad ascoltare testimonianze sui presunti illeciti commessi: resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non autorizzata.  Un’iniziazione istituzionale al presunto antagonismo con la Stato che si conclude per i cosiddetti giovani dei centri sociali – così sempre definiti, anche se i centri sociali sono già chiusi da un pezzo, sconfitti – con una scarica di assoluzioni, perché ciò che basta è una ‘lavata di capo’ che passa per il trovarsi un avvocato e andare in Tribunale da imputato.

Così nel giro di quattro mesi, da gennaio allo scorso maggio, una cinquantina di studenti sono stati prosciolti in tre diversi processi, tutti con al centro le manifestazioni dell’Onda, quel movimento che se la prendeva con la riforma Gelmini del Governo Berlusconi. Movimento studentesco forse naufragato anche a causa dei processi che suonano come un ‘non lo fare più’ detto da genitori che poi però non ti puniscono davvero. Diciasette gli studenti processati e assolti lo scorso 23 gennaio dalle accuse di interruzione di pubblico servizio, resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non autorizzata per aver occupato binari nel 2008. Una ventina gli assolti a marzo: imputati di aver occupato piazzale Cadorna, sempre nel 2008. E undici quelli usciti puliti dal Palazzo di Giustizia milanese a maggio. Stavolta l’accusa era più pesante: istigazione a delinquere per un corteo non autorizzato. Ma è caduta anche quella: l’importante non era condannare, ma insegnare.

(Roger Ferrari)