giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Robledo assolto nonostante il grave abbaglio del pm sul figlio

 

 

Alfredo Robledo, un tempo procuratore aggiunto a Milano ora in servizio a Torino, è stato prosciolto a Brescia dall’accusa di abuso d’ufficio nata dall’esposto presentato da Edmondo Bruti Liberati all’epoca capo della procura di Milano in relazione al deposito di soldi sequestrati non nel Fondo unico giustizia ma presso la Banca del Credito Cooperativo di Carate Brianza.

Il proscioglimento arrivato solo adesso lascia ampiamente capire che lo scopo dell’esposto di Bruti non era certo quello di accertare le responsabilità del collega in relazione ai fondi sequestrati alle banche nella vicenda dei derivati a Palazzo Marino ma quello di metterlo in cattiva luce e in parole povere di farlo fuori. Insomma uno dei tanti capitoli della guerra interna alla procura di Milano, con  sullo sfondo la moratoria delle indagini su Expo decisa dal vertice massimo dell’ufficio inquirente.

La procura di Brescia, oggi smentita dal gup, aveva coltivato l’esposto di Bruti fino ad affermare: “Il presidente della Bcc di Carate Annibale Colombo era conoscente di lunga data dell’imputato Robledo e il figlio di quest’ultimo dipendente della filiale Bcc di Barlassina”. Il figlio di Robledo fa l’allenatore di pallacanestro e non ha mai lavorato in banca.  Un funzionario dell’istituto sentito come testimone aveva escluso la presenza di congiunti di Robledo tra i dipendenti ma evidentemente ciò non è bastato al pm, interessato a diffondere veleni. Va ricordato inoltre che la procura di Brescia aveva pure svolto accertamenti patrimoniali su Robledo che in relazione al reato di abuso d’ufficio non sono consentite.

Robledo nel corso della guerra interna alla procura era stato poi trasferito a Torino in riferimento a una serie di sms scambiati con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello. L’uscita di Robledo ovviamente consentiva al capo della procura di dispiegare tutta la potenza della moratoria su Expo, solo parzialmente rimessa in discussione dall’avocazione da parte della procura generale che metteva sotto inchiesta il sindaco di Milano Beppe Sala e ne chiedeva il rinvio a giudizio per falso che sarà discusso davanti al gip il 14 dicembre prossimo.

Sala comunque era stato “salvato” dall’accusa di abuso d’ufficio per non aver indetto la gara pubblica sulla ristorazione con appalto assegnato direttamente a Oscar Farinetti. Per la procura di Bruti Sala favorì Farinetti “senza averne l’intenzione”. E poi c’era fretta, bisognava realizzare Expo. Insomma un abuso d’ufo a fin di bene, con archiviazione decisa dallo stesso giudice che come responsabile dell’informatizzazione aveva contribuito a evitare gare pubbliche sui fondi Expo giustizia. Ironia della sorte, tra i beneficiati addirittura una società con sede nel paradiso fiscale del Delaware.

Dunque Robledo ostacolava la moratoria e persino gli “affari” delle toghe. Doveva pagarla, l’ha pagata e la sentenza di proscioglimento di oggi a Brescia suona quasi come una beffa. Nel frattempo a Milano di nuove indagini su reati contro la pubblica amministrazione non c’è traccia. Del resto a succedere a Bruti ora in pensione è stato il suo braccio destro Francesco Greco eletto all’unanimità dal Csm dell’omertà. Il cosiddetto organo di autogoverno infatti, regista nemmeno tanto occulto Giorgio Napolitano, aveva da subito supportato Bruti contro Robledo (frank cimini)

Fondi Expo, il Comune accusa i magistrati e fa i loro nomi ad Anac

 

Se qualcuno ha truccato la distribuzione dei fondi Expo alla giustizia milanese, quelli sono solo e unicamente i magistrati. E si fanno nomi e cognomi di chi nel Palazzo di Giustizia avrebbe deciso in autonomia, e molto spesso senza gare pubbliche, come assegnare i milioni di euro regalati dall’Esposizione.

La tesi che Palazzo Marino  offre nella sua recente relazione all’Autorità anti corruzione segna un punto di violenta rottura rispetto alla dichiarazione del presidente del Tribunale Roberto Bichi il quale, tre mesi, fa aveva sottolineato che “la stazione appaltante non eravamo noi, bensì il Comune”. Una precisazione arrivata al termine di una drammatica riunione tra giudici seguita al documento in cui Anac, 3 anni dopo l’inchiesta di questo blog  e del ‘Giornale’, individuava 18 appalti illeciti per l’assegnazione di milioni di euro in nome dell’Esposizione Universale.

Spiega Fabrizio Dall’Acqua, da poco segretario generale e responsabile anti corruzione dell’amministrazione comunale: “Il compito del Comune di Milano era di tradurre in atti amministrativi le scelte operate dagli Uffici Giudiziari. In caso di affidamenti diretti, l’individuazione del fornitore è stata fatta dagli Uffici Giudiziari e dal Dgsia (articolazione ministeriale, ndr) che avevano contezza dei rapporti pregressi e delle problematiche tecniche sottostanti”.

Ed eccoli i nomi che il Comune fa in modo esplicito.

Claudio Castelli, attuale Presidente della Corte d’Appello di Brescia e all’epoca presidente facente funzione dei gip e responsabile del Processo Civile Telematico (PCT). E’ lui che in una riunione del 2012, rispondendo alle lamentele della Corte d’Appello che si sente poco coinvolta nelle scelte, puntualizza che le decisioni sui finanziamenti già assegnati “hanno tenuto in considerazione i vari Uffici Giudiziari (…)” e anche per i fondi ancora da distribuire “sono in corso incontri coni i referenti degli Uffici Giudiziari per acquisire un elenco di fabbisogni e priorità”.

Giovanni Canzio, presidente della Corte di Cassazione e all’epoca presidente della Corte d’Appello di Milano e l’allora presidente del Tribunale Livia Pomodoro.

Da una loro lettera del 2012 al sindaco Giuliano Pisapia, si deduce che “fabbisogni, valutazioni e scelte operative sono state eseguite dagli Uffici Giudiziari col contributo di CISIA/DGSIA e che il Comune si è limitato ad adottare i conseguenti provvedimenti amministrativi”.

Canzio viene chiamato in causa anche per un affidamento diretto al Politecnico  relativo a un software di gestione del personale, assieme al consigliere e giudice Laura Tragni. Le mail tra quest’ultima e Castelli riportate nella relazione spiegherebbero, secondo il Comune, anche la scelta di affidare il restyling del sito del Tribunale alla Camera di Commercio sulla base di una convenzione tra i due contraenti.

Infine, anche la nomina contestata da Anac di Giovanni Xilo nel gruppo di lavoro sugli appalti fu avallata da Pomodoro e Castelli che lo presentarono come “consulente degli Uffici Giudiziari” e “non ebbe mai” invece dal Comune “alcun incarico, né formale, né informale”. Xilo in passato intrattenne rapporti economici, come fornitore, con Net Service, una delle società a cui è spettata una bella fetta del ‘tesoro’ di Expo. (manuela d’alessandro)

Relazione del Comune sui Fondi Expo

 

 

Fondi Expo, l’Anac allarga le indagini a 25 appalti e manda al Comune le conclusioni

L’Anac di Raffaele Cantone allunga il tiro sui fondi Expo per la giustizia milanese.Con le ‘comunicazioni delle risultanze istruttorie’ inviate oggi al Comune aumenta il numero delle gare sospette – da 18 a 25 per un valore di 10 milioni – e arricchisce di nuovi dettagli quanto scritto nell’esposto denuncia finito anche in Procura, in Cassazione e alla Corte dei Conti.

Nell’atto di contestazione, inviato per conoscenza anche al Ministero della Giustizia, viene evidenziato come il Comune, quale stazione appaltante, non avrebbe effettuato indagini di mercato per la ricerca di fornitori che potessero consentire di risparmiare soldi pubblici e avrebbe chiuso gli occhi dinnanzi a potenziali conflitti di interessi e alla partecipazione ai ‘tavoli di lavoro’ di persone che non vi avevano titolo.

Le procedure di evidenza pubblica, come scrivevamo su  questo blog tre anni fa, sono state evitate senza quelle adeguate motivazioni che la legge prevede per consentire l’affidamento diretto anche sopra i 40mila euro. Il procedimento amministrativo di Anac sul Comune si chiuderà entro sei mesi e Palazzo Marino dovrà far pervenire le proprie deduzioni entro 30 giorni. Diversi gli epiloghi possibili, da una delibera pubblica all’invio delle carte ad altri organi inquirenti. Insomma, Cantone sembra fare sul serio, e la Procura? Dopo l’inedita auto – assegnazione del fascicolo da parte del procuratore capo Francesco Greco e del vice Giulia Perrotti, nulla per ora si è mosso, perlomeno in modo visibile. L’inchiesta è a carico di ignoti e il reato è turbativa d’asta. Il  presidente del Tribunale Roberto Bichi, uscito  da una riunione straordinaria coi giudici, aveva scaricato sul Comune come stazione appaltante. Ma alcuni funzionari di Palazzo Marino che scelgono l’anonimato, da noi incontrati nei giorni scorsi, sostengono di avere “eseguito gli ordini” che provenivano dai magistrati. E la sensazione è che, se accerchiati, potrebbero decidere di raccontare la loro versione.

(manuela d’alessandro)

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Atti sulla Piastra, “il verbale truccato da Sala addirittura a casa sua”

Quello che potete vedere qui è uno dei 3 verbali che, secondo la Procura Generale di Milano, sono stati falsificati da Beppe Sala per salvare la gara della Piastra di Expo, un appalto da 272 milioni di euro per preparare la base dell’Esposizione.

Il documento spunta dai 6 faldoni di migliaia di pagine depositati con la chiusura delle indagini a carico tra gli altri  del sindaco di Milano, accusato di falso ideologico e materiale, proprio in relazione ai documenti sulla gara,  e turbativa d’asta per la procedura sulla fornitura di 6mila alberi da piantare tra i padiglioni.

E’ stato preso dalla Guardia di Finanza negli uffici della società in liquidazione il 17 marzo scorso su disposizione del pg Felice Isnardi che ha riacceso l’inchiesta in precedenza archiviata dalla Procura al culmine del violento scontro tra l’allora capo Edmondo Bruti e il suo vice Alfredo Robledo.  Nell’informativa finale delle Fiamme Gialle datata 12 aprile, viene riportata anche un’intercettazione dalla quale si desume che l’allora vertice di Expo avrebbe “addirittura” (i finanzieri sembrano stupirsi per il luogo poco istituzionale, anche per compiere un presunto reato) truccato i verbali nella sua abitazione di Brera. “Adesso Daniela li porta a casa dell’ad e domattina li porta in Bovisa (ndr, sede degli uffici della società)”.  Ecco come, in una telefonata intercettata del 31 maggio 2012, l’allora project manager per Expo, Simona Micheletto, parlando con Angelo Paris, anche lui ex manager Expo poi finito agli arresti in un’a ltraindagine, parlava, scrive la Gdf, della “nuova versione corretta dei verbali” sulla commissione giudicatrice della gara per la Piastra dei Servizi. Gli investigatori parlano di “condotte dai tratti marcatamente artificiosi finalizzate ad ovviare ad inequivocabili criticità sorte a margine della prima seduta pubblica della Commissione Giudicatrice”.

Dopo avere scoperto che due commissari erano incompatibili, già nella prima seduta della Commissione, Sala avrebbe siglato tre atti che annullavano i precedenti aggiungendo due commissari supplenti. Li avrebbe firmati a casa sua il 31 maggio 2012, ma la data sugli atti è del 17 maggio.

Tanti gli atti d’indagine nuovi sull’altra accusa a Sala, quella di avere stralciato la gara sugli alberi di Expo dall’appalto principale della Piastra nonostante il “parere contrario” di altri manager “preoccupati delle possibili conseguenze sulla tenuta e sulla regolarità del bando”.

Colpisce lo sguardo d’insieme su quello che è stato Expo dei finanzieri in un’altra recente informativa. “Rispetto ai plurimi argomenti trattati è stato rilevato quale fattore comune, e spesso distintivo, il ricorso ad alterazione e adeguamenti di procedura ad evidenza pubblica variamente, e a volte in modo inconciliabile, posti in essere da soggetti con ruoli di rilievo pubblico (…). Le condotte hanno determinato indubbi risvolti di natura economico – patrimoniale che, in questo caso, spesso hanno a loro volta innescato ricadute sui valori di finanza pubblica correlati all’esposizione”. (manuela d’alessandro)

Fondi Expo, lo stop all’inchiesta sulle triangolazioni giudici – camera di commercio – imprese

Una prova che indagare i colleghi per i magistrati sia come per il cappone festeggiare il Natale arriva da un’inchiesta potenzialmente esplosiva in cui si  ipotizzano, scrive il pm nella richiesta di archiviazione letta da Giustiziami, “intese triangolari” coinvolgenti esponenti del Tribunale, della Camera di Commercio e di un’impresa appaltatrice” che, di fatto, ha da tempo il monopolio della pubblicità delle aste immobiliari milanesi.

Parliamo di una gara indetta dalla Camera di Commercio avviata nel 2012 con una parte dei fondi Expo, quelli il cui utilizzo sta seminando imbarazzo e paura nei corridoi del Palazzo di Giustizia. Una gara che ha sullo sfondo gli intimi rapporti tra il Tribunale retto da Livia Pomodoro e la Camera di Commercio al centro anche del rapporto dell’Anac sul tesoro Expo distribuito con affidamenti diretti e convenzioni sospette.  A vincerla in scioltezza è la società Edicom Finace con un ribasso da brivido (72,5%).

Quando nel gennaio 2016 il pm Paolo Filippini si rende conto che “lo sviluppo dell’indagine deve passare necessariamente dalle condotte dei magistrati dell’ufficio giudiziario milanesi fruitori dei servizi resi dalle imprese del gruppo Edicom” manda le carte a Brescia competente sui presunti reati commessi dalle toghe milanesi. La risposta arriva 8 mesi dopo con la restituzione degli atti al mittente, “senza procedere a ulteriori indagini”. I bresciani spiegano ai colleghi che “il mero sospetto” non basta per determinare la loro competenza che scatterebbe solo se si iscrivesse un magistrato nel registro degli indagati.

Di questo ‘no’ resta traccia nella richiesta di archiviazione datata 28 aprile aprile  quando il pm sottolinea  che le indagini effettuate non consentono di sostenere l’accusa in giudizio “nell’ambito delle competenze di questo ufficio”, lasciando intravvedere il rammarico per la mancata collaborazione dei bresciani. 

Ora, una delle società estromesse, Astalegale.net, si oppone davanti a un gip a quella che definisce una “sconfortante” richiesta di archiviazione perché la Procura “sembra arrendersi nonostante le complesse indagini svolte abbiano confermato in toto le anomalie”.

E in effetti le anomalie paiono lampanti e sembrano andare ben oltre il ruolo dei due indagati per i quali si richiede l’archiviazione, un funzionario che ha redatto il bando e una sua parente collaboratrice di Edicom, accusati di turbativa d’asta.

Da questa indagine veniamo a sapere che per la pubblicità accessoria dei procedimenti esecutivi o fallimentari i giudici della secona e terza sezione civile del Tribunale di Milano impongono nei loro provvedimenti ai professionisti delegati di rivolgersi a Ediservice srl, società del gruppo Edicom. Al punto che nel giro di due anni, dal 2012, questa società incrementa il suo fatturato da 440mila euro all’anno fino a 1.400.000.

Tutti tranne il giudice Marcello Piscopo che mette a verbale di essere l’unico a non farlo perché “questi servizi sono dispendiosi e superflui”.

L’ipotesi della Procura emersa dall’ascolto di vari testimoni è che questi servizi vengano assegnati dai magistrati a Ediservice “come forma di compensazione del gruppo Edicom” perché fornisce personale alle cancelleria e per farle recuperare “remuneratività” visto il maxi ribasso del 72% sul prezzo d’asta.  Per il pm però “non ci sono prove per ritenere che la fornitura di servizi” da parte di Edicom “sia stata preceduta da una intesa illecita tra le parti coinvolte” anche perché “non è stato possibile risalire alla reale proprietà del gruppo Edicom” che ha sede nel paradiso fiscale del Delaware. Ora Astelegale.net domanda al gip Marco Del Vecchio, che si pronuncerà il 9 novembre, di respingere la richiesta di archivizione sostenendo che devono essere sentiti tra gli altri, giudici, dirigenti della Camera di Commercio e amministratori del gruppo Edicom per capire se davvero c’è stata una triangolazione illecita. In tutto ciò, interpellata dal pm, Pomodoro ha trasmesso agli inquirenti i documenti relativi al rapporto Tribunale – Camera di Commercio e una nota in cui due giudici evidenziano che non esiste nessuna convenzione tra il Tribunale ed Ediservice che riconosca in esclusiva alla società l’erogazione dei servizi pubblicitari accessori.  (manuela d’alessandro)