giustiziami » Garlasco http://www.giustiziami.it/gm Cronache e non solo dal Tribunale di Milano Tue, 15 Apr 2025 11:11:37 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 Stasi condannato, la giustizia non ha ammesso di poter fallire http://www.giustiziami.it/gm/stasi-condannato-la-giustizia-non-ha-ammesso-di-poter-fallire/ http://www.giustiziami.it/gm/stasi-condannato-la-giustizia-non-ha-ammesso-di-poter-fallire/#comments Sat, 12 Dec 2015 13:55:02 +0000 dalessandro http://www.giustiziami.it/gm/?p=5965

 

Due ore. Solo centoventi minuti sono serviti ai giudici della Cassazione per affrontare un dubbio enorme che ieri aveva fatto tremare le gambe persino a un anziano procuratore generale, Oscar Cedrangolo, costretto  ad ammettere: “Io non sono in grado di dirvi se Alberto Stasi è colpevole o no”.

Ha vinto la paura dei magistrati assieme alla fretta di sbarazzarsi subito di quel dubbio che li avrebbe potuti paralizzare fino ad ammettere l’ impotenza di un sistema quando le indagini, come in questo caso, sono state fatte male e decine di perizie con esiti contraddittori non hanno poi saputo rimediare.  Stasi viene condannato a 16 anni di carcere e non a 30, come sarebbe avvenuto riconoscendo l’aggravante della crudeltà, perché il dubbio ha comunque lasciato il suo seme nella sentenza.

E’ vero, due dei giudici facevano parte del collegio che ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, ma lì c’era un colpevole, Rudy Guede, già assicurato alle carceri. Qui si doveva dire: “Ci dispiace, ma otto anni non sono bastati per trovare l’autore del massacro di Chiara Poggi”. Ci si doveva tappare le orecchie di fronte a quello che ieri il pg ha definito “il grido di dolore dei genitori della vittima”, e invece quell’urlo disperato ha fatto irruzione in una sentenza mandando in galera un non colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio”. (manuela d’alessandro)

L’incredibile requisitoria del pg di Garlasco, “non sono in grado di dirvi se Stasi è colpevole”

Il ricorso della difesa Stasi in Cassazione

memoria parti civili

STASI-memoria parti civili(2)

La strana Cassazione su Alberto Stasi che per 3 volte diventa Mario

Le motivazioni della condanna a 16 anni

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L’incredibile requisitoria del pg di Garlasco: “Non sono in grado di dire se Stasi è colpevole o no” http://www.giustiziami.it/gm/lincredibile-requisitoria-del-pg-di-garlasco-non-sono-in-grado-di-dire-se-stasi-e-colpevole-o-no/ http://www.giustiziami.it/gm/lincredibile-requisitoria-del-pg-di-garlasco-non-sono-in-grado-di-dire-se-stasi-e-colpevole-o-no/#comments Fri, 11 Dec 2015 14:04:00 +0000 dalessandro http://www.giustiziami.it/gm/?p=5958

 

“Io non sono in grado di decidere e nemmeno voi”. Premio onestà 2015 a Oscar Cedrangolo, il sostituto procuratore generale della Cassazione che, rivolgendosi ai giudici, ha ammesso di non essere in grado di chiedere né l’assoluzione né la condanna per Alberto Stasi. Nella sua requistoria ha scavato negli anfratti di un’indagine  lunga 8 anni, da quando Chiara Poggi venne assassinata a Garlasco. Dopo due assoluzioni, decine di perizie, una condanna arrivata dopo un annullamento da parte della Cassazione, Cedrangolo alza le braccia.  “In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi, ma insieme possiamo stabilire se la sentenza sia da annullare”. Così, dopo aver comunque evidenziato la “debolezza dell’impianto accusatorio”, il magistrato ha concluso chiedendo di accogliere entrambi i ricorsi: quello dell’accusa che chiede di alzare la pena sancita dall’appello bis a 16 anni di carcere, riconoscendo l’aggravante della crudeltà, e quello della difesa che voleva l’annullamento della condanna.  Il pg ha affermato che a suo avviso “potrebbero esserci i presupposti di un annullamento senza rinvio, che faccia rivivere la sentenza di primo grado” e quindi l’assoluzione di Alberto.
E poi ha aggiunto che la prima sentenza della Cassazione dell’aprile 2013 volle  “ascoltare il  grido di dolore” dei genitori di Chiara Poggi nel chiedere di
trovare l’assassino della figlia: “Ho apprezzato lo scrupolo della Cassazione, quando dopo le due assoluzioni ha chiesto un  nuovo giudizio. E vi chiedo di concedergli lo stesso scrupolo”.
Così ha suggerito che si dispongano “nuove acquisizioni o differenti apprezzamenti”. Insomma, il pg ci ha capito poco di questo enorme pasticcio giudiziario, originato da indagini maldestre, e nel suo incredibile esercizio di onestà ha perfino ammesso che “forse non ci pensate, ma i giudici possono essere condizionati dai media che spettacolarizzano i processi“. E adesso: potrà mai la Cassazione condannare Alberto Stasi beffandosi del basilare principio di civiltà giuridica ‘in dubio pro reo’?  (manuela d’alessandro)

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L’omicidio del codice di procedura penale che ‘compie’ 25 anni http://www.giustiziami.it/gm/lomicidio-del-codice-di-procedura-penale-che-compie-25-anni/ http://www.giustiziami.it/gm/lomicidio-del-codice-di-procedura-penale-che-compie-25-anni/#comments Fri, 09 Oct 2015 13:16:55 +0000 dalessandro http://www.giustiziami.it/gm/?p=5470

Sono passati più di 25 anni dalla introduzione in Italia di quel “nuovo” codice di procedura che nel finale del 1989 avrebbe dovuto, si disse, eliminare il vigente “rito inquisitorio” a favore del più anglosassone “rito accusatorio”. In questi anni la gran parte dei principi cardine che avevano ispirato quella trasformazione procedurale sono morti e sepolti con il risultato che l’odierno processo penale risulta meno garantista, per usare un termine tanto abusato quanto osceno, di quello dei nostri padri, rivelandosi soprattutto per l’imputato innocente una trappola esiziale.

Si volle separare la prima fase segreta delle indagini, monopolio della accusa, da quella successiva dell’accertamento in contesa paritaria davanti al Giudice “terzo” ed estraneo alla prima fase, ma il dibattimento si è da anni trasformato nel luogo ove l’accusa fa direttamente confluire, e senza passare dal via, gli esiti della prima fase e se dimentica di farlo, provvede direttamente il Giudice “terzo” ricorrendo a quei poteri di integrazione istruttoria che, previsti come straordinari, sono diventati la regola sulla base del principio dell’accertamento della verità.

Il ricorso alle intercettazioni, previsto come eccezionale ha finito con il costituire l’ossatura portante di gran parte delle indagini a prescindere dalla tipologia di reato perseguita e la prematura, quando smodata, divulgazione sui media sede primaria dei popolari giudizi al punto che si invocano resistenze al bavaglio anche per quelle che di penale rilevanza non avrebbero un bel nulla. Alcuni processi di criminalità organizzata finiscono direttamente in Cassazione con sentenze motivate sul “copia e incolla” dell’originario “file” delle intercettazioni della Polizia giudiziaria che le trascrive per il Pm che sulla base di quelle chiede al GIP la misura cautelare che sulla base di quelle la applica e che diventano in sede di giudizio abbreviato assunto motivazionale di colpevolezza, confermato dalla Corte d Appello ed insindacabile in sede di legittimità.

Si volle limitare il ricorso alla carcerazione preventiva ma l’applicazione giurisprudenziale fece diventare anche il mero silenzio dell’incolpato duplice segnale di inquinamento probatorio e di pervicacia delinquenziale, sul presupposto che chi non recide il legame con il malaffare rendendosi inaffidabile delatore rimane “intraneo” allo stesso ed introducendo persino quel “giudicato cautelare” dei pure previsti controlli incidentali, che, in assenza di impossibili attivazioni da parte di chi si trova recluso, impedirebbe al Giudice della carcerazione ogni futura rivalutazione fino a scadenza massima.

Quanto ai tanti riti alternativi al processo oggi abbiamo un giudizio abbreviato che, nato per invogliare l’incolpato con uno sconto di pena ad accettare un esito sulla base delle sole carte del PM, da un lato commina ergastoli in una unica udienza monocratica a porte chiuse con la stessa legittimazione di una Corte d’Assise impegnata in un lungo processo dibattimentale, e dall’altro legittima, come nel caso Garlasco, supplementi istruttori persino alla Corte di Appello bis nei confronti di chi è già stato più volte assolto. Il giudizio immediato, nato per consentire al PM di saltare la udienza filtro in caso di evidenze probatorie raccolte nei primi 3 mesi di indagine, viene oggi utilizzato da un lato per processare l’imputato in manette saltando i previsti termini di fase oppure per processare, caso Ruby, un colpevole così poco “evidente” da risultare poi assolto, mentre il patteggiamento, nato per definire con sanzioni non esecutive una rinuncia al processo, oggi costituisce marchio di accertata colpevolezza ed “allargato” titolo per rapide detenzioni definitive di entità tutt’altro che modesta. La stessa udienza preliminare, nata per essere un giudizio sulla indagine, oltre a rivelarsi del tutto inutile, è oggi la sede dove spesse volte il PM integra le proprie prove oltre la scadenza prorogabile, ragion per cui trova la sua essenza solo come momento primo e finale per definire alternativamente la vicenda.

Infine, l’abolizione di quella equivoca (as)soluzione per “insufficienza di prove” ha finito per influenzare in negativo, vedi caso Perugia, l’assunto del giudicante evidentemente restio a proclamare come rettitudine comprovata quella di chi appare comunque attinto da materiale indiziario di segno contrario, ragion per cui quella legiferata necessità di assenza di dubbio sulla colpevolezza sì è trasformata in assenza di dubbio sulla innocenza. A latere di tutto questo sono intervenuti rilevanti aumenti di pena per i reati già esistenti e nuovi reati dai nomi improbabili (femminicidio e omicidio stradale) fino alla imposizione al Giudice, a pena di inammissibilità, di preventivamente acquisire il “parere” della vittima sulla carcerazione preventiva. Tempi duri anche per i condannati sottratti sempre di più al loro naturale Magistrato di Sorveglianza con il mezzo della estensione dell’elenco degli “ostativi” a tutti quei minimali diritti a suo tempo introdotti dalle varie riforme carcerarie degli anni ‘70 e ’80, nonché puniti, con leggi repressive della recidiva, con pene da furto più alte di quelle previste per una bancarotta fraudolenta.

Non sono mancati i puntuali, quanto populisti, assalti anche alla prescrizione oggi estesa a termini inaccettabili di un paese civile e già vulnerati non solo dalle imposizioni di sospensione sia per l’incolpato malato che per il difensore altrove professionalmente impegnato ma anche da quella Corte Suprema di legittimità ormai incline a dichiarare inammissibile anche se solo infondato ogni ricorso che altrimenti imporrebbe la presa d’atto di una nel frattempo intervenuta maturazione di legge.

Singolare, va di contro osservato, come la decantata “parità” tra accusa e difesa sia stata invece invocata allorchè si trattò di valutare la legittimazione impugnativa in peius della accusa anche in sede di merito e non solo di legittimità, non considerando che la ragionevolezza del dubbio era in re ipsa in un fatto giudicato penalmente insussistente da magistrati si presume idonei alla importante funzione ricoperta, ed allorchè vennero introdotte con gran clamore le indagini difensive, privilegio alla evidenza solo di pochi imputati ricchi in grado di remunerare chi le fa, vista anche la atavica diffidenza che, salvo rari casi, il Magistrato destinatario generalmente riserva alle stesse, sul presupposto, non scritto ma aleggiante sui muri di ogni giudiziario palazzo, che la pubblica accusa agisce in difesa della collettività mentre la difesa di chi la paga. Sono assolutamente convinto che alla maggioranza del paese piaccia una Giustizia così e che anzi, se potesse, la vorrebbe ancora meno rispettosa delle garanzie difensive, ma è proprio questa la ragione che mi impone, da avvocato, di segnalarne il pericolo perché se è vero che la Giustizia opera “in nome del popolo italiano”, è altrettanto vero che non dovrebbe affatto inseguire gli umori.

avvocato Davide Steccanella

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Le motivazioni della sentenza con cui Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni http://www.giustiziami.it/gm/le-motivazioni-della-sentenza-con-cui-alberto-stasi-e-stato-condannato-a-16-anni/ http://www.giustiziami.it/gm/le-motivazioni-della-sentenza-con-cui-alberto-stasi-e-stato-condannato-a-16-anni/#comments Mon, 16 Mar 2015 12:13:39 +0000 cimini http://www.giustiziami.it/gm/?p=4135 Ecco le attese motivazioni con cui i giudici della prima sezione della Corte d’Appello di Milano spiegano la condanna a 16 anni di carcere per Alberto Stasi, dopo la doppia assoluzione e la sentenza di annullamento da parte della Cassazione che aveva disposto un processo di secondo grado bis.  (m.d’a.)

 

Garlasco appello bis

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Stasi come Franzoni, “poca prova, poca pena” http://www.giustiziami.it/gm/stasi-come-franzoni-poca-prova-poca-pena/ http://www.giustiziami.it/gm/stasi-come-franzoni-poca-prova-poca-pena/#comments Wed, 17 Dec 2014 20:23:48 +0000 dalessandro http://www.giustiziami.it/gm/?p=3699 E’ una sentenza che ricorda da vicino quella inflitta in via definitiva ad Anna Maria Franzoni, la mamma di Cogne,  per l’omicidio del figlio Samuele.  Anche Alberto Stasi viene condannato a 16 anni di carcere dopo un’aspra battaglia processuale con un verdetto che sembra riflettere tutti i dubbi ermersi in questa indagine. Non quindi ai 30 anni chiesti dal procuratore generale Laura Barbaini vittoriosa, comunque,  insieme alla parte civile Gian Luigi Tizzoni, al termine di una ‘partita’ che ribalta i precedenti esiti processuali di uno dei più controversi casi di cronaca nera degli ultimi anni.

Difficile per la Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Barbara Bellerio, ignorare la sentenza della Cassazione (la-strana-cassazione-su-alberto-stasi-che-per-3-volte-diventa-mario) che nell’aprile 2013 aveva annullato con rinvio le assoluzioni pronunciate dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, prima, e dalla stessa Corte d’Assise di Milano (ovviamente in composizione diversa) poi. Gli ‘ermellini’, entrando nel merito della vicenda, avevano chiesto di “rivisitare gli indizi” e sottolineato le “incongruenze” nel racconto di Stasi, identico dal primo giorno, su quanto accadde quella mattina d’estate.
Ma la pena per l’ex studente bocconiano dagli occhi celesti scende sensibilmente rispetto alle previsioni in caso di condanna perché i giudici hanno tolto alla contestazione della Procura Generale l’aggravante della crudeltà. Ai 24 anni tetto massimo previsto per l’omicidio è stato quindi applicato lo sconto di un  terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Dopo la lettura della sentenza, in un clima surreale, è stata allestita una conferenza stampa. Da un ‘banchetto’ improvvisato, si sono affacciati mamma Rita e papà Giuseppe, molto emozionati, che hanno ringraziato con calore i loro legali, “per i quali Chiara è diventata una figlia”. Per loro e per il fratello della vittima, Marco, anch’egli presente, i giudici hanno stabilito un risarcimento di un milione di euro. “Ora guarderò Chiara e le dirò ‘ce l’hai fatta’”, ha detto la mamma. Dall’altra parte, Stasi viene descritto come “sconvolto”,  dopo aver provato a convincere i giudici della sua innocenza rendendo dichiarazioni spontanee: “Non cercate a tutti i costi un colpevole, condannando un innocente. In questi sette anni ci si è dimenticati che la morte di Chiara è stata un dramma anche per me”.

Dopo sette anni non si può dire che i dubbi siano stati dissipati, a maggior ragione di fronte a una decisione che appare ispirata al principio “poca prova, poca pena”, come ha detto un legale di Alberto. In attesa delle motivazioni tra 90 giorni, è difficile immaginare perché, qualora Stasi sia davvero colpevole, il suo non sia stato un omicidio aggravato dalla crudeltà. Un ragazzo che uccide la fidanzata sfondandole il cranio e gettandola sulle scale ha commesso un omicidio ‘semplice’? Era stata la stessa pg a parlare di una condotta senza pietas da parte dell’imputato. In ogni caso resta lo sconcerto per una giustizia che ha detto tutto e il contrario di tutto in sette anni dopo un’indagine costellata di errori clamorosi.  (manuela d’alessandro)

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