giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La graticola mediatica senza fine di chi aspetta di sapere se sarà arrestato

Nella riforma voluta da Nordio che ha introdotto l’interrogatorio preventivo c’è un buco. Non viene indicato un termine entro cui il giudice deve decidere se appallottolare la richiesta di misura cautelare firmata dalla Procura o accoglierla del tutto o in parte.

Per i ‘candidati’ all’arresto coinvolti in inchieste che interessino l’opinione pubblica viene in sostanza acceso un fuoco mediatico sul quale stanno ad arrostire per giorni (o anche mesi), come sta accadendo per l’ex assessore comunale Giancarlo Tancredi,  l’imprenditore Manfredi Catella e gli altri quattro sui quali dovrà pronunciarsi il giudice nell’ambito dell’inchiesta sul presunto sistema di corruzione che avrebbe dominato l’urbanistica milanese. L’effetto viene amplificato perché, nel frattempo, circola in purezza sui media l’atto dell’accusa non mediato da un giudice, talora ridondante di quelle espressioni, diciamo, ‘vivaci’ che utilizzano i pubblici ministeri nell’afflato investigativo. Senza contare allegati e dettagli che il giudice prima ometteva di svelare nell’ordinanza e ora  invece vengono messi a disposizioni delle parti e, quindi, che piaccia o meno, hanno buone possibilità di diventare pubblici.

Poi, certo, va riconosciuto che la novità legislativa permette a chi sta sta con mezzo patibolo sul collo di provare a sfilarsi indebolendo le esigenze cautelari dimettendosi o attraverso memorie e dichiarazioni nel faccia a faccia  col gip.

Sappiamo bene però che, nell’eccitazione mediatica, fa molto più rumore un pm che accusa che cento avvocati che difendono i loro assistiti. E, anche se poi la misura cautelare dovesse essere respinta dal giudice, sulla graticola resterebbero pochi, bruciacchiati brandelli di reputazione. Per questo mettere un tempo massimo a questa attesa costituirebbe un atto di civiltà.

(manuela d’alessandro)

Catella sceso dall’ aereo su invito Gdf: si può togliere la libertà di muoversi con la richiesta arresto?

Manfredi Catella era appena salito con suo figlio sull’aereo per Londra quando la polizia giudiziaria lo ha invitato a scendere e a seguirlo nei suoi uffici dove è stata eseguita un’accurata perquisizione e gli è stato notificato l’avviso dell’interrogatorio preventivo per mercoledì 23 luglio.

Su come le cose siano andate esattamente ci sono tre versioni. Secondo una fonte, quello degli agenti più che un invito sarebbe stata una brusca esortazione mentre un’altra riferisce che sarebbe stato lo stesso imprenditore, coinvolto nell’indagine su un presunto sistema di corruzione che dominerebbe l’urbanistica milanese, a decidere di non partire e a volere andare di persona a vedere cosa stava succedendo nei suoi uffici. Una terza fonte investigativa la mette così: “Ma noi glielo abbiamo detto che era libero di partire”.

La vicenda però pone un tema importante che ha a che fare con la libertà e la presunzione d’innocenza nello scenario dell’interrogatorio preventivo introdotto dalla riforma.

Nell’intervallo tra la richiesta di arresto della Procura e la data fissata per l’interrogatorio preventivo, è lecito privare il cittadino della libertà di muoversi? In quel momento Catella era (ed è) senz’altro un uomo libero con tutti i diritti di muoversi e va considerato anche che l’invito a comparire non comporta l’obbligo di presentarsi.

Non si può certo dire che volesse fuggire perché quando è arrivata la polizia giudiziaria non sapeva di essere indagato ed era diretto a Londra per accompagnare il figlio che studia lì.

All’immobiliarista sovrano dell’edilizia cittadina viene peraltro contestato dalla Procura il rischio di reiterazione del reato per essere “inserito in una spirale di affari e corruzione”, non quindi un pericolo di fuga. E dunque: era libero di andarci anche con una richiesta di arresto? (manuela d’alessandro)

Dalle scopate del Cav a quelle del figlio di La Russa

I colleghi della giudiziaria da un bel po’ lamentano di avere poco da scrivere. Un importante pm chiosa: “Qui ormai ci sono solo reati sessuali, il tempo dei colletti bianchi è finito”. Volendo fare un battuta che suona anche come osservazione critica si può dire che nel tempio che fu di Mani pulite i pm sono passati dalle scopate di Silvio Berlusconi a quelle del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa.

O meglio al revenge porn di Leonardo Apache La Russa perché l’accusa di violenza sessuale dovrebbe essere archivista secondo la procura. La richiesta sembra ben argomentata e con ogni probabilità sarà accolta in autunno dal giudice per le indagini preliminari. Ma l’inchiesta su Apache resta un segno dei tempi magri a livello cronachistico. Insomma Milano e il suo palazzacciò non sono più caput mundi.

In verità non manca qualche inchiesta importante. Ma per esempio quella sugli abusi edilizi, con grattacieli che nascono dalla ristrutturazione di cortili non è ben vista (eufemismo) dagli editori dei giornali che sono pur sempre dei padroni e da quasi tutti i partiti. La maggior parte della politica è a favore della famosa legge “salva Milano” nel frattempo arenata in Senato e che in parole povere sarebbe un vero e proprio colpo di spugna, una sorta di insabbiamento.

Per cui se ne parla il meno possibile degli abusi e dei danni ai diritti dei cittadini ai quali viene sottratto spazio e aria in nome della necessità di favorire lo  sviluppo. Va detto che questa inchiesta quando la procura era in mano a Magistratura Democratica  non sarebbe stata possibile. Gli abusi edilizi in grande stile c’erano già ma non si poteva disturbare la giunta di centrosinistra. La moratoria delle indagini su Expo sta lì a dimostrarlo.
Milano ha perso per ora il primato del circo mediatico giudiziario. In pole position c’è la procura di Pavia con l’indagine bis su Garlasco che monopolizza l’attenzione generale tra prime pagine di giornali e tg passando per i talk show dove personaggi improbabili ne raccontano di tutti i colori. E parliamo di un’indagine dove almeno per adesso non è emerso nulla che possa portare a chiedere la celebrazione di un nuovo processo. In compenso però ci sono un sacco di laureati in Garlascologia una facoltà destinata forse a trovare una soluzione al problema della disoccupazione intellettuale.

(frank cimini)

La caccia alla presunta investitrice di un poliziotto nel Far West dei social

La foto segnaletica con lei di fronte e di profilo, i dati personali, l’ultimo domicilio conosciuto, una sintesi dei fatti, l’attribuzione certa di un reato. Mancano solo la scritta wanted e la taglia.

Nel far west di Facebook e di Instagram sta girando un appello indirizzato a iscritti e simpatizzanti. Un gruppo che si chiama “poliziottinoi”, pieno di immagini di persone con le divise dello Stato, ha pubblicato una sorta di avviso di ricerca della donna ritenuta responsabile di aver provocato l’incidente stradale costato la vita all’allievo vice ispettore Enzo Spagnuolo.

Sabato 28 giugno il ragazzo è stato travolto mentre era in moto a Falciano del Massico, in provincia di Caserta. La presunta investitrice indicata per nome e cognome, alla guida di una Fiesta, è fuggita senza fermarsi a prestare soccorso.. La pagina Fb rimanda con un link al sito della Polizia di Stato ed è piena di foto di personale in divisa. Tra i commentatori in molti si lamentano perché le segnaletiche non sono abbastanza chiare, chiedendone di più nitide, per agevolare la caccia.. E c’è chi spiega, motivando la definizione non ottimale degli scatti che si tratta di foto “diramata Canali interno Arma Cc”. Possibile? Chi ha davvero divulgato le fotografie e il resto al di fuori dei circuiti ufficiali? E chi tollera che girino in rete? Come se non bastasse, tra i commenti si leggono frasi che trasudano razzismo e sfiducia nella magistratura.
Interpellato via mail, ore dopo la pubblicazione del tutto, il dipartimento di Pubblica sicurezza dice che “sono in corso gli accertamenti necessari per dare le informazioni richieste”. La procura di Caserta per ora non ha risposto alle domande poste. (Lorenza Pleuteri)