giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Per i SiCobas pm inventa il “proselitismo autoalimentato”

“Una volta ottenuto e consolidato il potere di ricattare la parte datoriale minacciando continui dannosissimi blocchi al fine di consolidare la propria presenza all’interno del magazzino con le stesse modalita’ iniziavano a favorire i propri lavoratori affinché ottenessero di svolgere le mansioni più gradite a scapito degli altri in una logica di proselitismo autoalimentato”. È anche questa la “prosa” usata dai pm di Piacenza nella richiesta inoltrata al gip per ottenere l’arresto dei sindacalisti del SICobas eseguiti poi nei giorni scorsi.

Intanto va registrato che la richiesta risale al primo dicembre dell’anno scorso. Il gip ha impiegato quindi sette mesi e mezzo per firmare i provvedimenti con tanti saluti al principio dell’attualità delle esigenze cautelari.

La colpa dei sindacalisti indagati per associazione per delinquere è quella, scrive sempre la procura, di aver raggiunto una forza evidente e monopolizzante all’interno dello stabilimento. “Cominciavano a imporsi la proprietà anche per le scelte a questa riservata come appunto l’organizzazione del lavoro ovvero le assunzioni di singoli lavoratori” scrive ancora la procura trasformando una vertenza sindacale, un conflitto sociale con le sue dinamiche e le sue asprezze in un problema penale, chiedendo la reclusione in carcere per poi ottenere dal giudice l’ok agli arresti domiciliari.

”Alimentavano situazioni di conflitto prendendo a pretesto ogni normale e banale problematica di lavoro risolvibile tramite fisiologici rapporti datore/lavoratori, avviando attivita’ di picchettaggio illegale all’interno degli stabilimenti impedendo ai mezzi di entrare e uscire, istigando a forme di lotta illecite, compreso il rallentamento pretestuoso e strumentale dell’attività lavorativa o l’uso dell’astensione per malattia anche in assenza di problematiche sanitarie” sono le parole degli inquirenti. Che cosa possa entrarci una situazione così descritta con il reato di associazione per delinquere è spiegabile solo con la volontà politica di reprimere il conflitto sociale.

(frank cimini)

SiCobas a gip: contro di noi accuse paradossali

Aldo Milani ha parlato del paradosso di essere accusato di associazione per delinquere, mentre Sicobas da anni contrasta le infiltrazioni della criminalità organizzata nella logistica e d è per questo esposto alle minacce, Le parole del segretario nazionale del sindacato SiCobas fanno parte delle dichiarazioni spontanee con cui i sindacalisti arrestati nei giorni scorsi hanno replicato alla procura di Piacenza nei interrogatori di garanzia davanti al  gip

Aldi Milani, Carlo Pallavicini e Mohaned Arafat si sono avvalsi della facolta’ di non rispondere ma hanno spiegato la loro posizione respingendo gli addebiti e aggiungendo che il capo di imputazione in realtà descrive solo l’attività sindacale.

Arafat ha fatto presente che la persona che lo accusa di averla minacciate era stata da lui  denunciata per calunnia, con video e testimonianze a supporto, denuncia oggetto di richiesta di archiviazione dopo una sola settimana.

L’attività contestata dicono gli arrestati non è altro che condotta sindacale, che il si Cobas ha sempre svolto nell’interesse dei lavoratori, in un settore, quello della logistica, dove le condizioni di lavoro erano, prima dell’arrivo del sindaco, inaccettabili.

Un altro degli arrestati Bruno Scagnelli ha scelto la linea del silenzio totale.

Secondo la provura  i quattro avrebbero dato vita a un’associazione a delinquere finalizzata a piu’ delitti, tra i quali violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e sabotaggio. I magistrati contestano al Si Cobas di avere “coagulato un notevole bacino di maestranze, per lo piu’ di origine straniera, nel settore della logistica a Piacenza, da conquistare atraverso le affiliazioni alla sigla sindacale di base e poi strumentalizzare allo scopo di ‘conquistare’ i magazzini e lucrare gli introiti derivanti dalle tessere e dalle conciliazioni, nonche’ consolidare il potere clientelare attorno alle figure degli indagati in grado di garantire assunzioni su base clientelare, stabilizzazioni, ma anche ricche buonuscite in caso di appalto”.
Nei prossimi giorni i difensori degli arrestati Eugenio Losco Mauro Straini depositeranno il ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca delle misure cautelari di arresti domicilisri emesse dal gip Sonia Caravelli su richiesta della procura di Piacenza.

Il giudice delle indagini preliminari ha fatto una sorta di copia e incolla rispetto all’istanza della procura a livello di motivazioni del provvedimento. Il gip si è differenziato sulla misura cautelare perché i pm avevano chiesto la reclusione in carcere.

(frank cimini)

 

Cobas agli arresti. Se la lotta di classe è un reato

Scioperano per ottenere per i lavoratori condizioni migliori rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro e finiscono agli arresti domiciliari per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. È la “sorte” che tocca al coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e tre dirigenti del sindacato a Piacenza, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli. Siamo nel settore della logistica dove si penalizza in ogni senso un ciclo di lotte tra il 2014 e il 2021 che ha visto protagonisti decine di migliaia di lavoratori che si sono ribellati al caporalato e a condizioni di brutale sfruttamento.

Il problema è prettamente politico, se si pensa che pochi giorni fa il governo ha modificato l’articolo 1677 del codice civile eliminando la responsabilità in solido delle committenze per i furti di salario operati dalle cooperative delle ditte fornitrici. Il problema è quello annoso delle aziende che vincono gli appalti e poi subappaltano. In questo modo diminuiscono ulteriormente i diritti e le garanzie di chi lavora.
I lavoratori di Piacenza già usciti dai magazzini sono in agitazione. È partito uno sciopero generale e sabato ci sarà una manifestazione nazionale.
Le lotte contro lo sfruttamento vengono considerate estorsioni ai datori di lavoro. Il settore della logistica è quello che si è dimostrato più in fermento negli ultimi anni. Esiste una finalità politica all’escalation repressiva per impedire che i settori più combattivi della classe operaia possano conquistare consenso attorno a una più ampia maggioranza della popolazione. Il tutto mentre con la guerra in corso aumentano il costo della vita, inflazione e povertà.
Gli operai della logistica sono tra i pochi se non gli unici a rompere una pace sociale che dura da anni. In un paese in cui quasi 700 morti per incidenti sul lavoro dall’inizio dell’anno non bastano a mobilitare i lavoratori a sensibilizzarli mentre i sindacati ufficiali se la cavano con comunicati di poche righe o con qualche ora di sciopero.
SI Cobas e Usb reagiscono agli arresti parlando di “teorema antisindacale” che sarà smontato. Ma quello che deve preoccupare è il tentativo continuo di trasformare lo scontro sociale in problema di ordine pubblico e in processi penali. Quello che succede anche in relazione alle lotte contro il treno dell’alta velocità in val di Susa.
Picchetti, scioperi, occupazioni di magazzini, assemblee vengono equiparati a fatti criminosi. Come se non vi fossero lo sfruttamento della manodopera per lo più straniera e ricattabile, l’utilizzo senza freno di appalti e subappalti, cooperative infiltrate dalla criminalità organizzata, diritti sindacali inesistenti e sistematicamente violati. La logistica è uno degli snodi centrali dell’economia di nuova generazione, la circolazione delle merci è un momento determinante della categoria del valore. Li la contraddizione si esprime a livello più alto.
(frank cimini)

G8, da Europa si a estradizione di Vincenzo Vecchi

Ventanni dopo. E pure oltre. Come nel rimanzo di Dumas dedicato ai tre moschettieri. La corte di giustizia europea di città del Lussemburgo chiamata in causa dalla Cassazione francese ha deciso che deve essere consegnato all’Italia Vincenzo Vecchi condannato per devastazione e saccheggio per i fatti del G8 di Genova del 2001. Vecchi residente in Francia da tempo avrebbe da scontare circa nove anni di reclusione.

La corte ha fatto prevalere la necessità della cooperazione europea sul rispetto delle formalità giuridiche. Per i giudici del Lussemburgo il mancato rispetto della condizione relativa alla doppia incriminabilita’ non è sufficiente per evitare la consegna del militante no-global al paese richiedente. I fatti sono qualificati giuridicamente in modo diverso nei due paesi, non c’è corrispondenza dei reati ma tutto ciò non conta.

“La corte fa una scelta assolutamente  funzionalista garantendo l’effettività del mandato di arresto europeo anche al prezzo di possibili violazioni dei diritti fondamentali delle tradizioni costituzionali nazionali e del principio di proporzionalità“ è il commento di uno dei legali di Vecchi, Amedeo Barletta..

Insomma vince l’eurorepressione. Adesso gli atti del fascicolo processuale torneranno in Cassazuone a Parigi e poi alla corte di appello di Angers che prenderà contatti con l’Italia. Vecchi potrebbe chiedere di scontare la pena in Francia dove ci sarebbero condizioni più favorevoli. Era stato arrestato tre anni fa. Da allora è stato un susseguirsi di udienze per dirimere la questione. (frank cimini)

Loggia Ungheria, archiviazione non spiega. Solo sabbia

Dal comunicato emesso dalla procura di Perugia per annunciare la richiesta di archiviazione dell’indagine sulla cosiddetta loggia Ungheria non emerge una spiegazione convincente. Nelle poche righe della nota non si fa accenno al fatto che la procura di Milano allora retta da Francesco Greco non procedette immediatamente alle iscrizioni sul  registro degli indagati come sollecitava il sostituto Paolo Storari coassegnatario del fascicolo insieme al l’aggiunto Laura Pedio. Sarebbe cambiato tutto.
E invece Raffaele Cantone con i suoi sostituti sceglie di spiegare le difficoltà a indagare esclusivamente con la fuga di notizie che avrà sicuramente contribuito ma non in maniera prevalente.

Storari che poi cercherà di uscire dalle difficoltà consegnando i verbali dell’avvocato Piero Amara sulla loggia a Piercamillo Davigo allora componente del Csm chiedeva da un lato di inserire nel registro degli indagati le persone tirate in ballo e dall’altro il legale siciliano per calunnia. Si trattava di indagare subito per accertare la veridicita’ di quanto affermato.

Ma si trattava da un lato di indagare su magistrati oltre che su imprenditori ufficiali dei carabinieri e altre persone importanti dall’altro di mettere in difficoltà Amara considerato il testimone della corona nel processo Eni Nigeria poi finito con un clamoroso flop della tesi accusatoria.

Cantone con il suo comunicato cerca di salvare capra e cavoli. E soprattutto di non causare guai alla gestione della procura di Milano in quel periodo. Insomma siamo al solito cane non mangia cane. Il prossimo 22 luglio ci sarà una riunione di coordinamento tra gli uffici inquirenti di Perugia e di Milano dove adesso non c’è più Greco ma Marcello Viola, nominato dal Csm in aprile proprio per dare un segnale di discontinuità rispetto al passato.
Poi ci sarà un giudice delle indagini preliminari a valutare la richiesta di archiviazione a decidere se accoglierla o ordinare nuove indagini. Insomma non è detto che accetti la linea del “pappa e ciccia”  con la procura di Milano ”versione greca“.

La speranza di arrivare alla verità sulla loggia che sarebbe stata costituita per influenzare processi e nomine del Csm si è affievolita non di poco. Se fosse tutta la vicenda una bufala ci sarebbe comunque da chiedersi perché l’avvocato Amara avrebbe parlato in quel modo inframmezzando cose vere sia pure non riscontrabili (Cantone dixit) a bugie, per poi ridimensionare le sue affermazioni come riporta il comunicato della procura di Perugia.

In un paese normale uffici giudiziari e Csm dovrebbero essere case di vetro. Il condizionale è d’obbligo (frank cimini)