giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Abu Omar, quarta grazia a un agente della Cia e offesa alla memoria di Giulio Regeni

 

A poche ore arrivo dal previsto arrivo in Italia per scontare la pena in carcere, l’agente della Cia Sabrina De Sousa riceve la grazia da Sergio Mattarella.

Il Paese che chiede (in modo blando) giustizia per Giulio Regeni, il giovane ricercatore torturato e ucciso al Cairo, per la quarta volta s’inchina agli Stati Uniti. Dopo Robert Seldon Lady, Joseph Romano e Betnie Medero,  un altro 007  colpevole in via definitiva di avere sequestrato l’imam milanese Abu Omar e averlo torturato proprio in Egitto, evita il carcere. E con modalità, stavolta, ancor più sconcertanti. Fermata a Lisbona nell’ottobre del 2015 in seguito al mandato di estradizione firmato a Milano dopo la condanna a 7 anni (di cui 3 abbonati dall’indulto), De Sousa in teoria avrebbe dovuto essere estradata dai portoghesi già nella primavera del 2016 quando si vide respingere un appello per evitare di essere consegnata all’Italia. Ma, da allora, con De Sousa libera, nulla si è mosso. Nessuna premura dall’Italia di averla e nemmeno dal Portogallo di eseguire il mandato. Per un bizzarro caso, è stata arrestata nelle ore in cui è emersa l’incredibile vicenda di Pippo De Cristofaro, condannato all’ergastolo in Italia per avere ucciso la skipper Annarita Curina per rubarle un catamarano e scomparso dopo la mancata estradizione da parte delle autorità portoghesi.

Ora, prima dell’annunciato arrivo a Roma di domani, ecco la grazia parziale ‘su misura’ per evitare anche un solo giorno di carcere. Riduzione di un anno della pena con automatica revoca dell’ordine di esecuzione della condanna.

(manuela d’alessandro)

abu-omar-italia-condannata-da-ue-tortura-non-e-reato

Fondi Expo per monitor e giustizia: gaffe di Sala, sono venuti in Comune? Ah….

“Sindaco, cosa ne pensa delle acquisizioni della Guardia di Finanza sull’utilizzo dei fondi Expo per la giustizia  milanese?”. Risposta: “E’ una cosa che non ci riguarda, non sono venuti da noi”. “Veramente si, l’Anac ha mandato la Finanza in Comune e in Tribunale..”. Sguardo smarrito: “Ah…”.

A Beppe Sala questa storia dei 16 milioni di euro spesi in nome di Expo con criteri poco chiari non riesce a conficcarsi nella mente. Sappiamo che il nostro sindaco, riconosciuto manager di alto livello, non ha una memoria prodigiosa, vedi proprietà non dichiarate e presunti verbali falsi di cui non ricorda l’esistenza.

Per la seconda volta, il primo cittadino viene in Tribunale per testimoniare al processo a carico di Roberto Maroni e, data la sua affabilità, lo interroghiamo di nuovo sui monitor di Expo, sempre implacabilmente non funzionanti. L’altra volta, prima che si accendesse l’interesse di Cantone, era sembrato alieno al dossier. “A cosa servono questi schermi con la scritta ‘udienza facile”?, ci aveva domandato per poi essere attraversato da un bagliore di memoria: “Ah, sono quelli della Pomodoro…(Livia, ex presidente del Tribunale)”.

Stavolta avrebbe dovuto essere un po’ più informato visto che la Finanza ha fatto messe di documenti proprio a Palazzo Marino il 9 febbraio scorso. Ma forse sono andati in uffici lontani dal suo. Lui, all’epoca, era commissario di Expo.

(manuela d’alessandro)

sala-a-palazzo-fare-accendere-i-monitor-di-expo-ne-ho-gia-abbastanza-qua-dentro

Il garante toglie il monopolio del processo telematico alla società che si è presa i fondi Expo

 

Per 10 anni il processo civile telematico è stato regno incontrastato di una sola società, la bolognese Net Service spa, che si era accaparrata senza gara anche una parte consistente dei fondi Expo destinati alla giustizia 2.0. Ora, il Garante della concorrenza e del mercato, chiamato a pronunciarsi su eventuali violazioni da un’associazione di imprenditori ‘ e da Avvocati Telematici srl, prova a tirare una riga. E, indirettamente, conferma che qualcosa è andato storto nella ‘costruzione’ del Pct, anche con riferimento al tesoro di Expo sul quale sta indagando l’Anac di Raffaele Cantone che ha mandato nei giorni scorsi la Guardia di Finanza a prendere documenti nel Comune e nel Tribunale di Milano.

L’autorità di controllo ha accettato quella che potremmo definire con linguaggio poco tecnico una proposta di ‘patteggiamento’ da parte di Net Service. La corazzata ex Finmeccanica incassa lo stop all’istruttoria iniziata a metà 2016 per verificare le possibili condotte contrarie alla concorrenza e, in cambio, si impegna da adesso in avanti ad ‘aprire’ il mercato. “E’ chiaro che qualcosa non è andato nella macchina amministrativa se per 10 anni non è stata fatta una gara – ci spiega l’avvocato Carlo Piana, rappresentante della ricorrente Assogestionali –   Il Pct è nato nel 2004 e io dal 2007 non ho traccia di gare”.  Tutto risolto? Non proprio, stando alle osservazioni degli Avvocati Telematici riportate nella delibera del Garante del 18 gennaio : “Gli impegni assunti da Net Service non sono di per sé sufficienti a scongiurare il protrarsi delle asimmetrie informative ai danni del mercato a valle”.

I ‘giuramenti’ di Net Service davanti a chi deve vigilare sulla concorrenza sono due: 1) Per evitare di sfuttare il fatto di essere al tempo stesso leader del mercato nella produzione dei sistemi informatici e società che fa man bassa degli appalti con gli affidamenti, la società si impegna a individuare due aree azendali separate, una che si occupa di realizzare i prodotti, l’altra di venderli 2) La creazione di un ‘blog del Pct’ nella quale possano dialogare tutte le imprese che offrono servizi legati alla digitalizzazione della giustizia. Le perplessità riguardano soprattutto la separazione delle aree aziendali che “non è sufficiente a evitare che esse interloquiscano tra loro” e inoltre viene evidenziata “l’assenza di trasparenza dei contratti stipulati tra Net Service e il Ministero”. Intanto, questione di poco, il processo telematico sta per arrivare anche nel penale. E’ troppo chiedere che le chiavi per realizzarlo siano affidata con gare pubbliche e criteri limpidi? (manuela d’alessandro)

Il provvedimento del Garante

L’accanimento degno di miglior causa della Procura contro i no Expo

 

Le denunce dei proprietari delle auto danneggiate durante gli incidenti del primo maggio 2015 non riportano i  numeri civici di fronte ai quali erano parcheggiate. Le macchine erano sì in via Carducci ma nel tratto successivo a largo d’Ancona dove la sosta è consentita. Il pm invece colloca le auto nel tratto precedente al piazzale, “in modo del tutto arbitrario” secondo le difese dei manifestanti, tre dei quali assolti in primo grado dall’accusa di devastazione e saccheggio e che mercoledì prossimo saranno processati in appello perché la procura ha fatto ricorso.

Una dedizione degna di miglior causa, un accanimento vero e proprio, soprattutto considerando che stiamo parlando delle iniziative della procura nota per la moratoria delle indagini sugli appalti di Expo, provata oltre ogni ragionevole dubbio dai ringraziamenti dell’allora premier Matteo Renzi ai signori del quarto piano coordinati e diretti a quel tempo da Edmondo Bruti Liberati.

Un’altra “perla” dell’accusa, citata nella memoria difensiva, sta nel passaggio in cui la procura ha definito “inaccettabile” l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui la maschera antigas è uno strumento di precauzione a fronte di paventati disordini.

Del resto sempre la procura aveva collegato agli imputati un volantino anonimo fotografato nelle mani dei manifestanti e contenente istruzioni in caso di una ipotetica azione della polizia. Insomma per la procura azioni come “indietreggiare lentamente e ordinatamente”, “aiutare chi viene ferito, chi cade, chi ha problemi di respirazione o chi viene fermato” consisterebbero in suggerimenti a commettere il reato di resistenza. Sarebbe “inaccettabile” pure “la previsione di un’assistenza legale in caso di arresto o fermo”.

La procura sta facendo di tutto per ribaltare le assoluzioni e ottenere le condanne per devastazione e saccheggio. In primo grado l’accusa aveva chiesto 6 anni di reclusione. Un solo imputato era stato condannato per il reato più grave a 3 anni e 8 mesi. La procura non ha impugnato il quantum della pena perché all’accusa interessa soprattutto il principio, in materia di concorso morale nella devastazione.

La sentenza della settimana prossima in caso di esito favorevole per l’accusa porterà alle prossime mosse. Ci sarà la richiesta di processare i 5 anarchici greci per i quali Atene ha rigettato l’estradizione perché la corte d’appello ha spiegato che da quelle parti la responsabilità penale è personale e mai collettiva dal momento che non erano indicati nel capo di imputazione comportamenti specifici.

Insomma è questa l’altra faccia della moratoria sui reati dei colletti bianchi che tra l’altro ha consentito a Beppe Sala tra tragicomiche archiviazioni e indagini non fatte di diventare sindaco di Milano. Il tutto a tutela del cosiddetto sistema-paese, cioè del partito degli affari e dell’evento che non poteva non essere celebrato. Il controllo di legalità non ci fu “perché bisognava fare in fretta, non c’era tempo”. Come si può notare siamo di fronte a spiegazioni e concetti “altamente giuridici”. L’obbligatorietà dell’azione penale è stata mandata a farsi benedire perché serve solo per fare ammuina nei convegni e nei comunicati dell’Anm. Per tutto il resto c’è sempre la giustizia di classe perché le pietre contro le vetrine delle banche sono molto più pericolose dell’abbuffata di Expo alla quale ha partecipato quantomeno a livello di scambi di potere anche la magistratura. (frank cimini)