giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Le scuse di Spatuzza a Milano 22 anni dopo:
“Perdono per via Palestro, avevo venduto l’anima a Satana”.

L’ultimo ‘pezzo’ della strage di via Palestro è una voce ruvida senza volto che ci catapulta 21 anni indietro, quando l’esposione della Fiat uno imbottita di esplosivo davanti al Padiglione di Arte Contemporanea falciò cinque vite.  Ed è una voce che chiede perdono a una città, ma non risparmia immagini feroci definendo un “incidente di percorso” le vittime.

In video conferenza dal carcere, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza interviene alla prima udienza del processo a carico del presunto basista dell’attentato, Filippo Marcello Tutino, che a gennaio ha ricevuto un ordine di arresto, ultimo protagonista dell’attacco firmato da Cosa Nostra individuato dalla Procura milanese. A indicarlo come basista, “perché era quello che conosceva meglio di tutti Milano”, proprio Spatuzza.

“Perdono, chiedo perdono alla città, ai morti, ai loro familiari – esordisce la ‘voce’ – sono responsabile di 40 omicidi. Ho partecipato a cose mostruose, abbiamo venduto l’anima a Satana . Solo ora mi sto liberando dal male che avevo dentro, ho cominciato un percorso di ravvedimento per prendere le distanze dal mio passato”. “Quei morti furono incidenti di percorso, conseguenze non volute – spiega ‘la voce’, senza però manifestare alcuna flessione, sempre ruvida – in quella fase volevamo colpire i monumenti, non le persone. In via Palestro come in via dei Georgofili. Non so cos’è successo, ci fu un problema a parcheggiare la macchina, non so perché non abbiamo centrato l’obiettivo”. Spatuzza non era lì quando l’auto scoppiò. Era già a Roma per preparare altri ‘attacchi’. La ‘voce’ si fa più dolce, proprio mentre accusa l’imputato. “Io con Marcello ero più che amico, ero fratello, siamo cresciuti insieme. Con lui e suo fratello Vittorio ho condiviso scelte e persone sbagliate. Cristianamente li considero ancora miei fratelli, ma non condivido più le loro idee, i loro sentimenti”. Alla fine nella piccola tv la ‘voce’ si spegne e si vede nell’altra metà dello schermo Tutino, che ha ascoltato il collaboratore,  alzarsi lentamente dalla sedia. (manuela d’alessandro)

 

 

 

La candida divisa da gelataio non piace
a chi fa le pulizie per i giudici

Bella la nuova divisa del gelataio, no? Trasmette senso di pulizia. Ah no, a Palazzo di giustizia, di gelatai non ce ne sono. (Certo, qualcuno potrebbe avere obiezioni sul punto). Ci sono invece una cinquantina di addetti delle pulizie assunti da una cooperativa, la Coop Multiservice, che ha pensato di imporre a tutti quanti, uomini e donne, una bella divisa bianca e azzurra. Il colore più adatto per chi ripulisce il Tribunale, capirete bene. New look. Prima, erano blu. Come le tute blu, che non ci stanno più. Forse per questo gli addetti alle pulizie sono diventati bianchi e azzurri. Dalla cinta in giù, candidi come la neve (fino alla prima ramazzatura, ça va sans dire). Sopra, la camiciola a righine bianche e azzurre.


Per gli utenti di palazzo il dettaglio che aggiunge colore al già eccitante panorama piacentiniano. Un po’ meno estasiati sono coloro che quelle divise le devono indossare. “A fare le pulizie, sai, ci si sporca. E di divise ce ne danno solo due. Scrivilo, siamo un po’ arrabbiati”. Più che arrabbiato, chi pronuncia queste parole sembra vergognarsi un po’, ha lo sguardo triste. Cinquecento euro al mese per un part-time, sui 900 per chi lavora a tempo pieno. La camicia è a maniche corte. D’estate va benissimo, d’inverno un po’ meno, ma è comoda. Così è e così sia, nel palazzo di giustizia.

“Qui abbiamo salvato le vite di avvocati e magistrati”.
Ma l’ambulatorio del Palazzo sta per chiudere.

Il 30 settembre, dopo una trentina d’anni di attività, si spegne il ‘pronto soccorso’ del Palazzo di Giustizia.  Nonostante la raccolta firme promossa dai sindacati, il sipario sull’ambulatorio al primo piano del Tribunale sembra ineluttabile. “Eppure qui abbiamo salvato delle vite – sottolinea con amarezza il medico della Asl Gildanna Marrani che da 20 anni accoglie il ‘popolo’ del Palazzo ogni giorno –  adesso per settemila euro di spese di luce e riscaldamento che non vuole più pagare, il Comune, proprietario dell’ambulatorio, chiude tutto”. Palazzo Marino ha chiesto alla Asl di versare i soldi che garantirebbero la sopravvivenza del presidio sanitario ricevendo un secco no di risposta.

“Si è scritto che qui più che misurare la pressione ai cancellieri non facciamo – recrimina Marrani – ma non è proprio così. E nemmeno è vero che abbiamo cento pazienti all’anno, la media, negli ultimi anni, si attesta a 600 persone”. La dottoressa, dipendente dell’Asl, apre il libro dei ricordi più gustosi. Alcuni buffi, altri drammatici. “Ricordo il vecchietto malato di Alzheimer, che era tornato indietro di 20 anni e veniva qui pretendendo di partecipare all’udienza della sua separazione. Riuscii a evitargli un tso. Ma anche l’avvocato a cui consigliai il ricovero per dei forti dolori alla pancia, nonostante il suo medico gli avesse assicurato che non aveva niente. Alla fine mi ascoltò e si salvò dalle conseguenze di una peritonite”. Tra i suoi ‘clienti’, giudici, avvocati, gente di passaggio. “Gli avvocati sono restii a farsi curare. Vanno sempre di fretta, sono incoscienti e non ascoltano i medici”. Le torna in mente quando ‘salvò’ un processo importante. “Un detenuto cardipopatico ebbe una crisi ipertensiva durante un’udienza. Lo rimisi in piedi con una puntura e ancora oggi il giudice mi ringrazia perché quella era un’udienza molto delicata”. Dal 30 settembre, la dottoressa chiuderà per sempre la stanzetta dove ha curato migliaia di malati “sempre gratis”. “Io non resto disoccupata, l’Asl mi darà un altro incarico, ma ci tengo a rivendicare il lavoro fatto in questi anni di cui ora nessuno sembra ricordarsi più”. (manuela d’alessandro)

 

 

 

 

Yara, ecco il documento in cui i Ris dubitano del dna di Bossetti

Vi proponiamo l’istanza di scarcerazione presentata al gip di Bergamo dai legali di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. In essa viene citato un passo dell’informativa dei Ris in cui i Carabinieri sembrano avanzare dubbi sulle tracce trovate sui leggins e sugli slip della piccola ginnasta seviziata e abbandonata nel campo di Chignolo d’Isola. Nel documento che potete leggere in versione integrale, gli esperti scrivono: “Una logica prettamente scientifica che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da Ignoto 1 sui vestiti di Yara”. L’istanza è stata ‘bocciata’ dal gip Ezia Maccora che ha definito “ottima” la traccia di dna trovata sul corpo della ragazzina.

istanza scarcerazione Bossetti

 

Expo, perché Raffaele Cantone viene in Tribunale?

Raffaele Cantone viene spesso in Tribunale per incontrare il procuratore Edmondo Bruti Liberati. A volte passa quasi inosservato ma oggi la visita dell’affabile magistrato ‘elevato’ a Presidente dell’Anticorruzione è stata seguita con ansia dai cronisti dopo l’avviso di garanzia notificato ieri ad Antonio Acerbo, l’uomo del Padiglione Italia, accusato di corruzione e turbativa d’asta per l’appalto sulle ‘vie d’acqua’. “Non vengo a chiedere al Procuratore elementi sulle indagini perché non ho nessun interesse e nessun titolo a farlo – ha spiegato Cantone –   e sull’inchiesta so quello che sapevo prima, cioé quello che esce sui giornali”. Invece, Cantone ha rivelato di avere parlato con Bruti della possibilità di un eventuale commissariamento della Maltauro (la ditta che si è aggiudicata i lavori) in relazione al progetto delle ‘vie d’acqua’. “In questo momento comunque – ha precisato – non ci sono i presupposti per richiedere il commisariamento, che può essere valutato in presenza di un rinvio a giudizio o di un’ordinanza di custodia cautelare. Nel caso di Acerbo (dimissionario dal ruolo di Commissario delegato ma non da quello di responsabile del Padiglione Italia, ndr) , c’è ancora una base probatoria incerta”.

Quindi, Cantone perché viene così spesso in Tribunale? Lasciateci sospettare: forse qualcosina sulle indagini gli viene svelato, ma sarebbe difficile giustificarlo nonostante i superpoteri che gli sono stati conferiti. Oppure, più italianamente, viene a metterci la faccia per tranquillizzare i milanesi quando spunta una nuova indagine.

Sì, ormai manca solo che indaghino i bronzi di Riace o Foody (la mascotte di Expo ispirata ad Arcimboldo)  per concorso in corruzione, ma l’aria paciosa del magistrato partenopeo che incontra i colleghi in trincea  deve far sperare che non tutto è ancora perduto, nonostante tutto. (manuela d’alessandro)