giustiziami » Guido Salvini http://www.giustiziami.it/gm Cronache e non solo dal Tribunale di Milano Wed, 02 Jul 2025 10:05:54 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.4.1 Giudice Salvini, pericolosa la magistratura che vuole fare le leggi http://www.giustiziami.it/gm/giudice-salvini-pericolosa-la-magistratura-che-vuole-fare-le-leggi/ http://www.giustiziami.it/gm/giudice-salvini-pericolosa-la-magistratura-che-vuole-fare-le-leggi/#comments Thu, 09 Jun 2016 13:58:48 +0000 dalessandro http://www.giustiziami.it/gm/?p=7262

 

Pochi giorni dopo la nomina del nuovo Procuratore e di Milano, l’ANM ha varato 14 Commissioni di studio in cui complessivamente saranno impegnati nei prossimi anni centinaia di suoi iscritti, tutti appartenenti ai vari Partiti – correnti. In queste Commissioni permanenti, che assomigliano a Commissioni ministeriali, un piccolo esercito di magistrati, oltre 300 si occuperà non solo dei temi propri della categoria – i carichi di lavoro e le condizioni di lavoro e sicurezza, il processo telematico – ma anche di tematiche generali e decisive come la riforma del diritto penale, la riforma della processo penale e l’esecuzione penale, il diritto del lavoro.

La novità è passata senza troppo clamore – ne ha scritto solo il quotidiano ‘Il Dubbio’ – e il ministro Orlando avrebbe accolto con favore la “offerta di collaborazione della ANM, forse facendo buon viso e cattivo gioco tenendo conto che il parere su alcune proposte di legge è già previsto ma solo da parte del CSM, che è un organo costituzionale e non un’associazione privata di magistrati come l’ANM.

Può darsi che sia un malpensiero ma tutto ciò appare un nuovo passo avanti nel progetto di concordare, tramite una consultazione obbligatoria con la magistratura come ente organico, con il Governo e il Parlamento la formazione delle leggi, quantomeno quelle del sistema giustizia. Far sì che nessuna sia varata se non con l’approvazione dell’ANM e non “passino”, con una sorta di veto, quelle non gradite o i passaggi non graditi. Penso a quelle su temi sensibili come le intercettazioni, la prescrizione, le impugnazioni e così via.

Non sarei troppo contento che le leggi in materia di giustizia fossero fatte dall’Unione Camere Penali. L’associazione degli avvocati dice molte cose acute ma adeguandosi alle sua linea e alle sue proposte, non si farebbe alcuna indagine né si concluderebbe mai alcun processo. Ma non mi sembra, all’opposto, che si debba passare ad una “legislazione concordata” e ad un necessario via libera dell’ANM e delle sue Commissioni che i cittadini non hanno eletto in Parlamento L’estensione dell’influenza della magistratura nello scacchiere istituzionale è resa possibile dalla sua struttura, un corpo di soggetti in numero limitato, compatto, gerarchico, che opera per cooptazione interna ed è quindi facilmente controllabile dai suoi capi e non è sottoposto a periodiche verifiche elettorali ma solo a controlli autoreferenziali. Trae anche vantaggio dalla presenza ormai costante di noti ex-magistrati nell’agone politico, con i suoi riverberi sui mass- media, e anche nelle sedi decisionali della politica. Infatti i magistrati che sono entrati in politica appena dopo aver dismesso la toga e qualche volta anche prima non sono da meno nel perseguire l’aumento di influenza della magistratura.

Felice Casson, proponendo che le prescrizione inizi a decorrere solo da quando un certo reato è stato “scoperto”, teorizza il “processo infinito” in cui qualsiasi cittadino indagato o meglio indagabile resta in balia dei Pubblici Ministeri praticamente per l’arco intero della sua esistenza, come una spada di Damocle, e può essere chiamato a rispondere per la prima volta di un reato qualsiasi, non solo un omicidio o un fatto molto grave, anche 15 o 20 anni dopo quando l’accusa è forse difficile da sostenere ma di certo è ormai impossibile svolgere ogni difesa.

Antonio Ingroia, per passare a metodi più contorti, in una recente intervista al Fatto è ritornato sulle intercettazioni del presidente Napolitano e ha spiegato che anche se sono state distrutte, lui le la ha lette, le ricorda bene ed è sua intenzione riportarne il contenuto, anche se in forma “romanzata”, in un prossimo libro. Si dimentica così di aver letto le conversazioni nella sua veste di magistrato e non di privato cittadino e che una volta distrutte le bobine per ordine dell’Autorità giudiziaria, tale distruzione comporta anche un vincolo di segreto in qualsiasi altra forma così come un avvocato non può riferire un eventuale confessione del suo cliente anche se assolto e un prete non può raccontare quello che ha sentito in confessionale. Speriamo davvero che mediti su questo progetto di “vendetta” più che sleale.

Per finire proviamo a fare di un paradosso un possibile esempio chiarificatore. Se un immaginario turista giapponese di buona cultura ma del tutto ignaro del funzionamento delle istituzioni italiane, magari un ingegnere con mentalità obiettiva, fosse invitato a leggere durante una visita in Italia, tradotti nella sua lingua, i quotidiani degli ultimi due mesi giungerebbe ad una sicura conclusione. Sarebbe certo che nel nostro paese c’è una gerarchia di magistrati che svolge una funzione politica riconosciuta, un ruolo non inferiore a quello del governo, che spiega quali leggi si possono fare e quali no ai restanti corpi istituzionali, che ha, quantomeno un diritto di veto: insomma una sorta di diarchia di poteri.

Gli episodi che abbiamo messo in fila, tutti condensati in poco più di un mese, mostrano la progressiva espansività istituzionale della magistratura e di chi da essa proviene, forte di indubbi meriti, come l’impegno contro la ‘ndrangheta e la corruzione, per citarne due, e agevolata dalla modestia della classe politica che è stata in scena negli ultimi tre decenni. L’obiettivo, in qualche modo “ideale” e non dichiarato formalmente, si direbbe quasi l’inconscio collettivo dei magistrati, è quello di concorrere stabilmente alla nascita delle leggi, in pratica, si passi l’espressione, di “governare”.

Non diamo un giudizio. L’esito può essere più che infelice o anche ottimo, anche se di certo non liberale in senso classico. E’ però importante percepire il fenomeno. Può darsi che con la vittoria del Sì al referendum la seconda Camera, il Senato, quasi scompaia. Ma nel contempo può essere che la magistratura e le sue associazioni, in un percorso non scritto e occupando spazi vuoti, proseguano con successo nel progetto latente di diventare, quasi a compenso, la “terza Camera”.

Guido Salvini, giudice a Milano

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Guido Salvini, “Tranfa ha inquinato il processo, dove sono Csm e Anm?” http://www.giustiziami.it/gm/guido-salvini-tranfa-ha-inquinato-il-processo-dove-sono-csm-e-anm/ http://www.giustiziami.it/gm/guido-salvini-tranfa-ha-inquinato-il-processo-dove-sono-csm-e-anm/#comments Thu, 23 Oct 2014 09:35:53 +0000 cimini http://www.giustiziami.it/gm/?p=3386 E’ stata sempre un’abitudine, quasi un automatismo, una comoda scorciatoia linguistica per i capi dell’Anm, alcuni dei quali assurti al Csm, evocare la “delegittimazione” della magistratura dinanzi a qualsiasi critica nei confronti della categoria, anche una semplice inezia, anche non infondata, anche del tutto disinteressata.

Ora tanto l’Anm quanto il Csm tacciono imbarazzati davanti al gesto del Presidente del processo Ruby, tra l’altro esponente non di secondo piano dell’associazionismo a Milano, che si è dimesso, quasi sbattendo la porta, scrivono i cronisti, subito dopo il deposito delle motivazioni della sentenza. A quanto sembra, anche se la vicenda è avvolta in parte nell’ambiguità, la sua sarebbe una protesta contro l’assoluzione di Berlusconi dopo essere stato messo in minoranza dagli altri due giudici. Non è solo un episodio di scarso buon gusto. Il Presidente avrebbe potuto, come qualsiasi altro giudice e come consente la legge, motivare il suo dissenso e lasciarlo scritto in una busta chiusa depositata a futura memoria in cancelleria, senza violare il segreto del voto in camera di consiglio e senza mostrare poco rispetto nei confronti dei due colleghi. E nulla gli impediva, se proprio lo desiderava, di spiegare il suo punto di vista, magari tra qualche anno, in un libro quando anche il processo Ruby, come ogni cosa, sarà diventato storia.

Ma facendo come ha fatto è intervenuto in modo a dir poco distorsivo su un processo ancora in corso, pochi lo hanno ricordato e non l’Anm, che attende infatti ancora il grado di Cassazione. Ha “delegittimato”, questa volta davvero, il processo e la Corte di cui ha fatto parte.

Poniamo infatti attenzione al messaggio che, secondo i beni informati cronisti del Corriere, ha voluto mandare in modo neanche troppo implicito con le sue dimissioni. Il codice di procedura prevede che l’imputato sia assolto quando vi sia anche solo un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza. Quindi, secondo l’interpretazione non smentita dal Presidente, i due giudici che hanno preferito propendere per l’assoluzione, avrebbero fatto una scelta irragionevole, per incompetenza, incapacità o per qualsiasi altro misterioso motivo che non è dato spiegare.

Tale messaggio cifrato di certo inciderà e farà perdere credibilità alla sentenza finale. Se la Cassazione confermerà l’assoluzione potrà sempre dirsi che ciò è avvenuto perché non era comunque stata posta in grado di conoscere i misteriosi eventi che hanno portato un Presidente a dimettersi, per la prima volta nella storia giudiziaria, per quanto successo in camera di consiglio. Se annullerà l’assoluzione tale decisione potrà essere attribuita al messaggio nella bottiglia mandato dal Presidente tale da aver influito sulla Corte e fatto leggere con fondato sospetto la scelta di assoluzione e le motivazioni che egli ha manifestato pubblicamente di non condividere. Nell’ipotesi improbabile che nessuno, in questo caso l’accusa, ricorra in Cassazione ancora peggio perché chiunque potrà sostenere che la dissociazione del Presidente ha comunque il valore di una mezza condanna di Berlusconi oppure che il quadro è diventato indecifrabile e che nessuna sentenza sarebbe più credibile.

In ogni caso il processo Ruby è ormai inquinato. E ciò grazie ad un comportamento che non ha precedenti nei Tribunali, messo in atto senza rischiare nulla, nemmeno un procedimento disciplinare e senza rischiare la carriera, giunta ormai alla fine, ma solo anticipando un pensionamento che sarebbe comunque scattato tra un anno.

Quanto è accaduto e sta accadendo a Milano, compresa la guerra senza esclusione di colpi in Procura, costituisce per la Magistratura, che pur ha meriti alti e indiscutibili, un altro passo verso la perdita della sua legittimazione morale, perdita accelerata da protagonismi personali, strategie parapolitiche, correnti di magistrati trasformate in partiti.

Finisce poi per rafforzare in molti la convinzione che gli avversari più accesi della magistratura hanno sempre sostenuto e cioè che contro Berlusconi, in quanto perseguitato, non poteva e non può essere celebrato un processo “normale”, nemmeno oggi quando ormai si trova politicamente quasi al tappeto e in parte proprio a causa del processo Ruby.

È stato infatti il processo che più ha contribuito a mutare il quadro politico certo per l’impatto mediatico dell’argomento, più degli altri avviati nei confronti dell’ex- Presidente del Consiglio e forse più di ogni altro processo, anche di ben diverso scenario e spessore, mai celebrato contro esponenti politici da Mani pulite in poi.

Per questo non poteva e non può permettersi un finale così ambiguo. Che nessuno degli organi che governano la magistratura lo sottolinei avvalora il sospetto di chi pensa che il processo fosse destinato non ad una “sentenza” ma al “risultato”.

Per finire, dato che come riferisce ‘La Repubblica’ il Presidente sarebbe andato a Lourdes prima di prendere la sua decisione, tento un paragone storico-religioso. C’e almeno un altro processo in cui un giudice si è dimesso. Tutti lo conosciamo. E’ stato quello celebrato circa 2000 anni fa contro un predicatore in Palestina durante il quale Giuseppe d’Arimatea, un autorevole membro del Sinedrio ma, come narrano i Vangeli, persona integra, preferì lasciare l’aula.

Ma in quel caso si trattava di dissociarsi da una condanna contro un innocente già decisa, si “dimise” prima della sentenza e non dopo e andarsene comportava contrastare e sfidare con rischi personali il proprio ambiente. Non solo andare in pensione. Altri giudici, altri imputati, altra forza morale. (Guido Salvini, gip presso il Tribunale di Cremona)

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