giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Farsopoli, Moggi creò un’associazione a delinquere da solo

Dopo 9 anni la Cassazione decreta la prescrizione dell’accusa di associazione per delinquere a carico di Luciano Moggi, assolvendolo dalle frodi sportive. L’associazione Lucianone però la creò da solo. Di 8 arbitri coinvolti all’inizio è stato condannato solo De Santis che aveva rinunciato alla prescrizione mentre per Racalbuto il tempo era già scaduto in appello. Su 50 partite investigate ne restano cinque ma in tre casi gli arbitri sono stati assolti. Tutti i giudici fin qui hanno affermato che il campionato non fu alterato e il sorteggio non fu truccato.

Insomma il messaggio che arriva dalla Suprema Corte è chiaro: sarebbe stato troppo azzerare tutto. Per cui c’è la soluzione all’italiana: si prende atto che è passato troppo tempo. E intanto si potrebbe aggiungere che abbiamo scherzato.

Un processo abnorme nato da un’indagine dove i magistrati e la polizia giudiziaria a Napoli avevano selezionato accuratamente le conversazioni intercettate privilegiando quelle di Moggi e nascondendo per esempio quelle di un’altra società, già specializzata in passato in plusvalenze, fondi neri e passaporti falsi che nulla vinceva prima di Farsopoli, nulla vince esaurito l’effetto di quanto accadde nel 2006 e che per sperare di tornare a vincere dovrà puntare su qualche altro imbroglio mediatico-giudiziario.

Insomma siamo alla Mani pulite in salsa calcistica. Anche lì alla fine pagarono solo alcuni, in particolare uno e per giunta pure con la vita, mentre altri se la cavarono e ci fu pure chi venne beatificato.

Tornando al pallone, quella bufera basata sul nulla servì per falsificare alcuni campionati di serie A e uno di serie B e per vedere la nazionale eliminata al girone in due mondiali consecutivi. Quando c’era Moggi invece il torneo iridato registrò per puro caso crediamo una finale in cui metà dei calciatori erano stati acquisiti prima o dopo in operazioni condotte da Big Luciano. Fu Italia-Francia cioè Juve A contro Juve B. Poi John Elkann, evidentemente stanco di vincere, diede il la alla diffusione di intercettazioni già cestinate dalla procura di Torino come irrilevanti. L’erede temeva che Moggi gli scalasse la società. E comunque fu gloria per Francesco Saverio Borrelli, Guido Rossi e altri che riscrissero pure la storia del calcio dopo quella del paese, imitati poi dai magistrati di Napoli. La Cassazione ha preso atto e sembra inutile aspettare le motivazioni. (frank cimini).

La stretta di mano Moratti – Moggi, tenerezza e sorrisi su Calciopoli

Pace. Lucianone quando vede Massimo entrare nell’aula dove è imputato per avere diffamato Giacinto Facchetti prende luce e ha il sorriso di quando guidava la Juve che mieteva tricolori.  La mano di Massimo si allunga come un ramo di ulivo e lui la prende con vigore. La pace tra Luciano Moggi e Massimo Moratti scende su Calciopoli  oltre il novantesimo.

Nei tempi regolamentari si era giocato così. Moratti, dopo la sentenza di condanna di Luciano: “Il verdetto che acclara la colpevolezza di certe persone rende l’idea delle difficoltà passate dall’Inter”. Moggi, in contropiede: “Moratti deve stare zitto perché guida una squadra la cui storia è costellata di debiti e di bidoni. Moratti e Facchetti chiamavano Bergamo per fargli vincere le partite”.

Il presidente del ‘triplete’ si accomoda al banco del testimone in questo processo che è un ‘bigino’ della grande Calcipoli. Composto. “Sì, è vero: i designatori degli arbitri Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto mi chiamavano qualche volta. Avevano questo atteggiamento di apertura e cordialità con tutti, chiamavano tutti”.

Un avvocato con tono provocante gli ricorda di quando al telefono espresse a Bergamo soddisfazione per un arbitro e gli raccontò di essere andato a trovarlo prima della partita: “Come mai andava prima delle partite a salutare gli arbitri nello spogliatoio?”.  Il testimone infila con uno sbuffo le mani nel lungo cappotto grigio: “Ci andavamo anche gli altri. Non era proibito, era un atto di cortesia andare a trovare gli arbitri. Le mie intenzioni non erano certo quelle di sporcare il calcio, se il retropensiero della sua domanda era quello”.

Per essere più convincente, Moratti rimodula un po’ la versione su quelle telefonate dei designatori. Non un atto di cortesia, ma “una presa in giro, mi volevano far credere che ci fosse chissà quale clima di simpatia per l’Inter. Io rispondevo perché sono educato, ma ero in imbarazzo. Non sono uno un granché curioso”. Ricorda un incontro estivo con Bergamo a Forte dei Marmi, dopo la tragedia epica del 5 maggio (l’Inter perse con la Lazio in modo inopitato e regalò il tricolore alla Juve). “Bergamo voleva dirmi che quello che era successo a noi in quel campionato era stato un incidente”. Finisce con Moratti che prima di andarsene ripassa da Moggi. Caso mai non si fosse capito: si stringono ancora la mano, parlano fitto per qualche minuto, con un po’ di malinconia negli occhi. Non c’è bisogno del fischio di un arbitro per dire che è finita.  (manuela d’alessandro)