giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Rossana Rossanda il Piedifesto e la giustizia

Dal Manifesto al Piedifesto. Fanno finta di celebrare Rossana Rossanda per celebrare se stessi. Il numero dedicato alla fondatrice si candida alla nomination per il festival dell’ipocrisia e del falso. La direttrice Norma Rangeri scrive che dopo la rottura del 2012 si erano “reincrociati”, che lo scontro non era sulla linea politica ma sulla struttura del giornale. In realtà di Rossanda, del suo pensiero e delle sue battaglie nelle pagine del giornale non c’era più niente.
Il Manifesto di Rossanda aveva candidato Pietro Valpreda per sottrarlo agli schiavettoni e alla cella. Il quotidiano di oggi non scrive una riga sugli anarchici arrestati senza ragione tra Roma e Bologna neanche quando nel caso del capoluogo emiliano il Riesame li aveva scarcerati. Nonostante due cronisti del giornale che si dice comunista disponessero delle carte dell’inchiesta. Evidentemente c’erano e ci sono direttive precise.
Del resto sono tempi in cui si è scelto di pubblicare appelli in cui si dice che il governo Conte è il miglior esecutivo possibile. Si, con il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, pronto a inviare gli ispettori tutte le volte che i giudici di Sorveglianza, smentendo le Procure e le Distrettuali antimafia, scarcerano un detenuto per ragioni di salute anche solo per evitare che soccomba al Covid.
Non esiste traccia che sia una di quello che fece Rossana Rossanda anche in difesa di Mambro e Fioravanti, condannati sulla base di un impianto accusatorio assurdo e poco credibile.
La battaglia sul caso 7 aprile, che resta una pietra miliare del garantismo e del diritto, tempo fa sulle pagine del Manifesto trovò “riscontro” nella celebrazione dello storico inviato dell’Unita’ Ibio Paolucci, il quale era stato tra i pm di complemento dell’operazione con cui il grande partito si liberava dei suoi avversari politici.
E non possiamo non ricordare l’ultimo misfatto nel numero del 2 agosto scorso, con l’articolo di Saverio Ferrari che dava credibilità alle bufale dietrologiche della Procura generale sulla strage di Bologna, con Licio Gelli che avrebbe dato un milione di dollari a Mambro e Fioravanti. Nello stesso pezzo si scriveva di rapporti tra Sisde (che nel 1978 non esisteva) e Brigate rosse, di Moro prigioniero in via Gradoli, dove non è mai stato secondo le ricostruzioni di innumerevoli processi e della stessa commissione parlamentare di inchiesta, già di per se’ capace di realizzare film fantasiosi.
Una lettera di replica alle bufale dietrologiche e complottarde firmata da diversi storici, giornalisti e addetti ai lavori non è stata pubblicata dal giornale che a firma di Rossanda il 26 marzo del 1978 gridava in faccia al Pci che le Brigate rosse erano parte integrante del movimento operaio. Album di famiglia.
Senza fare un plisse’ il Manifesto ha riportato le parole di Zingaretti che diceva di aver apprezzato Rossanda come insegnante del dissenso critico. Zingaretti, appena eletto segretario, si era inginocchiato davanti agli imprenditori del Tav. Una vicenda drammatica, quella dell’Alta velocità: pur di vedere realizzata l’opera, il sistema condanna Dana per blocco stradale a due anni di reclusione negando le misure alternative al carcere.

(frank cimini)

La ghigliottina di Mani pulite tradotta in ritardo di 20 anni

Negli anni 90 nemmeno la Mondadori di Silvio Berlusconi impegnato in un duro conflitto con la magistratura che dura ancora oggi accettò di tradurre “Italian guillotine”scritto da Stanton H. Burnett e Luca Mantovani uscito negli Stati Uniti e punto.

La lacuna è stata colmata solo adesso da Aracne edizioni, 345 pagine, 18 euro. “Da libero cittadino trovo intollerabile che i miei connazionali vengano privati del diritto di conoscere riflessioni riguardanti l’Italia indipendentemente dal loro contenuto e da chiunque le abbia formulate“ scrive Marco Gervasoni nella prefazione.

E il problema è proprio questo. Per oltre 20 anni l’opinione pubblica è stata privata della conoscenza di una riflessione molto critica su una importante operazione politico-giudiziaria. Questo sia chiaro comunque la si pensi.

Chi scrive queste poche righe per esempio non crede che Mani pulite fu un colpo di Stato ma semplicemente la vicenda di una magistratura che andò all’incasso del credito acquisito anni prima quando tolse le castagne dal fuoco per conto della politica risolvendo la questione della sovversione interna.

Le carcerazioni preventive al fine di ottenere confessioni ma soprattutto chiamate di correo, i due pesi e due misure dell’indagine sono un fatto ormai acclarato anche se all’epoca fummo in pochi a parlarne e a scriverne oltre che additati come “amici dei ladri”.

La  corruziine c’era e come anche prima del 1992 ma le procure in testa quella di Milano facevano finta di non vederla. Perché evidentemente non era ancora il momento. L’ora ics scattò nel momento in cui la politica si indebolì e le toghe le saltarono al collo gridando “adesso comandiamo noi”. E comandano ancora adesso. Basta vedere come la categoria sta chiudendo la vicenda del CSM con il capro espiatorio Luca Palanara il quale avrebbe fatto tutto da solo. Contribuendo però per esempio alla nomina di 84 colleghi al vertice di uffici giudiziari. 84 complici tutti assolti in via preventiva perché se no si rompe il giocattolo.

”La ghigliottina italiana” è assolutamente da leggere. Vale per chi allora c’era e per chi non c’era. Per cercare di trarne utili lezioni per il futuro. (frank cimini)

Sorveglianza speciale e lotta per la casa, dietrofront del pm

La mitica procura di Milano fa dietrofront e rinuncia alla richiesta di sorveglianza speciale per due militanti del comitato Giambellino sotto processo per associazione a delinquere finalizzata all’occupazione di immobili. E il tribunale, sezione misure di prevenzione, ha preso atto della rinuncia arrivata un po’ a sorpresa questa mattina nell’udienza in cui i difensori avevano presentato una serie di eccezioni preliminari e soprattutto una ricca lista di testimoni da ascoltare.

 

“Da una verifica della situazione reddituale si rileva come il soggetto abbia avuto negli ultimi anni entrate modeste e ciò alimenta la probabilità che egli viva in parte con i proventi dei reati”. Era questo uno dei passaggi della motivazione con cui la procura avea chiesto la misura della sorveglianza speciale.

Una volta si sarebbe parlato di “giustizia di classe” Misure cautelari e di prevenzione ai danni di chi è povero. Ma l’aspetto grottesco della vicenda era ed è che sin dalla conferenza stampa in cui la procura dava notizie dei arresti gli stessi inquirenti avessero escluso lo scopo di lucro delle occupazioni. Persino il gip che aveva disposto l’arresto aveva escluso motivi di proventi illeciti collegati a una vicenda che era di mero attivismo politico a supporto dei ceti più deboli.

“Si tratta di una storia giudiziaria svolta sempre alla luce del sole con assemblee presidi manifestazioni  che non possono essere considerate capaci mettere a repentaglio il bene giuridico tutelato della pubblica sicurezza” replicavano in una memoria depositata in Tribunale gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini.

Evidentemente la procura si è resa conto di non avere gli elementi sufficienti a ottenere la misura. Resta il processo penale in corso che riguarda una decina di imputati che all’inizio delle indagini subirono anche un breve periodo di arresti domiciliari (frank cimini)