giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Prescrizione, non sapremo mai se qualcuno sbagliò nella bonifica di Santa Giulia

Non sapremo mai se qualcuno ha sbagliato  nella bonifica dell’area dove è sorto il quartiere Santa Giulia, frutto di un controverso maxi progetto immobiliare che prevedeva di ripulire 1 milione e duecentomila metri quadrati un tempo occupati da Montedison.

Il processo a carico di 11 persone, tra cui l’ex immobiliarista Luigi Zunino, accusate di irregolarità nella gestione di rifiuti, discarica non autorizzate e altri reati ambientali, corre verso la prescrizione dopo essere stato ridimensionato nella accuse più gravi al termine dell’udienza preliminare.

Nell’udienza di stamattina, le difese hanno chiesto al giudice monocratico Giulia Turri di dichiarare prescritte le ipotesi accusatorie in base a una tesi della Cassazione che collocherebbe la consumazione del reato quando c’è stata l’ultima movimentazione di terra, nel 2008. In questo caso, trattandosi di reati che si prescrivono in 5 anni, saremmo già al requiem per un processo cominciato a settembre.  Ribatte l’accusa, rappresentata dal pm Laura Pedio, che la prescrizione andrebbe calcolata dal 20 luglio 2010, giorno in cui la Procura dispose il sequestro di tutta l’area oggetto della bonifica, e quindi il processo ‘sopravviverebbe’ fino al 20 luglio prossimo.

Deciderà lunedì il giudice Turri ma sin d’ora è possibile immaginare la difficoltà di arrivare entro l’estate a una sentenza almeno di primo grado che, se fosse di condanna, consentirebbe perlomeno alle parti civili di ottenere dei risarcimenti.  Condanna tutt’altro che scontata dal momento che questa indagine,  esplosa con 5 arresti nel 2009, tra cui quello dell’ex ‘re delle bonifiche’, poi defunto, Giuseppe Grossi, ha  perso sulla strada  ‘pezzi’ importanti con la decisione del gup di prosciogliere gli imputati dal reato più grave di avvelenamento della falda acquifera. L’ex presidente di Risanamento Zunino e gli altri imputati, tra i quali ex dirigenti del Comune e dell’Arpa, devono difendersi  ‘solo’ in relazione a reati ambientili punibili con sanzione pecuniaria. Quando venne sequestrata l’area l’ipotesi della Procura e del gip era che vi fossero sostanze cancerogene nelle falde e rifiuti pericolosi dove doveva sorgere un asilo. Comunque vada, non sapremo mai con certezza, attraverso una sentenza definitiva, cosa è successo nei giorni in cui si schiantava il sogno del nuovo quartiere verde e chic di Milano.  (manuela d’alessandro)

Cancellata l’assoluzione in appello: Allam diffamò gli islamici

Nel giorno in cui la Francia ha vissuto la resa dei conti per l’eccidio di Charlie Hebdo, un articolo di Magdi Allam (allam_predicatori.shtml) che definisce “predicatori d’odio” i seguaci di Maometto diventa diffamatorio per i giudici milanesi dopo essere stato invece dichiarato frutto di una legittima “libertà di critica” in primo grado.

Il pezzo firmato dal giornalista sul Corriere della Sera nel febbraio 2007 riecheggia molti degli argomenti portati in tv o sui media in questi giorni da commentatori e politici ostili all’Islam.  Allam definisce “tutti noi italiani vittime, inconsapevoli o irresponsabili, pavidi o ideologicamente collusi, che non vogliamo guardare in faccia la realtà, che la temiamo al punto da esserci sottomessi all’arbitrio e alla violenza di chi sta imponendo uno stato islamico all’interno del nostro traballante stato sovrano”.

I giudici della Corte d’Appello di Milano,  sezione civile, ribaltano la sentenza che aveva assolto l’ex columnist di via Solferino condannandolo al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali a favore dell’Ucoii (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia).  Al centro dell’articolo c’è la vicenda di Dounia Ettaib, all’epoca vicepresidente dell’Associazione donne marocchine in Italia, aggredita da alcuni connazionali vicino alla moschea milanese di viale Jenner. Uno spunto che stimola ad Allam grevi riflessioni sul mondo islamico: (…) Sappiano tutto e di più sull’attività dei predicatori d’odio islamici nostrani ma preferiamo seppellire la testa sottoterra, non rendendoci conto che a differenza dello struzzo non riemergeremo ma finiremo per suicidarci”. E ancora,  l’ex vicedirettore del quotidiano afferma di non avere “alcun dubbio che nelle moschee e nei siti islamici dell’Ucoii e di altri gruppi radicali islamici s legittima la condanna a morte degli apostati e dei nemici dell’Islam”. Libertà di critica o diffamazione?Per l’avvocato dell’Ucoii Luca Bauccio “la libertà di critica non va mai confusa con la prevaricazione sugli altri”. (manuela d’alessandro)

NoTav, pure i pm rinunciano all’accusa di terrorismo

I pm di Torino chiedono il processo con rito immediato per tre militanti Notav, Lucio Alberti Graziano Mazzarelli e Francesco Sala, in relazione all’azione contro il cantiere di Chiomonte del 14 maggio del 2013 ma rinunciano a contestare l’accusa relativa alla finalità di terrorismo, che a livello di misura cautelare era stata azzerata dal Tribunale del riesame. I tre devono rispondere esclusivamente dei reati-fine, porto di armi da guerra (le molotov), danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.

La decisione dei pm è importante perchè significa che gli inquirenti prendono atto delle sconfessioni fin qui subite a livello di qualificazione giuridica: prima la Cassazione che rimanda a Torino gli atti, poi la Corte d’assise che assolve il 17 dicembre scorso quattro militanti Notav dall’imputazione più grave, infine il Riesame che annulla l’ordinanza bis per i tre che comunque sono in carcere da luglio.

Sarà il gip Federica Bompieri a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio con rito immediato che presumibilmente sarà accolta. I difensori valuteranno la possibilità di ricorrere a riti alternativi, ma è chiaro che le difese hanno vinto la loro battaglia sul teorema Caselli. L’azione relativa al cantiere di Chiomonte non fu terrorismo hanno deciso diversi organi giudicanti e la procura è costretta a prenderne atto.

Va ricordato però che l’agitare un fantasma del passato per influire su uno scontro sociale in atto adesso ha comportato mesi e mesi di custodia cautelare in regime di 41bis di fatto per sette militanti NoTav. Ora in 4 dopo un anno di cella sono ai domiciliari e 3 sono ancora detenuti nell’ambito di una vicenda che è stata ridimensionata in diritto e anche in fatto. I pm Padalino e Rinaudo le avevano tentate tutte anche contestando la finalità di terrorismo ai 3 all’immediata vigilia della sentenza per i 4, fiancheggiati in pratica da tutti i giornaloni. Della crociata mediatica che aveva trasformato la rottura di un compressore in un “affaire” della lotta armata di trenta e più anni fa resta praticamente nulla, se non l’ulteriore dimostrazione che i magistrati fanno politica. Anche perchè la politica, come tantissimi anni fa, delega alle toghe problemi di cui dovrebbe occuparsi lei. E’ il caso del treno ad alta velocità dove era sorto per contrastarlo e c’è ancora l’unico movimento radicato sul territorio. E per farlo fuori si sono inventati il “terrorismo”. Poi il Tav non si farà. Ormai ne sono convinti pure alcuni dei promotori. Ma intanto hanno ristretto gli spazi di libertà. Politici e magistrati uniti nella lotta (frank cimini)