giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Confessare un reato via instagram

Su instagram ci si innamora, si cucina, si telefona, si diventa ricchi e adesso si confessano anche i reati. Protagonisti sono dei giovani indiani, tra i 19 e i 25 anni, che in un video postato su un profilo riconducibile a uno di loro si vantano in lingua punjabi di avere preso parte a una rissa per la quale erano stati arrestati dei loro amici pochi giorni prima,  prendono in giro i carabinieri e  annunciano di volersi vendicare per i compagni finiti in carcere. Per queste loro esternazioni digitali, il gip di Cremona li ha puniti con la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per due volte al giorno per il reato di rissa aggravata. I tre, che vivono tra Lodi e Piacenza, erano stati sentiti come testimoni dai carabinieri dopo l’arresto di 4 partecipanti a una rissa scoppiata il 22 febbraio scorso tra due gruppi ‘rivali’ di giovani sikh che si erano dati appuntamento, sempre attraverso i social network, per scontrarsi davanti a centinaia di studenti in uscita da alcune scuole vicine e di fronte alla caserma dei carabinieri di Cremona. Nelle immagini postate su Instagram, si sono definiti  “delinquenti” e hanno minacciato di essere in possesso di una pistola che avrebbero potuto utilizzare. Dopo avere visto il video, i carabinieri li hanno identificati e hanno perquisito le loro abitazioni trovando in quella di uno dei ragazzi una pistola  Beretta comprensiva di caricatore a salve . Nel provvedimento cautelare, il gip sottolinea che nel video gli indagati hanno manifestato, oltre alla volontà di compiere altre aggressioni, anche “un’indole particolarmente aggressiva e spavalda facendosi scherno delle forze dell’ordine”. In fondo,  i processi sui social si celebrano già da un sacco di tempo. (manuela d’alessandro)

Il giudice che fa le camere di consiglio via skype

Il giudice penale che ha introdotto le udienze via Skype si chiama Pierpaolo Beluzzi, ha 54 anni, lavora al Tribunale di Cremona e tiene un corso all’Università Cattolica di Milano che definisce “sulla creatività della giustizia digitale”. Molti  avvocati lo adorano, soprattutto quelli che risparmiano ore di spostamenti da una citta’ all’altra per sedersi pochi secondi in un’aula di Tribunale, ma i vantaggi in termini di tempo del suo modo di lavorare sono per tutti – testimoni, interpreti, consulenti – perché riguardano tutte le fasi del procedimento.

“Abbiamo utilizzato la tecnologia in oltre duecento processi negli ultimi anni – racconta il magistrato – il presupposto è che tutte le parti siano d’accordo nel farlo. I casi che dimostrano quanto sia utile sono diversi. Con Skype ci siamo collegati col testimone che non aveva i soldi per pagare il viaggio e venire a deporre; abbiamo sentito persone truffate che risiedevano in diverse città italiane, e anche all’estero, a cui sarebbe costato tempo e denaro spostarsi a Cremona per rendere dichiarazioni che hanno potuto fare da casa. E ancora, penso a quei medici che hanno potuto intervenire in udienza senza lasciare il reparto dove lavorano o ai consulenti che vivono altrove e hanno potuto esporre i loro studi senza muoversi dall’ufficio”. Questo sistema, sostiene Beluzzi, ha enormi vantaggi anche perché le parti sembrano essere “più disciplinate nell’ascoltare gli interventi altrui e tutto si svolge in modo più proficuo”. Il principio cardine nel nostro ordinamento, l’oralita’ del processo, viene rispettato, assicura il giudice, avvertendo però che nei casi più complessi non si può procedere con questo sistema. Una consapevolezza che hanno anche i legali: “Mi sono sorpreso tantissimo e positivamente quando il giudice mi ha detto che, se fossi stato d’accordo, avrei potuto evitare il viaggio da Milano a Cremona per una camera di consiglio su un’opposizione a un’archiviazione – racconta l’avvocato Simone Gatto – Mi ha invitato a dargli il mio indirizzo e-mail di Skype e ci saremmo sentiti per l’udienza camerale. Resto però convinto che in alcuni processi, penso a quelli per omicidio o a casi di criminalità organizzata, il principio dell’oralità ‘tradizionale’ vada salvaguardato per garantire al massimo il libero convincimento dei magistrati e anche dei giudici popolari. Parliamo soprattutto di situazioni dove l’aspetto emotivo conta molto”. In questi casi, una smorfia del volto, che uno schermo può ‘mascherare’, a volte risulta decisiva nel contribuire a valutare quanto sia attendibile un testimone. (manuela d’alessandro)

“Milano addio, non credo più che sei diversa”, il pm Pellicano se ne va

“La vicenda Bruti/ Robledo mi ha profondamente segnato. Nonostante non fossi più giovanissimo, mi ha strappato dal mio mondo sognante. Avevo sempre coltivato un’ingenua e consolatoria idea di ‘diversità‘ della magistratura, che è stata spazzata via in pochi mesi. Lascio un Ufficio che mi piace meno di quello che avevo incontrato nel 2001; sarà il mio modo invecchiato di avvertire le cose “. Questa lettera è stata scritta e inviata ai suoi colleghi dal pm Roberto Pellicano prima di lasciare la Procura di Milano per quella di Cremona che guiderà. E’ un documento importante perché racconta il punto di vista sugli ultimi anni e su quello che è ora la Procura di un magistrato che abbiamo avuto modo di apprezzare per la sua autonomia di pensiero, oltre che per la rara gentilezza.

“Impossibile non provare un sentimento di profonda gratitudine e riconoscenza verso un Ufficio che mi ha insegnato gran parte di ciò che so, sul piano umano, prima che su quello professionale”, riconosce Pellicano nel rivolgere un saluto “al mio Ufficio, dotato di uno spirito e di una cultura non meno definiti di quelli individuali”. Nel commiato si fa più viva l’amarezza per la vicenda Bruti – Robledo appena temperata dal pensiero che forse è meglio aver perduto l’innocenza “perché idealizzare il fine del proprio lavoro può menomare il giusto approccio professionale”. Pellicano faceva parte del pool guidato da Alfredo Robledo che lamentò pesanti intromissioni per non far svolgere le indagini su Expo. “Continuerò comunque a fare ogni sforzo per respingere l’idea nichilistica, spesso conveniente, secondo la quale una decisione vale l’altra, e non invece che ve ne sia una sola da ricercare, quale giuricamente corretta”, è l’ultima promessa di Pellicano prima di chiudere la porta e possiamo sentire il suo grande sollievo.

(manuela d’alessandro)

Calcioscommesse, ecco gli atti
Chiusa indagine, verso maxiprocesso

Oltre quattro anni di inchiesta, almeno cinque tornate di arresti, 130 indagati che si ritrovano nell’avviso di conclusione delle indagini. Molti patteggiamenti già arrivati, e squalifiche sportive già definitive. Stentiamo a immaginare quale aula potrà gestire un processo con un numero così elevato di parti.

Ecco il documento che riassume le accuse della Procura di Cremona, notificato questa mattina, con tutti i nomi e tutte le partite sotto accusa.

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