giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La prescrizione salva una mamma russa dalle disumane carceri di Mosca

Chi è Ekateryna Tyurina? Una truffatrice che ha falsificato le carte per una proprietà che vale 30 milioni di euro nel cuore di Mosca oppure una giovane madre perseguitata dallo Stato russo, bramoso di mettere le mani sul suo ‘tesoro’? Nel dubbio, la Cassazione blocca il via libera all’estradizione n Russia concesso dalla Corte d’Appello di Trieste lo scorso 11 novembre. E lo fa usando lo ‘scudo’ della prescrizione che consentirà alla donna di restare in Italia.

Tyurina, 38 anni, era stata arrestata dall’Interpol ad agosto mentre era n vacanza a Lignano Sabbiadoro coi tre figli; a dicembre anche suo marito era stato fermato a Praga. L’accusa per lei è quella di avere truffato i soci di minoranza in relazione alla proprietà sulla quale sorge un centro commerciale nel centro storico della capitale.  In realtà, secondo l’avvocato Pasquale Pantano, la donna ha già vinto tutte le cause civili intentate dai soci di minoranza  e l’inchiesta penale sarebbe solo una “manovra” per sottrarle i suoi beni. Il marito invece è finito in carcere per essere il presunto mandante dell’omicidio di un avvocato moscovita, avvenuto 20 anni fa, solo sulla base delle dichiarazioni di una signora che, guarda caso, è una delle socie di minoranza della proprietà contesa. Nel ricorso alla Cassazione, oltre a sottolineare il pericolo che Tyurina potesse essere sottoposta a “trattamenti disumani” nelle carcere patrie, Pantano aveva contestato  ai giudici triestini di non avere calcolato che il reato a lei contestato è prescritto per la legge italiana. Gli ‘ermellini’ hanno ritenuto sbagliati i calcoli fatti dai magistrati di Trieste, annullato senza rinvio la loro sentenza e revocato l’ordinanza di custodia cautelare.  Ekateryina, la cui storia è stata accostata al suo legale a quella della Shalabayeva (“c’è sempre un marito ricco, al di là delle ragioni politiche”),  deve ringraziare la vituperata prescrizione italiana che, sulla base dei rapporti di estradizione tra Russia e Italia, si è rivelata decisiva. Evitandole forse i pestaggi e le violenze subiti dai suoi avvocati russi durante le agghiaccianti perquisizioni notturne a cui li ha sottoposti la polizia moscovita. (manuela d’alessandro)

Non toccate la prescrizione, baluardo della libertà e del diritto

Nulla di sorprendente, in epoca di “giustizialismo” sfrenato e di populismi demaogici d’accatto (urlare in TV che “i ladri devono andare in galera” e che “gli stupratori meritano che si butti via la chiave” se non il taglio del pene, è opera tanto banale quanto assai pagante in termini di facile consenso), che l’ultima grande crociata dei tifosi delle Procure e degli “erotizzati dalle manette” sia l’assalto alla diligenza della prescrizione, fatta ormai mediaticamente passare come il grande salvacondotto delle tante nefandezze nostrane. E così non passa giorno che qualche tribuno, anche autorevole, non accompagni alla applaudita invettiva di rito anche accorate richieste di eliminazione per “evitare che i delinquenti continuino a farla franca grazie ai cavilli legali di qualche avvocato” e ovviamente, e giustificatamente, di fronte a siffatto tam tam, i non addetti se la bevono, ed ingrossano vieppiù le fila della messa cantata.

Forse non tutti sanno che… titolava anni fa una fortunata rubrica di “La settimana enigmistica” e allora forse sarà bene spiegare a chi non lo sa in cosa realmente consista questa causa di estinzione prevista dal nostro Codice Penale (si badi non di procedura, il che significa che è norma sostanziale, e non di rito) del 1930, all’art. 157. Il principio, di vetusta e onusta tradizione di qualsiasi civiltà giuridica che si rispetti, stabilisce che per mantenere sulla micidiale graticola di un processo penale (solo chi ci è passato può capire quale pena sia essere imputati e doversi difendere in termini di tempi, costi, sofferenze, perdite di relazioni sociali o di opportunità lavorative, irreparabile lesione della reputazione) lo Stato dispone di un tempo predeterminato, oltre al quale non può andare. Il che significa semplicemente che allo Stato non è concesso di procrastinare all’infinito la notevole potestà autoritativa di cui dispone, ossia quella di dichiarare se un cittadino ha davvero commesso o meno il reato che un bel giorno ha deciso di contestargli e stabilire l’entità della punizione effettiva che ciò gli comporterà in termini di privazione della libertà personale. Fin qui, mi immagino, nessuno, neppure tra i più aficionados alla parola condanna troverà nulla da obiettare. Il punto, viene detto, è che quel tempo entro il quale lo Stato deve decidere della vita dei cittadini è troppo breve, mentre i processi sono troppo lunghi e quindi, di fatto, l’attuale prescrizione garantirebbe una inaccettabile quanto diffusa impunità. Continua a leggere

Prescrizione, non sapremo mai se qualcuno sbagliò nella bonifica di Santa Giulia

Non sapremo mai se qualcuno ha sbagliato  nella bonifica dell’area dove è sorto il quartiere Santa Giulia, frutto di un controverso maxi progetto immobiliare che prevedeva di ripulire 1 milione e duecentomila metri quadrati un tempo occupati da Montedison.

Il processo a carico di 11 persone, tra cui l’ex immobiliarista Luigi Zunino, accusate di irregolarità nella gestione di rifiuti, discarica non autorizzate e altri reati ambientali, corre verso la prescrizione dopo essere stato ridimensionato nella accuse più gravi al termine dell’udienza preliminare.

Nell’udienza di stamattina, le difese hanno chiesto al giudice monocratico Giulia Turri di dichiarare prescritte le ipotesi accusatorie in base a una tesi della Cassazione che collocherebbe la consumazione del reato quando c’è stata l’ultima movimentazione di terra, nel 2008. In questo caso, trattandosi di reati che si prescrivono in 5 anni, saremmo già al requiem per un processo cominciato a settembre.  Ribatte l’accusa, rappresentata dal pm Laura Pedio, che la prescrizione andrebbe calcolata dal 20 luglio 2010, giorno in cui la Procura dispose il sequestro di tutta l’area oggetto della bonifica, e quindi il processo ‘sopravviverebbe’ fino al 20 luglio prossimo.

Deciderà lunedì il giudice Turri ma sin d’ora è possibile immaginare la difficoltà di arrivare entro l’estate a una sentenza almeno di primo grado che, se fosse di condanna, consentirebbe perlomeno alle parti civili di ottenere dei risarcimenti.  Condanna tutt’altro che scontata dal momento che questa indagine,  esplosa con 5 arresti nel 2009, tra cui quello dell’ex ‘re delle bonifiche’, poi defunto, Giuseppe Grossi, ha  perso sulla strada  ‘pezzi’ importanti con la decisione del gup di prosciogliere gli imputati dal reato più grave di avvelenamento della falda acquifera. L’ex presidente di Risanamento Zunino e gli altri imputati, tra i quali ex dirigenti del Comune e dell’Arpa, devono difendersi  ‘solo’ in relazione a reati ambientili punibili con sanzione pecuniaria. Quando venne sequestrata l’area l’ipotesi della Procura e del gip era che vi fossero sostanze cancerogene nelle falde e rifiuti pericolosi dove doveva sorgere un asilo. Comunque vada, non sapremo mai con certezza, attraverso una sentenza definitiva, cosa è successo nei giorni in cui si schiantava il sogno del nuovo quartiere verde e chic di Milano.  (manuela d’alessandro)

La prescrizione salva Tronchetti
ma quanto tempo per fissare l’appello

E adesso diranno che la Corte d’appello ha le udienze intasate, che i cancellieri scarseggiano, eccetera eccetera. Tutto vero. Per i cittadini che aspettano giustizia può essere un guaio. Per Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, i tempi lunghi della giustizia milanese si traducono nella certezza di uscire senza danni dalla brutta storia dei dossier illegali raccolti da Telecom quando lui ne era il presidente e a capo della security stava l’ex carabiniere Giuliano Tavaroli. Di tutto quel gigantesco pasticcio, Tronchetti si è trovato alla fine imputato solo per un filone: l’incursione degli hacker di Tavaroli nei computer della agenzia di investigazioni Kroll, che lavorava per i rivali di Telecom Italia nella guerra per il controllo di Tim Brasil.

In primo grado Tronchetti è stato condannato ad un anno di carcere per ricettazione: si sarebbe fatto mandare in busta anonima il dvd con il contenuto dei computer Kroll. Ma il processo d’appello è stato fissato con tempi talmente lunghi da andare verso sicura prescrizione: il ricorso dei legali dell’imprenditore è stato presentato nel novembre dell’anno scorso, ma l’udienza è stata fisssata solo per il 21 ottobre prossimo, quando la prescrizione sarà già scattata da un mese (come riportato oggi da Repubblica). E i giudici, a meno che Tronchetti non rinunci a beneficiarne, non potranno che prenderne atto.

Non è chiarissimo come sia stato possibile che tra ricorso e processo passasse un anno: è vero che la Corte d’appello milanese è carica di lavoro ma in genere per i processi a rischio prescrizione un buco in agenda si trova sempre.

(orsola golgi e oriana lupini)