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“Crimini contro l’ospitalità”, un libro spiega bene perché chiudere i Cie

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“Non è possibile umanizzare una istituzione che porta con sé inscritta la violazione dell’umanità. I Cie vanno chiusi”. In 103 pagine, un po’ reportage dal centro di “accoglienza” di Ponte Galeria, un po’ saggio, Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, spiega perché i Centri di identificazione ed espulsione, isitituiti con una legge che reca il nome dell’attuale capo dello Stato, sono incostituzionali. Scrive la’utrice: “La porta blindata che si chiude sulla libertà dell’immigrato si chiude anche sulla nostra democrazia”.

Perché nei Cie vengono privati di libertà e dignità persone che nessun reato hanno commesso. La loro colpa è essere “clandestini”. “Gli stranieri temporaneamente privi di passaporto o carta di identità diventano illegali. Una contingenza burocratica è assurta così a proprietà costitutiva e dominante di un essere umano. Su questo passaggio illecito e contrario a ogni logica si è fondato il reato di clandestinità” scrive l’autrice.

Nei Cie non ci sono regole, la situazione per molti versi è peggio di quella del carcere. In molti ci finiscono dopo la prigione prima di essere espulsi e dicono: “Stavamo meglio a Rebibbia”. Dal tempo delle rivolte nei Cie è vietato detenere penne. Sono “pericolose”. “Ragioni di sicurezza” è il motivo formale. Le recluse, racconta Di Cesare, “guardano con rispetto la penna che ho in mano”.

L’arresto viene chiamato “detenzione amministrativa”. Chi evade non può essere processato per evasione, ma viene sorvegliato come se fosse un detenuto.

La detenzione colpisce l’essere non l’agire della persona. Nel 1933 Hitler aveva ottenuto il decreto per la protezione del popolo e dello stato, così da internare dietro il filo spinato, senza un regolare processo, chi era considerato una minaccia per il regime. Nel 1905 in Inghilterra venne promulgato l’Alen Act una legge in cui trovava espressione il principio che fosse lecito fermare gli stranieri ai confini e filtrarli. Precedenti inquietanti.

A Ponte Galeria “si mettono a punto le tecniche per smaltire le scorie umane della globalizzazione…. gli immigrati sono considerati rifiuti depositati temporaneamente in vista del riciclaggio. Le scorie, si sa, costituiscono una minaccia, possono inquinare e contaminare”.

I Cie sono discariche legalizzate. Secondo l’autrice “mentre si è andata sviluppando la zooetica giustamente attenta ai diritti degli animali siamo a zoologizzare gli umani”. Gli immigrati sono trattati come bestie o peggio, non hanno diritti, invidiano il gatto randagio che gironzolando si infila tra le inferriate e sparisce.

Il Cie materializza lo stato d’eccezione, “è uno spazio d’eccezione”. Da decenni nel nostro paese viene praticato lo stato d’eccezione senza dichiararlo formalmente, proprio per evitare di tornare alla “normalità”. La Costituzione di fatto è stata revocata in Italia dai tempi della sovversione interna periodo passato alla storia con termini anche tecnicamente sbagliati come “terrorismo” e “anni di piombo”. C’è una Costituzione materiale rafforzata dalle “emergenze” successive, la cosiddetta lotta alla mafia e il manipulitismo.

“No, non siamo innocenti, anzitutto perché non potremo dire in futuro che non sapevamo, che eravamo all’oscuro di tutto” è l’appello dell’autrice “ai miei concittadini”. (frank cimini)

Donatella Di Cesare – Crimini contro l’ospitalità – Vita e violenza nei centri per gli stranieri – Edizioni Il Melangolo – Pagine 103 – 8 euro.

Categoria: carceri, Nera, recensioni