giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Bruti-Robledo, nuova memoria dell’ex aggiunto al consiglio giudiziario

“E’ mio convincimento che i comportamenti del procuratore Bruti abbiano avuto origine dal mio netto rifiuto di recepire indicazioni di corrente da parte sua o di chiunque altro che avrebbero dovuto prevalere sui doveri istituzionali”. E’ uno dei passaggi dell’ultima memoria depositata dall’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo al consiglio giudiziario dove continua la “guerra” con l’ex procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, ora in pensione.

Robledo, nel frattempo trasferito come giudice a Torino, attende la formulazione del parere del Csm locale sul mantenimento dell’incarico di aggiunto che il magistrato potrebbe assumere nel capoluogo piemontese. Robledo sostiene che le deleghe a coordinare le indagini sulla corruzione e in particolare su Expo gli vennero sottratte in modo illegittimo da Bruti il quale utilizzò un provvedimento formalmente organizzativo per risolvere il conflitto interno alla procura.

Nella memoria al consiglio giudiziario Robledo ricorda il parere prima positivo poi modificato in negativo sul suo operato da parte dell’aggiunto Pietro Forno su indicazione di Bruti. Un’altra lamentala dell’ex aggiunto milanese riguarda il fascicolo Sea, “dimenticato” per sei mesi in un cassetto e assegnato al suo dipartimento solo quando era ormai impossibile svolgere indagini in modo appropriato e penetrante. “Bruti mi prospettò un criterio di assegnazione riferito all’interesse di un magistrato che trovai del tutto improprio” aggiunge Robledo che infine torna sul ruolo recitato nella vicenda dal pm Eugenio Fusco.

Fusco fa parte attualmente del consiglio giudiziario e Robledo lo chiama in causa per i rapporti con l’avvocato Domenico Aiello, lo stesso legale che fu all’origine per una serie di sms del suo trasferimento a Torino. “Io ho subìto un procedimento disciplinare, Fusco no” è il succo del ragionamento di Robledo.

Insomma la guerra sembra proprio senza fine. In sostanza il pomo della discordia è costituito dalle indagini mancate su Expo. E lo scontro davanti al Csm locale ha una sua importanza perché la procura generale dopo aver avocato l’inchiesta sulla “piastra” l’appalto più importante dell’esposizione ha chiesto al gip di indagare per altri sei mesi. Il pg Felice Isnardi dunque cerca oltre due anni dopo di rimediare a quella moratoria decisa proprio da Bruti che per questo venne ringraziato due volte dall’allora premier Matteo Renzi. “Senso di responsabilità istituzionale della procura” furono le parole di Renzi. E Robledo si ritiene “vittima” di quella moratoria. Anzi afferma anche nella memoria al consiglio giudiziario che il capo della procura violò i comportamenti istituzionali di un magistrato inquirente. In parole povere anche il termine “istituzionale” può avere interpretazioni diverse. Probabilmente perchè la legge per gli avversari si applica e per gli amici si interpreta. (frank cimini)

 

Il dossier Regeni in mano ad Alfano, il ministro che non vuole il reato di tortura

Per chi ha a cuore i diritti dei cittadini (tutti dovrebbero ma sappiamo che non è così) l’aspetto più raccapricciante della risoluzione della crisi di governo è l’approdo agli Esteri di Angelino Alfano noto alle cronache già per aver agito agli Interni come quinta colonna del regime kazaco in Italia. Nelle mani di Alfano finirà il dossier relativo a Giulio Regeni il ricercatore torturato e ucciso dai servizi segreti di Al Sisi, il dittatore a suo tempo sdoganato da Matteo Renzi come campione di democrazia e lotta al terrorismo.

”Ebbene Alfano è l’esponente politico che più si oppone alla ratifica della convenzione internazionale in attesa da 32 anni che dovrebbe introdurre nel nostro ordinamento la tortura come reato tipico del pubblico ufficiale. Alfano è in “buona compagnia”: la suo fianco ci sono alcuni sindacati di polizia che evidentemente per “lavorare” non possono fare a meno di certe pratiche e il Quirinale che tra Napolitano e Mattarella ha già concesso la grazia a tre agenti della Cia condannati per  il sequestro dell’imam Abu Omar.

Alfano succede a Gentiloni traslocato a palazzo Chigi e che non ha avuto nemmeno il coraggio di dichiarare l’Egitto “paese non sicuro”". Nel frattempo gli affari con il Cairo vanno a gonfie vele, aumentano i voli verso le località turistiche e le autorità egiziane continuano a prendere in giro quelle nostrane che fanno finta di niente. Dopo Gentiloni… Alfano. Al peggio non c’è fine. Mai. Giulio Regeni. Chi era costui?

(frank cimini)