giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Per il gip di Cappato “non c’è il diritto alla morte dignitosa in Italia”

 

In Italia “non esiste il diritto a una morte dignitosa”. Lo scrive il gip di Milano Luigi Gargiulo nel provvedimento con cui ha disposto l’imputazione coatta di Marco Cappato  per l”’aiuto al suicidio’ di Fabiano Antoniani. Un diritto che invece per la Procura andrebbe riconosciuto di fronte a “vite percepite, da chi le vive, indegne, inumane e troppo dolorose per essere sopportate”, come nel caso del 40enne Dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale. Per i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini l’esponente radicale non doveva subire un processo perché avrebbe ‘solo’ aiutato Antoniani a esercitare un proprio diritto.

Perché per il giudice invece non esiste il diritto alla morte dignitosa? Anzitutto, la sua esistenza “incontra un insormontabile ostacolo nell’assenza di una previsione normativa che facoltizzi questa scelta”. E un giudice non può trsformarsi in legislatore “perché introddurebbe nell’ordinamento un diritto inedito e, soprattutto, ne filtrerebbe l’esercizio, limitandosi ai casi in cui sussistano tali requisiti, peraltro meritevoli di una formulazione generale, astratta e rispetttosa del canone di precisione che una simile materia richiede”.

E nemmeno arrivare a questo diritto è possibile, come hanno fatto i pm, rivolgendosi ai principi costituzionali e alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

In assenza di “un quadro normativo preciso”, scrive Gargiulo, “ammettendo il diritto a una morte dignitosa (per mano propria, previa altrui agevolazione o direttamente per mano altrui) per coloro che percepiscono la loro esistenza come troppo dolorosa” ci sarebbe  “il rischio assai concreto di un eccessivo, incontrollato accesso a tale opzione: si pensi ai casi di persone che percepiscono l’indegnità della propria vita a causa di patologie depressive, il cui giudizio sulla propria esistenza è pesantemente inficiato da tale condizione”.

Neppure le vicende di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro possono spingere a ipotizzare il diritto alla morte dignitosa.  “Nel contesto attuale – ammette il giudice -  esiste certamente un diritto a lasciarsi morire  per mezzo del rifiuto del trattamento sanitario (articoli 13 e 32 cost.)” ma in questi casi la morte arriva “non già per l’apporto di un elemento esterno ma per la naturale evoluzione delle patologie resa possibile dall’interruzione dei dispositivi che consentivano la protrazione dell’esistenza”.

Infine, anche il disegno di legge sul fine vita in discussione alla Camera “manterrebbe impregiudicata la piena responsabilità penale per chi agevolasse o istigasse l’altrui suicidio”. Insomma, per il giudice in questo momento non c’è nessuna strada percorribile per sancire il diritto a una morte dignitosa e Cappato va processato davanti a una corte d’Assise per un reato che prevede pene da 5 a 12 anni.  (manuela d’alessandro)

Imputazione coatta Cappato

Fondi Expo, l’Anac allarga le indagini a 25 appalti e manda al Comune le conclusioni

L’Anac di Raffaele Cantone allunga il tiro sui fondi Expo per la giustizia milanese.Con le ‘comunicazioni delle risultanze istruttorie’ inviate oggi al Comune aumenta il numero delle gare sospette – da 18 a 25 per un valore di 10 milioni – e arricchisce di nuovi dettagli quanto scritto nell’esposto denuncia finito anche in Procura, in Cassazione e alla Corte dei Conti.

Nell’atto di contestazione, inviato per conoscenza anche al Ministero della Giustizia, viene evidenziato come il Comune, quale stazione appaltante, non avrebbe effettuato indagini di mercato per la ricerca di fornitori che potessero consentire di risparmiare soldi pubblici e avrebbe chiuso gli occhi dinnanzi a potenziali conflitti di interessi e alla partecipazione ai ‘tavoli di lavoro’ di persone che non vi avevano titolo.

Le procedure di evidenza pubblica, come scrivevamo su  questo blog tre anni fa, sono state evitate senza quelle adeguate motivazioni che la legge prevede per consentire l’affidamento diretto anche sopra i 40mila euro. Il procedimento amministrativo di Anac sul Comune si chiuderà entro sei mesi e Palazzo Marino dovrà far pervenire le proprie deduzioni entro 30 giorni. Diversi gli epiloghi possibili, da una delibera pubblica all’invio delle carte ad altri organi inquirenti. Insomma, Cantone sembra fare sul serio, e la Procura? Dopo l’inedita auto – assegnazione del fascicolo da parte del procuratore capo Francesco Greco e del vice Giulia Perrotti, nulla per ora si è mosso, perlomeno in modo visibile. L’inchiesta è a carico di ignoti e il reato è turbativa d’asta. Il  presidente del Tribunale Roberto Bichi, uscito  da una riunione straordinaria coi giudici, aveva scaricato sul Comune come stazione appaltante. Ma alcuni funzionari di Palazzo Marino che scelgono l’anonimato, da noi incontrati nei giorni scorsi, sostengono di avere “eseguito gli ordini” che provenivano dai magistrati. E la sensazione è che, se accerchiati, potrebbero decidere di raccontare la loro versione.

(manuela d’alessandro)

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“Scusi, sa dove si trova la settima sezione penale?”

Per anni della nuova segnaletica del Tribunale di Milano prevista in uno degli appalti coi fondi Expo per la giustizia non si è saputo nulla. Poi, vedi il caso, poco dopo l’esposto – denuncia di Anac, un’improvvisa primavera della burocrazia ha fatto spuntare in ogni dove cartelli, totem, targhe.

Un delirio cartografico con effetti esilaranti. Aule indicate più volte in modo ossessivo, la scritta ‘Samp’ (Sezione Autonoma Misure di Prevenzione) sulla porta dell’interistissimo giudice Fabio Roia, erroracci sui nomi dei magistrati (Nunzia Ciaravolo trasformata in Ciaravola). E ancora: procuratori generali in pensione da mesi (Carmen Manfredda, ma anche altri) onorati di una targa nuova di zecca, sigle messe senza logica (CR per Corte d’Appello, TR per Tribunale Ordinario e molto altro), cancellieri a cui è toccata una doppia targa su due piani diversi del Palazzo.

Va bene, abbiamo capito che li avete spesi questi soldi piovuti da Expo. E anche dove si trova la settima sezione penale.

(manuela d’alessandro)

Atti sulla Piastra, “il verbale truccato da Sala addirittura a casa sua”

Quello che potete vedere qui è uno dei 3 verbali che, secondo la Procura Generale di Milano, sono stati falsificati da Beppe Sala per salvare la gara della Piastra di Expo, un appalto da 272 milioni di euro per preparare la base dell’Esposizione.

Il documento spunta dai 6 faldoni di migliaia di pagine depositati con la chiusura delle indagini a carico tra gli altri  del sindaco di Milano, accusato di falso ideologico e materiale, proprio in relazione ai documenti sulla gara,  e turbativa d’asta per la procedura sulla fornitura di 6mila alberi da piantare tra i padiglioni.

E’ stato preso dalla Guardia di Finanza negli uffici della società in liquidazione il 17 marzo scorso su disposizione del pg Felice Isnardi che ha riacceso l’inchiesta in precedenza archiviata dalla Procura al culmine del violento scontro tra l’allora capo Edmondo Bruti e il suo vice Alfredo Robledo.  Nell’informativa finale delle Fiamme Gialle datata 12 aprile, viene riportata anche un’intercettazione dalla quale si desume che l’allora vertice di Expo avrebbe “addirittura” (i finanzieri sembrano stupirsi per il luogo poco istituzionale, anche per compiere un presunto reato) truccato i verbali nella sua abitazione di Brera. “Adesso Daniela li porta a casa dell’ad e domattina li porta in Bovisa (ndr, sede degli uffici della società)”.  Ecco come, in una telefonata intercettata del 31 maggio 2012, l’allora project manager per Expo, Simona Micheletto, parlando con Angelo Paris, anche lui ex manager Expo poi finito agli arresti in un’a ltraindagine, parlava, scrive la Gdf, della “nuova versione corretta dei verbali” sulla commissione giudicatrice della gara per la Piastra dei Servizi. Gli investigatori parlano di “condotte dai tratti marcatamente artificiosi finalizzate ad ovviare ad inequivocabili criticità sorte a margine della prima seduta pubblica della Commissione Giudicatrice”.

Dopo avere scoperto che due commissari erano incompatibili, già nella prima seduta della Commissione, Sala avrebbe siglato tre atti che annullavano i precedenti aggiungendo due commissari supplenti. Li avrebbe firmati a casa sua il 31 maggio 2012, ma la data sugli atti è del 17 maggio.

Tanti gli atti d’indagine nuovi sull’altra accusa a Sala, quella di avere stralciato la gara sugli alberi di Expo dall’appalto principale della Piastra nonostante il “parere contrario” di altri manager “preoccupati delle possibili conseguenze sulla tenuta e sulla regolarità del bando”.

Colpisce lo sguardo d’insieme su quello che è stato Expo dei finanzieri in un’altra recente informativa. “Rispetto ai plurimi argomenti trattati è stato rilevato quale fattore comune, e spesso distintivo, il ricorso ad alterazione e adeguamenti di procedura ad evidenza pubblica variamente, e a volte in modo inconciliabile, posti in essere da soggetti con ruoli di rilievo pubblico (…). Le condotte hanno determinato indubbi risvolti di natura economico – patrimoniale che, in questo caso, spesso hanno a loro volta innescato ricadute sui valori di finanza pubblica correlati all’esposizione”. (manuela d’alessandro)