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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Moro, le bufale senza fine. Domenica su Report

“Aldo Moro non può essere stato ucciso in via Montalcini e poi portato in via Caetani”. Questo dice Ilaria Moroni, direttrice dell’archivio Flamigni, nella puntata di Report che andrà in onda domenica prossima 7 gennaio di cui è stato anticipato il contenuto in un trailer che riguarda la presentazione del libro scritto dall’ex ministro Vincenzo Scotti e dall’economista Romano Benini sulla politica di Aldo Moro.

”Sorvegliata speciale” è il titolo. “Le reti di collegamento della Prima Repubblica” il sottotitolo del pomo che racconta l’avversione degli Stati Uniti e soprattutto di Henry Kissinger per la politica di Moro. Scotti spiega che il segretario di Stato americano era nettamente contrario a che Moro assumesse responsabilità specialmente in relazione a Israele e Medio Oriente. Cose trite e ritrite sulle quali si discute da ormai mezzo secolo ma che servono per riproporre tutta la dietrologia possibile e immaginabile sulla strage di Via Fani e sul caso Moro.

Le perizie che dimostrerebbero che Moro non fu ucciso in via Montalcini di cui parla Ilaria Moroni non esistono, non hanno nulla da spartire con gli atti di ben cinque processi. Ma la dietrologia non finisce mai, le bufale continuano.

E per la fondazione Flamigni, dal nome dell’ex senatore Sergio Flamigni che fu l’antesignano dei misteri inesistenti, le bufale sul caso Moro si sono rivelate da sempre un affare a causa della consistente mole di finanziamenti pubblici dal ministero della Cultura.

40 mila euro il 9 gennaio del 2019, 38 mila euro il 15 aprile, 2000 euro il 15 ottobre. Vanno aggiunti 40 mila euro il 20 maggio dall’istituto centrale per gli archivi, 3491 euro il 7 agosto dall’Agenzia delle Entrate. Dal ministero 49.157 euro il 22 giugno, 8300 euro il 29 dicembre. Poi ancora altri soldi successivamente.

Per carità tutto regolare, tutto secondo la legge. Il primo febbraio del 2021 l’archivio viene trasferito presso lo spazio Memo per gentile concessione della Regione Lazio con visita e complimenti del governatore Zingaretti.

Dietrologia e complottismo vengono incoraggiati. Ogni 16 marzo ogni 9 maggio a dire che bisogna cercare la verità è per primo il Presidente della Repubblica e del Csm a discapito dei processi dive sono state escluse responsabilità diverse da quelle delle Brigate Rosse.

Si tratta di esiti processuali ignorati dalle commissioni parlamentari e dalla procura di Roma che continuano la caccia alle streghe. Tra gli intervistati da Report c’è l’ex procuratore generale Luigi Ciampoli che si vanta di aver indagato lo psichiatra Steve Pieczenik inviato in Italia dal dipartimento di Stato Usa . L’accusa era di concorso nell’omicidio Moro. Non si sa che fine abbia fatto. Adesso c’è il pm Eugenio Albamonte a continuare la caccia e non ha ancora deciso cosa fare dell’inchiesta chiusa da tempo sul ricercatore indipendente Paolo Persichetti, che il gip aveva definito “indagine senza reato e chissà mai se ci sarà”.

La sensazione è che questa dietrologia, nel paese dove la Cassazione ha appena accusato il centro sociale Askatasuna di “pensare alla lotta armata”, serva non tanto per il passato quanto per governare oggi agitando un fantasma che con la realtà attuale c’entra zero.
(frank cimini)

Come sarebbe stata la cronaca del caso Verdini senza l’ordinanza cautelare

 

L’inchiesta sulle commesse di Anas della Procura di Roma che coinvolge anche Tommaso Verdini è l’occasione per riflettere su cosa potrebbe accadere se in un caso come questo fosse in vigore la norma che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare.

La legge Cartabia impone che a dare la notizia degli arresti potrebbe essere solo il procuratore capo o la forza di polizia che ha operato da lui delegata e comunque solo e soltanto entro i limiti da lui stabiliti. Altre fonti che dovessero spingersi a spiegare qualche dettaglio ai giornalisti, cosa che – è bene essere onesti – spesso accade soprattutto nelle procure più grandi -, le metterebbe a rischio di un procedimento disciplinare con possibili effetti sulla carriera. C’è più democrazia quando una sola fonte, per di più parte inquirente o investigativa, decide cos’è una notizia e come diffonderla o lo decidono più fonti?  In ogni caso la divulgazione degli arresti o altro avverrebbe, sempre sulla base dei limiti stabiliti dall’ex ministra della Giustizia, solo se il capo della Procura, col suo monopolio di per sé già discutibile, considerasse rilevante e di interesse pubblico la vicenda.

Qui non parrebbero esserci dubbi che lo sia trattandosi di Anas e di una storia che lambisce la politica, il che garantirebbe almeno un comunicato, non è detto pure una conferenza stampa. Ci sono stati casi di un certo clamore per i quali i procuratori non hanno ritenuto opportuno un confronto coi giornalisti, si pensi all’inchiesta sull’omicidio di Giulia Cecchettin, che pure ha smosso le piazze di tutta Italia, è entrata nelle scuole, nei palazzi della politica e in tutte le case, ma durante la quale la Procura di Venezia, a parte qualche informazione iniziale, ha mantenuto un riserbo assoluto.

Immaginiamo però che nel caso Verdini il procuratore sia di manica larga: comunicato, conferenza stampa e poi anche una spiegazione dell’ordinanza. Restiamo al nostro caso Anas, un contesto complesso in cui vengono ipotizzati appalti, episodi di turbativa d’asta, di corruzione, in uno scenario molto ‘italiano’ in cui agiscono esponenti politici, vertici di società di Stato, funzionari di alto livello, “marescialli che presidiano il fortino”, espressione presa in prestito dalle intercettazioni. Un mondo molto variegato.

E’ immaginabile rendere un buon servizio all’informazione e delineare con precisione il ruolo di arrestati-indagati-né arrestati, né indagati senza esercitare il rigore e la precisione che solo l’apri e chiudi virgolette di un testo possono garantire?. Il tema riguarda, ribadiamolo perché questo è centrale, sia la completezza e l’equilibrio nell’esercizio del diritto di cronaca sia la tutela delle persone coinvolte. Senza un testo di riferimento, i media potrebbero offrire al lettore o all’ascoltatore una parafrasi dell’ordinanza di parte senza che ci sia un riscontro oggettivo qual è quello di un testo messo a disposizione di tutti.

Conosciamo l’obiezione: i giornalisti danno comunque una lettura di parte, si soffermano solo sul gossip, evidenziano episodi che nulla hanno a che vedere col reato, rovinano la vita di innocenti. Ma questo non dipende in alcun modo dalla legge bensì da una scarsa onestà intellettuale, da una conoscenza approssimativa di come vada raccontata la cronaca giudiziaria in linea anche con la Costituzione, da quanto di ‘decorativo’ se non di cattivo gusto viene inserito dai magistrati, vedi le ‘classiche’ conversazioni sulle infedeltà di coppia, da prassi poco edificanti. Un esempio: ho lavorato molti anni per l’agenzia di stampa Reuters, una delle più autorevoli del globo. Nel momento in cui si scopre che una persona è indagata l’obbiettivo non è ‘bruciare’ gli altri e scrivere il nome il prima possibile ma contattare al volo un suo legale per il diritto di replica. Altrimenti la breaking news non viene diffusa.

In ogni caso, un modo per riparare ai danni provocati da una cattiva cronaca giudiziaria, senza attenzione per la presunzione d’innocenza come purtroppo spesso accade e per la diversità di ruoli che hanno le persone citate, come in questo caso il sottosegretario leghiste Freni che non è indagato, il che ovviamente non lo sottrae a un giudizio ‘politico’ da parte del cittadino, resterebbe proprio quello di avere un testo in mano. Così come per controllare se la magistratura non abbia disposto provvedimenti di limitazione della libertà arbitrari o fumosi, un’evenienza non così rara.

La conoscenza e la divulgazione dell’ordinanza di custodia cautelare in un Paese dove i cronisti giudiziari e i magistrati esercitassero alla perfezione la loro professione non servirebbe. In Italia spesso è un’ancora di libertà e democrazia a cui attaccarsi per non affondare, perlomeno in attesa di una stampa e di una giustizia migliori. (manuela d’alessandro)

Alcolici e vetro di Capodanno Beppe Sala sindaco sceriffo

Ormai in nome della sicurezza, in omaggio a “law and order” si può vietare tutto o quasi, persino quello che si può comprare e consumare in determinate occasioni. L’ultimo giorno dell’anno in vista della notte di San Silvestro è l’esempio per fotografare una filosofia di governo e non ci sono differenza tra il livello nazionale e quello locale.

A Milano sarà in vigore dalle ore 18 di domani 31 dicembre fino alle otto 8 di lunedì primo gennaio il divieto di di vendere distribuire o somministrare, anche gratuitamente, bevande in bottiglie e contenitori di vetro e lattine anche per asporto e bevande superalcoliche.

L’ordinanza sindacale, firmata dal primo cittadino Giuseppe Sala, si rivolge a esercizi di vicinato, supermercati, attività commerciali, artigiani, pubblici esercizi, distributori automatici, commercio ambulante o con posto fisso e street food, presenti nell’are delimitata dalla circolazione del filobus 90/91 quindi ben oltre il,centro storico.

La mescita o la vendita delle bevande ‘alla spina’ sarà consentita solo in contenitori di carta o di plastica, mentre la consumazione in vetro sarà autorizzata solo per il servizio al tavolo all’interno dei locali.

Abbiamo riportato nel dettaglio l’ordinanza sindacale emessa da un politico che a parole si dice da sempre molto attento ai diritti che qui vengono letteralmente violati nel timore di rosse a bottigliate favorite da eccessivo ingerimento di alcolici.

E quindi via ai divieti che comunque potranno essere aggirati facilmente dai “malintenzionati” prove dei a rifornirsi anche nei supermercati prima delle fatidiche ore 18 o pure dopo fuori dalla citata “area delimitata”.

Non è la prima volta che accade. Ricordo che durante i mondiali di calcio di Italia 90 si arrivò al punto di vietare di ristoranti che la bottiglia di vino restasse sul tavolo durante il pranzo o la cena. Era l’oste o il cameriere a riempire i bicchieri volta per volta occultando la bottiglia alla vista e alla disponibilità dei clienti fino al prossimo giro di mescita.

Insomma ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. I cittadini vengono trattati peggio che da sudditi. In modo aprioristico come persone non in grado di controllarsi. Ovviamente a colpi di divieti. Il sindaco di Caserta Carlo Marino anche lui del Pd ha dimostrato di non essere da meno. Stessa ordinanza.
(frank cimini)

Cospito, giudici sbloccano lettera in inglese nessun rischio

I giudici del Tribunale di Torino hanno accolto il reclamo di Alfredo Cospito contro la decisione della corte di assise di appello che aveva bloccato una lettera in inglese con un disegno a penna raffigurante diverse persone che parlavano tra loro.
“Pur emergendo che il redattore della lettera appartiene a ambienti anarchici – scrivono i giudici- traspare che questi si limita a informarsi delle condizioni di salute di Cospito augurandosi che siano buone, a deprecare che sia stato sottoposto al regime del 41bis e a manifestargli solidarietà per il lungo sciopero della fame che aveva intrapreso”.
“Non constano elementi concreti che la missiva e il disegno possano contenere messaggi criptici suscettibili di pregiudicare le indagini di incentivare la commissione di reati o di mettere a repentaglio la sicurezza e l’ordine dell’istituto penitenziario”.
Alfredo Cospito è detenuto nel carcere di Sassari Bancali ed è in attesa che venga fissata l’udienza al Tribunale di Roma per discutere il ricorso contro l’applicazione del 41bis.

“Idea” della Cassazione: Askatasuna uguale lotta armata

La Cassazione interpreta, diciamo così, il pensiero dei militanti del centro sociale torinese Askatasuna e confermando le misure cautelari decise prima dal gip poi dal Riesame in un processo per associazione per delinquere e scontri con le forze dell’ordine dice che alcuni imputati “coltivano propositi di lotta armata”.

Nemmeno i pm erano arrivati a tanto, la Cassazione si. I magistrati dell’accusa avevano parlato di iniziative violente ma mai di azioni o attentati diretti contro singole personalità dello Stato o istituzioni. Si trattava di decidere sul ricorso di due imputati contro la misura dell’obbligo cautelare di presentazione alla polizia giudiziaria.

La tesi della Suprema Corte è che un gruppo ristretto di attivisti stia portando avanti “un piano criminoso” con attacchi ai cantieri dell’alta velocità, lanci di petardi, artifici pirotecnici a mo’ di armi. La Cassazione parla di lotta armata. “Secondo quanto emerso da intercettazioni e dalla di disamina degli atti letti in chiave cronologica detta finalità si identifica nello lotta armata mediante la preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine”.

Dice Claudio Novaro uno degli avvocati difensori: “In tutto il processo non si parla di lotta armata, non si capisce come la Cassazione sia potuta arrivare a tale argomento. La Cassazione è giudice di legittimità e non di merito. Io avevo proposto 130 pagine di motivazione criticando le scelta del Tribunale sulle misure cautelari. La Cassazione sul punto non dice niente e se ne viene fuori con una invenzione di sana pianta su un argomento non al centro del processo”.

Il processo che riprenderà a settembre riguarda 26 attivisti alcuni dei quali rispondono di associazione per delinquere. La motivazione della Cassazione sulle misure cautelari, nel caso due e nemmeno relative alla custodia in carcere, alzando il tiro in modo quantomeno spropositato tende chiaramente a influenzare i giudici del processo in corso a condizionarne quella che sarà la decisione finale.

A parlare di terrorismo in relazione alle lotte dei NoTav ricordiamo ci aveva già provato la procura di Torino (teorema Caselli) in relazione al compressore bruciacchiato del cantiere di Chiomonte riportando brucianti sconfitte sia a livello di misure cautelari sia a livello di sentenza di merito soprattutto in Cassazione.
Adesso invece è la Cassazione a voler vedere a tutti i costi propositi di lotta armata senza fare alcun riferimento a pezze di appoggio per una accusa così pesante. Insomma pare siano proprio gli ermellini ad avere nostalgia degli anni ‘70 a cercare di creare un clima che rispetto alla realtà attuale dello scontro sociale sembra assurdo e irreale.
(frank cimini)