giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Non manca nulla, pure il pizzo di Stato sui detenuti

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari annuncia che sarà costituito un fondo per le vittime dei reati da alimentare con una piccola parte degli stipendi dei detenuti che lavorano. “Credo che sia un bel segnale che chi con i propri comportamenti ha offeso la collettività violando la legge contribuisca risarcire in qualche modo chi da quel comportamento è rimasto offeso” aggiunge Ostellari dopo aver premesso che i fatti questi giorni, ovvero i tre suicidi “ci impongono una riflessione sul futuro del sistema carcerario che a mio avviso non può prescindere da due parole chiave, regole e diritti”.

Insomna a fronte di reclusi che scelgono di togliersi la vita perché non reggono un sistema pentitenziario e condizioni di detenzione a dir poco inique a pagare il conto deve essere la popolazione carceraria che lavora. Siamo a una sorta di pizzo di Stato sugli ultimi, nella Repubblica del vittimario anche se Ostellari bontà sua ammette che il 98 per cento dei reclusi che lavorano poi una volta fuori non rientra nel circuito criminale. E di conseguenza, stando al ragionamento dell’”illuminato” sottosegretario alla Giustizia questi detenuti devono pagare un prezzo ulteriore accettando di buon grado la decurtazione del salario. Vale a dire di essere ulteriormente sfruttati. E devono dire grazie a chi li sfrutta a cominciare dalle imprese che assumendo detenuti hanno diritto a forti sgravi fiscali.

”Più lavoro, più attività di rieducazione, ma niente sconti per chi crea disordini e mette in pericolo l’incolumita’ del personale e del resto della popolazione detenuta” continua il ragionamento. Non conta niente invece il fatto che spesso gli agenti di polizia penitenziaria accusati di aver picchiato e torturato i reclusi nel corso delle rivolte o anche in assenza di eventi di questo tipo dopo un po’ di tempo vengono reintegrati in servizio e rimessi addirittura nella stessa struttura dove avevano operato in precedenza.
(frank cimini)

Pista anarchica eterna solidarietà a Cospito è reato grave

Per Alfredo Cospito non basta la tortura del 41bis fino al divieto di tenere in cella le foto dei genitori defunti. Cospito continua ad essere processato un po’ ovunque. Per stare agli ultimi giorni tra Perugia, Genova, Firenze e Carrara con misure cautelari destinate a chi lo ha sostenuto perché come scrive il giudice delle indagini preliminari del capoluogo ligure inneggiare a Cospito è un reato.

Il circolo culturale anarchico “GogliardoFiaschi” di Carrara in un comunicato parla di una decina di misure che la procura di Genova aveva chiesto come custodia in carcere e che il giudice ha trasformato in quattro arresti domiciliari, cinque obblighi di dimora. In cella a La Spezia è finito solo un indagato perché viveva in una casa occupata.

Associazione sovversiva con finalità di terrorismo, istigazione a delinquere. Tutto ruota intorno al quindicinalea Sergio “Bezmotivny” peraltro già chiuso per articoli a partire dal 2020 che avrebbero offeso l’onore e il prestigio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nel dicembre scorso il circolo di Carrara aveva manifestato solidarietà a Cospito postando sul proprio profilo Facebook la foto di un intervento dell’anarchico detenuto a Sassari Bancali risalente addirittura al 1990 durante l’occupazione di un teatro cittadino.

il nome del quindicinale, ritenuto dai magistrati stampa clandestina, richiama la vicenda degli anarchici del primo novecento in Russia contro il regime zarista. Il circolo è da tempo attivo con iniziative di tipo culturale e letterario con temi che riguardano lavoro ambientale e ecologia. Gogliardo Fiaschi era un partigiano deceduto nel 2000 che tredicenne aveva preso parte al,a Resistenza sulle Alpi Apuane nella formazione anarchica “Gino Lucetti”.

Computer cellulari e materiale di area tra cui manifesti contro Marta Cartabia sono stati sequestrati dalla Digos. Sotto accusa addirittura “due casi di proselitismo nei confronti di minorenni”.

Il gip nell’ordinanza dice che anche il giudizio sulla personalità degli imputati conferma il fortissimo pericolo di reiterazione dei reati e prosegue addebitando “la reattività contro qualsiasi imposizione proveniente dallo Stato identificato come il nemico principale”. Poi c’è “l’adesione convinta alla pratica anarchica fino a farne una ragione essenziale di vita”.

Insomma dalla lettura dell’ordinanza emerge chiaramente che il problema è politico. “E’ l’ennesimo tentativo di dimostrare l’esistenza di una associazione con finalità di eversione, tutti tentativi già falliti in passato, peraltro in questo caso relativa a mere pubblicazioni e nessun atto concreto da parte degli indagati – dicono gli avvocati Fabio Sommovigo, Marta Magnanini e George Botti – Si tratta di scritti che si suppongono istigatori o apologetici e quindi di un ambito strettamente connesso all’espressione della libertà di pensiero”

E aggiungono i i legali: “2 anni di indagini con due fascicoli aperti pedinamenti e intercettazioni dimostrano che oltre a scrivere gli indagati null’altro hanno fatto e soprattutto che non vi è stata alcuna condotta loro attribuibile concretamente offensiva per persone o cose”

(frank cimini)

41bis Pensare l’impensabile tentare l’impossibile. Un libro

Pensare l’impensabile tentare l’impossibile” è il titolo di un lavoro di 73 pagine (10 euro Edizioni Colibrì’) a cura dell’Archivio Primo Moroni, Calusca City Lights e Csoa Cox 18 che sintetizza un dibattito avvenuto a Milano nei mesi scorsi e va oltre aggiornando il caso di Alfredo Cospito e del 41bis del quale viene messa in discussione la definizione di carcere duro perché significherebbe pensare che possa esistere un carcere leggero.

Insomma il problema è il carcere. “Pensare l’impensabie, tentare l’impossibile” è una frase di Alfredo Cospito riferita da uno dei suoi legali Maria Teresa Pintus. “Il 41bis è una misura di pressione non una condanna come si sente dire nei talk show e pure nei telegiornali. La condanna la infligge il giudice il 41bis no – sostiene Pintus- La sottoscrizione avviene a firma del ministro della Giustizia, quindi dell’esecutivo. Se da un punto di vista tecnico è un errore da un punto di vista popolare il 41bis invece resta effettivamente una condanna di cui è molto difficile ottenere la revoca. Il 41bis diventa un marchio. L’unico giudice competente a revocarlo è nel nostro paese il Tribunale di Sorveglianza di Roma che si configura come un tribunale speciale”.

E non è vero che il 41bis viene applicato solo a chi ha l’ergastolo ostativo. Tra i destinatari anche reclusi in attesa di giudizio.

Charlie Bernao parla del collegamento fortissimo tra guerra è populismo penale, attività interna di repressione di punizione e di uso della tortura. “I giuristi creano a tavolino il diritto penale del nemico e contro il nemico si creano i presupposti per utilizzare la tortura che sarebbe vietata dalle convenzioni internazionali. Gli psichiatri e gli psicologi ci dicono che l’effetto dell’isolamento sulle funzioni cerebrali del prigioniero è molto simile a ciò che succede quando un uomo viene picchiato affamato o privato del sonno”.

Insomma il 41bis è una forma aggiornata e particolarmente disumana di tortura.

Elton Kalica parla di “carcere di annientamento” oltre che di tortura. Kalica che è stato detenuto in regime di alta sicurezza racconta che “ti contavano i calzini le mutande i pantaloni le magliette e soprattutto i libri. Al 41bis sono morti gran parte dei membri di Cosa Nostra e altri ormai in età avanzata moriranno nei prossimi anni. Poi si cercherà altra gente a mettere al 41bis o si deciderà di chiuderlo? “A mio avviso – conclude Kalica – il fatto di averlo reso permanente attesta l’intenzione di perpetuarlo. Magari mi sbaglio ma voi non contateci”.

”In tanti vogliono il morto ma nessuno si assume la responsabilità di vestire i danni del boia – dice Anna Beniamino coimputata di Cospito nel processo per i pacchi bomba di Fossano – in compenso sono tanti i becchìni pronti per preparare la fossa all’anarchico, un balletto sguaiato intorno a una forca. La lotta di un anarchico in sciopero della fame ha spezzato la narrazione imperante nonostante il ridicolo tentativo di dipingerlo colluso con i mafiosi”.

L’avvocato Flavio Rossi Albertini ricorda che quando Cospito ha deciso di interrompere lo sciopero della fame ha ringraziato tutti e tutte coloro che hanno reso possibile “questa tenace quanto inusuale forma di protesta”.

Considerazione finale inevitabile. Di questo lavoro sarebbe stato orgoglioso, e lo dimostra la partecipazione all’iniziativa dell’Archivio, il Maestro Primo Moroni che aveva dedicato molti anni della sua vita alla battaglia contro il carcere e l’articolo 90 il padre del 41bis all’inizio dell’infinita emergenza italiana. Infinita e infatti siamo ancora qui.

(frank cimini)

Al 41bis più facile avere ventilatore e gamberoni che libri

Ristretti al 41bis è più facile avere il ventilatore e i gamberoni piuttosto che un paio di libri chiesti più di un mese fa. È la considerazione che fa l’avvocato Flavio Rossi Albertini difensore delL’anarchico Alfredo Cospito detenuto nel carcere di Sassari Bancali commentando la vita quotidiana del suo assistito.
Niente di nuovo sotto il sole per giunta visto a scacchi nelle due ore d’aria concesse dall’articolo del regolamento penitenziario relativo al carcere duro.
Del resto se sono considerate pericolose le foto dei genitori defunti prima negate poi concesse e quindi di nuovo tolte figuriamoci i libri. Sono le “regole” della tortura legalizzata avviata nel caso di Cospito dal maggio del 2022 dalla falsa garantista Marta Cartabia e confermate dal suo successore Carlo Nordio altro liberale a parole che all’istanza di revoca del 41bis non si è degnato di rispondere delegando di fatto la decisione al Tribunale di Sorveglianza di Roma giudice unico in Italia con il compito di decidere sui reclami dei sepolti vivi. Forse accadrà in autunno quando anche il Tribunale circondariale di Torino farà la sua scelta in merito alle foto “incriminate”.
(frank cimini)

“Nostro figlio bocciato in prima liceo ed espulso dal sistema scolastico pubblico”

Per i ragazzini comaschi bocciati in prima, alle superiori, trovare posto in scuole pubbliche è difficile, se non impossibile. Ci sono problemi di spazi, capienza, orientamento. Lo denunciano i genitori, lo confermano i presidi.

“Non accettiamo ripetenti esterni”

Le scuole superiori pubbliche comasche (tutte quelle contattate, con un solo distinguo) in questo periodo dell’anno non accettano l’iscrizione di studenti bocciati in prima in altri istituti del territorio. Al momento non ci sono posti liberi per chi è inciampato e si è fermato all’inizio del percorso, i ripetenti, come in molti continuano a chiamarli.  Le famiglie devono ripiegare su scuole parificate e private, se possono permettersele e sempre che propongano indirizzi formativi adatti. Oppure a settembre saranno costrette a tenere i figli a casa, salvo colpi di scena, arrendendosi ad uno Stato che non garantisce a tutti il diritto all’istruzione e sottraendoli ad un obbligo di legge.

Bocciato allo Scientifico, rifiutato da altre scuole

Una di queste storie sbagliate (e riscontrate) riguarda il presente e il futuro di Alex (nome inventato, per tutelare il minore). L’adolescente, 15 anni e mezzo, ha frequentato il primo anno del liceo scientifico “Paolo Giovio” di Como. A giugno non è stato promosso. Il padre e la madre non ne hanno fatto un dramma, ma una occasione di crescita.  «L’esperienza è servita – dice papà – per capire che non è portato per matematica e fisica, con deficit che condizionano l’intero rendimento complessivo. Sembra invece predisposto per le materie umanistiche.  Avevamo pensato di mandarlo al liceo pubblico “Teresa Ciceri”, che ha l’indirizzo in scienze umane, la scelta più consona. Impossibile. In segreteria ci hanno ripetuto che non ci sono posti disponibili e che sarebbe stato inutile formalizzare la richiesta di iscrizione. Non ci hanno nemmeno dato i moduli da compilare».

Tutto esaurito negli istituti interpellati

Tutto esaurito anche alla seconda tappa del giro delle sette chiese, l’istituto tecnico economico “Caio Plinio Secondo”. Lo stesso al selettivo liceo classico “Alessandro Volta”. Idem nelle altre superiori statali contattate, distribuite tra il capoluogo lariano e i comuni più vicini. «Nessuna ci ha dato la disponibilità ad accogliere Alex. Non abbiamo chiesto in comuni più lontani – dice sempre il padre di Alex – perché sarebbero scomodi da raggiungere con i mezzi pubblici, in autonomia». E comunque pure al Jean Monnet di “Mariano Comense”, non proprio dietro l’angolo, le porte sono sprangate per i bocciati di prima provenienti da altri plessi.

Uno spiraglio a Cantù, ma non per tutti

Al liceo scientifico “Enrico Fermi” di Cantù, fuori dal radar di Alex, lo sbarramento potrebbe solo essere posticipato. In segreteria recepiscono richieste inviate per email, purché motivate. Però mettono le mani avanti. «Sapremo più avanti se ci saranno posti liberi. Ad oggi non siamo in grado di dire se e quanti ripetenti esterni riusciranno ad entrare».

L’autodifesa dei dirigenti scolastici con il tutto esaurito

Il dirigente scolastico del liceo statale “Teresa Ciceri”, Vincenzo Iaia, non si sottrae alle domande e racconta la situazione del suo istituto. «Già a gennaio siamo stati costretti a respingere 70 domande ordinarie per la prima classe. Adesso non siamo in grado di prendere i bocciati esterni di giugno». Non è discriminazione, assicura. E non sarebbe neppure questione di “merito”, termine aggiunto alla dicitura del ministero dal governo Meloni. «La ragione dell’impossibilità di accettare chi non ha superato il primo anno – argomenta Iaia – sta in un limite oggettivo, una variabile: la capienza. Il numero massimo di ragazzi e ragazze che possiamo tenere è legato agli spazi disponibili, insufficienti per accogliere tutti i potenziali interessati. Mancano aule. Nel 2022-2023 avevamo sistemato una classe in aula magna, però ci serve per attività di interesse collettivo e quindi la libereremo, perdendo altri metri quadrati».

“L’amministrazione provinciale non ci aiuta”

Continua Iaia: «Ho chiesto all’ente di riferimento, l’amministrazione provinciale, reperire e assegnarci alcuni locali in più. Ne basterebbero 4 o 5. Non ho avuto riscontro. Nelle prime abbiamo una media di 29/30 alunni, non possiamo andare oltre. Ci sono limiti normativi, anche. Già fatichiamo a mantenere qui i nostri bocciati, cosa niente affatto scontata».

“Costretti a ripiegare su una scuola privata”

I genitori di Alex hanno chiesto aiuto all’Ufficio scolastico provinciale di Como, che è diretto da un ex ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, governo Conte I. «I funzionari della struttura, l’ex provveditorato, dovrebbero aiutare le famiglie a trovare una collocazione per i figli a rischio di espulsione dal sistema pubblico. Per ora – racconta sempre il papà del 15enne – non sono arrivate proposte percorribili o soluzioni concrete. Non abbiamo avuto scelta. Abbiamo iscritto Alex in un istituto privato parificato, con un piano di studi diverso da quello che avevamo immaginato per lui, dopo l’esperienza del liceo scientifico e le indicazioni dei professori». Per non lasciare nulla di intentato, i genitori presenteranno comunque domanda in un paio di scuole pubbliche, «sperando che poi qualcuno rinunci o si ritiri e lasci libero un banco, per un trasferimento diretto».

I genitori denunciano: “Lo Stato non garantisce il diritto all’istruzione”

«Il nostro non è un caso isolato, unico. A Como – afferma il genitore – sono coinvolte decine di famiglie. Sta succedendo quello che da tempo avviene con la tutela della salute. Il sistema sanitario nazionale non è in grado di prendere in carico direttamente tutti i pazienti e così i malati sono spinti a ripiegare sul privato, sempre che abbiano i soldi per farlo, o sui centri convenzionati. Per la scuola è ancora peggio, se possibile. Lo Stato prevede che i più giovani rispettino l’obbligo scolastico fino a 16 anni, un dovere e insieme un diritto. Ma non mette a disposizione abbastanza plessi, aule e docenti per consentire a tutti di frequentare istituti pubblici, in caso di inciampi iniziali». L’overbooking, come in aeroporto, solo che qui si parla di minori, educazione, formazione, inclusione e pure possibilità di spesa. Bonus e aiuti (per esempio la dote scuola della Regione Lombardia, che privilegia gli studenti eccellenti) non bastano per coprire economicamente i costi del privato. «Nessuno denuncia questa situazione, ingiusta, inaccettabile, anticostituzionale. Perdere per strada anche uno solo di questi ragazzi- ripete il papà di Alex – è una sconfitta».

Nessuna risposta dall’ex ministro Bussetti

Non è dato saperne di più, non dalla struttura ministeriale territoriale. Il responsabile dell’ufficio scolastico provinciale di Como, l’ex ministro Bussetti, non si fa passare telefonate e non risponde alle mail, preso da mille impegni e in procinto di andare in ferie.  Matteo Loria, responsabile della Associazione nazionale presidi per la Lombardia, rimarca che «nella provincia lariana la situazione è particolarmente pesante e non da quest’anno». Lui però è possibilista. Pensa in positivo: «A settembre potrebbero esserci cambiamenti, perché saranno state definite le posizioni di chi ha debiti, le reiscrizioni, le rinunce. Genitori e studenti non si devono scoraggiare». Il problema, a suo parere, «è più generale» e per questo «bisognerebbe ripensare a tutta la politica di orientamento degli studenti, in base a competenze e passioni e a quello che il mercato richiede, stabilendo e formando le classi di conseguenza».

Lorenza Pleuteri