Scioperano per ottenere per i lavoratori condizioni migliori rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro e finiscono agli arresti domiciliari per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. È la “sorte” che tocca al coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e tre dirigenti del sindacato a Piacenza, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli. Siamo nel settore della logistica dove si penalizza in ogni senso un ciclo di lotte tra il 2014 e il 2021 che ha visto protagonisti decine di migliaia di lavoratori che si sono ribellati al caporalato e a condizioni di brutale sfruttamento.
G8, da Europa si a estradizione di Vincenzo Vecchi
Ventanni dopo. E pure oltre. Come nel rimanzo di Dumas dedicato ai tre moschettieri. La corte di giustizia europea di città del Lussemburgo chiamata in causa dalla Cassazione francese ha deciso che deve essere consegnato all’Italia Vincenzo Vecchi condannato per devastazione e saccheggio per i fatti del G8 di Genova del 2001. Vecchi residente in Francia da tempo avrebbe da scontare circa nove anni di reclusione.
La corte ha fatto prevalere la necessità della cooperazione europea sul rispetto delle formalità giuridiche. Per i giudici del Lussemburgo il mancato rispetto della condizione relativa alla doppia incriminabilita’ non è sufficiente per evitare la consegna del militante no-global al paese richiedente. I fatti sono qualificati giuridicamente in modo diverso nei due paesi, non c’è corrispondenza dei reati ma tutto ciò non conta.
“La corte fa una scelta assolutamente funzionalista garantendo l’effettività del mandato di arresto europeo anche al prezzo di possibili violazioni dei diritti fondamentali delle tradizioni costituzionali nazionali e del principio di proporzionalità“ è il commento di uno dei legali di Vecchi, Amedeo Barletta..
Insomma vince l’eurorepressione. Adesso gli atti del fascicolo processuale torneranno in Cassazuone a Parigi e poi alla corte di appello di Angers che prenderà contatti con l’Italia. Vecchi potrebbe chiedere di scontare la pena in Francia dove ci sarebbero condizioni più favorevoli. Era stato arrestato tre anni fa. Da allora è stato un susseguirsi di udienze per dirimere la questione. (frank cimini)
Loggia Ungheria, archiviazione non spiega. Solo sabbia
Dal comunicato emesso dalla procura di Perugia per annunciare la richiesta di archiviazione dell’indagine sulla cosiddetta loggia Ungheria non emerge una spiegazione convincente. Nelle poche righe della nota non si fa accenno al fatto che la procura di Milano allora retta da Francesco Greco non procedette immediatamente alle iscrizioni sul registro degli indagati come sollecitava il sostituto Paolo Storari coassegnatario del fascicolo insieme al l’aggiunto Laura Pedio. Sarebbe cambiato tutto.
E invece Raffaele Cantone con i suoi sostituti sceglie di spiegare le difficoltà a indagare esclusivamente con la fuga di notizie che avrà sicuramente contribuito ma non in maniera prevalente.
Storari che poi cercherà di uscire dalle difficoltà consegnando i verbali dell’avvocato Piero Amara sulla loggia a Piercamillo Davigo allora componente del Csm chiedeva da un lato di inserire nel registro degli indagati le persone tirate in ballo e dall’altro il legale siciliano per calunnia. Si trattava di indagare subito per accertare la veridicita’ di quanto affermato.
Ma si trattava da un lato di indagare su magistrati oltre che su imprenditori ufficiali dei carabinieri e altre persone importanti dall’altro di mettere in difficoltà Amara considerato il testimone della corona nel processo Eni Nigeria poi finito con un clamoroso flop della tesi accusatoria.
Cantone con il suo comunicato cerca di salvare capra e cavoli. E soprattutto di non causare guai alla gestione della procura di Milano in quel periodo. Insomma siamo al solito cane non mangia cane. Il prossimo 22 luglio ci sarà una riunione di coordinamento tra gli uffici inquirenti di Perugia e di Milano dove adesso non c’è più Greco ma Marcello Viola, nominato dal Csm in aprile proprio per dare un segnale di discontinuità rispetto al passato.
Poi ci sarà un giudice delle indagini preliminari a valutare la richiesta di archiviazione a decidere se accoglierla o ordinare nuove indagini. Insomma non è detto che accetti la linea del “pappa e ciccia” con la procura di Milano ”versione greca“.
La speranza di arrivare alla verità sulla loggia che sarebbe stata costituita per influenzare processi e nomine del Csm si è affievolita non di poco. Se fosse tutta la vicenda una bufala ci sarebbe comunque da chiedersi perché l’avvocato Amara avrebbe parlato in quel modo inframmezzando cose vere sia pure non riscontrabili (Cantone dixit) a bugie, per poi ridimensionare le sue affermazioni come riporta il comunicato della procura di Perugia.
In un paese normale uffici giudiziari e Csm dovrebbero essere case di vetro. Il condizionale è d’obbligo (frank cimini)
Estradizioni, Pg e Macron giocano l’ultima carta
Ricorsi al Tar contro Viola ultima spiaggia di chi ha perso
La decisione del Csm di nominare Marcello Viola come procuratore della Repubblica di Milano fu illegittima perché fondata sulla applicazione dell’invero inesistente automatismo valutativo relativo alla pretesa prevalenza del candidato che ha rivestito funzioni direttive in luogo di quelle semidirettive. Questo tra l’altro si legge nel documento di 42 pagine con cui il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli si è rivolto al Tar per far annullare la delibera con cui il Csm il 7 aprile scorso designò Marcello Viola come successore di Francesco Greco.
Romanelli si presenta come portatore di un percorso “più ampio e pertinente rispetto alla trattazione di reati come mafia terrorismo e delitti contro la pubblica amministrazione“ rispetto a Marcello Viola.
Romanelli si ritiene penalizzato dai criteri adottati dal Csm che aveva dato priorità agli incarichi direttivi di Viola come procuratore di Trapani e Pg di Firenze. Romanelli invece aveva fatto parte della Dna prima di fare l’aggiunto a Milano. Non aveva mai diretto un ufficio.
La decisione del Csm è stata impugnata in sede amministrativa anche dal procuratore di Bologna Giuseppe Amato l’altro sconfitto della partita per la procura di Milano.
Nell’impugnativa i legali di Romanelli lamentano che il consigliere Nino Di Matteo avesse acennato a rapporti tra il magistrato milanese e Luca Palamara in prossimità della votazione finale al Csm senza che fosse garantito il diritto al contraddittorio. La circostanza non aveva mai costituito in precedenza oggetto di una contestazione formale.
I ricorsi al TAR contro la nomina di Viola appaiono comunque come l’ultima spiaggia dei candidati sconfitti. Il ricorso di Romanelli inoltre dimostra che la procura di Milano non trova pace dopo le polemiche relative al processo Eni-Nigeria sfociate in inchieste a carico di pm del capoluogo lombardo a Brescia. Il clima insomma non è sereno mentre il nuovo procuratore sta cercando di riorganizzare l’ufficio inquirente. I ricorsi al Tar non sembrano avere molte speranze di essere accolti. Ma potranno avere un peso sicuramente su altri piani a cominciare da quello della magistratura associata e delle correnti soprattutto nella prospettiva delle elezioni per il nuovo Csm programmate per settembre. A Milano nel recente passato c’era già stata la dura vertenza di un altro aggiunto Alfredo Robledo con l’allora procuratore Bruti Liberati.
(frank cimini)