giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

I pm negano a Fontana la moratoria concessa per Expo

Si può pensare dal punto di vista politico tutto il male possibile del “governatore” Attilio Fontana e chi scrive queste poche e povere righe si sente di far parte della lista ma la mitica procura ha negato sdegnosamente a lui quello che fu concesso con la moratoria delle indagini su Expo.

Fontana attraverso i suoi legali si era rivolto ai pm mettendo le mani avanti al fine di evitare grane giudiziarie. Si era detto pronto ad assumere la responsabilità al fine di reperire i vaccini di superare l’obbligo della gara pubblica e procedere a trattativa privata. La procura replicava spiegando di non occuparsi di amministrazione e in pratica di non poter dare licenza di commettere reati.

Insomma tutto il contrario di quanto accadde per Expo quando i pm chiusero un occhio e l’altro pure. E vennero ringraziati dall’allora premier Matteo Renzi “per il senso di responsabilità istituzionale”. Ringraziati cioè per non aver rispettato il principio dell’obbkigatorieta’ dell’azione penale perché si trattava di “salvare la patria”  permettendo la celebrazione del grande evento che sarebbe stato fortemente in dubbio nel caso fossero state espletate indagini vere.

E trovò il modo la procura anche di mettere in condizioni di non nuocere l’unico magistrato, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo,  che stava facendo le indagini. Con la complicita’ del Csm e del capo dello Stato Giorgio Napolitano missione compiuta. Napolitano disse che con la riforma dei poteri del capo dell’ufficio inquirente il procuratore poteva fare quello che voleva. Il procuratore era Edmondo Bruti Libersti uno dei fondatori di Magistratura Democratica, corrente nata negli anni ‘60 in nome della orizzontalità degli uffici inquirenti. Si nasce incendiari e si muore pompieri. Anche se per fortuna non vale per tutt.

Tra i beneficiari della moratoria il sindaco Giuseppe Sala portatore di un conflitto di interessi gigantesco come ex amministratore di Expo. Con una motivazione da ubriachi Sala fu prosciolto dall’accusa di aver favorito Oscar Farinetti con l’assegnazione della ristorazione di due padiglioni senza gara pubblica.

Ma vennero di fatto “amnistiati” anche quei giudici al vertice del palazzo milanese che avevano omesso di fare gare pubbliche in relazione all’assegnazione dei fondi di Expo giustizia. Si decise di affidarli a società che avevano consuetudine di rapporti con la pubblica amministrazione. Una di queste società aveva sede nel paradiso fiscale del Delaware e non si è mai saputo di chi fosse, a chi appartenesse realmente. Chi controlla i controllori?  Nessuno. Insomma siamo messi così male che tocca difendere un amministratore pessimo come Fontana. Sono i miracoli che fa la mitica procura, il porto delle nebbie vero perfettamente in linea con la farsa di Mani pulite, l’inchiesta mille pesi e mille misure (frank cimini)

Covid e carcere, un libro con cuore caldo e mente fredda

Cuore caldo e mente fredda per un ragionamento sul carcere, un argomento di cui non si parla mai abbastanza, anzi in realtà molto poco e con modi e toni spesso sbagliati. Il Covid dovrebbe essere una ragione in più affinché i detenuti possano accedere ai benefici penitenziari e si riduca la popolazione carceraria. Il condizionale è d’obbligo perché esiste una norma simbolo che fa da ostacolo all’attenuazione della durezza delle condizioni di detenzione, il famoso articolo 4 bis da non confondere con un altro articolo ancora più famoso, il 41 bis. Il 41 bis norma, si fa per dire, il cosiddetto carcere duro ed è di antica data perché nasce con l’emergenza antimafia all’inizio degli anni ‘90 ma agisce in pratica in continuità con l’articolo 90 del regolamento penitenziario che risale alla madre di tutte le emergenze, quella relativa alla repressione della sovversione interna degli anni ‘70 e ‘80.

Del tema, appunto con cuore caldo e mente fredda, ma pure con un linguaggio semplice che va al di là degli addetti ai lavori, si occupa il lavoro che ha per titolo “Regime ostativo si benefici penitenziari. Evoluzione del ‘doppio binario’ e prassi applicative. L’autrice è Veronica Manca, avvocato e membro dell’Osservatorio carcere della Camera penale di Trento. Sono 280 pagine, 29 euro, editore “Giuffre’ Francis Lefebvre”.
Il cuore del problema sono tutte quelle norme che derogano alle regole generali in materia penitenziaria, ponendo in essere dei regimi applicativi “differenziati” della pena e ostativi della rieducazione e possibilità di risocializzazione. Prevalgono invece esigenze general-preventive di intimidazione, perché il condannato viene ritenuto socialmente pericoloso e quindi non meritevole di accedere ai benefici penitenziari.
Secondo l’avvocato Manca, va verificato se con le discipline differenziate si garantisce comunque il rispetto dei diritti fondamentali che fanno capo alla dignità della persona umana anche se reclusa e anche se ritenuta dal legislatore pericolosa. La risposta è senza ombra di dubbio no.
La Costituzione della Repubblica, o quello che ne rimane nel Paese dell’emergenza infinita ad avviso di chi scrive queste righe, fa fatica (eufemismo) a entrare nelle prigioni.
Secondo l’autrice del libro, l’articolo 4 bis costituisce il modello per eccellenza di deroga all’accesso ai benefici penitenziari dando origine a un binario parallelo per cui la regola diventa l’eccezione. Perché solo a determinate condizioni è possibile infatti accedere ai benefici.
Il doppio binario è parallelo fin dal processo e dal giudicato penale di condanna a causa dell’accesso diretto in carcere per gli autori di reati contenuti nell’articolo 4 bis.
E se, come si diceva all’inizio, al 4 bis si somma il 41 bis, il regime di sospensione delle regole ordinarie di trattamento, il binario parallelo può innestarsi anche prima della fase processuale quando l’autore del reato è solo un indagato o un imputato.
Il doppio binario esplica i propri effetti anche oltre l’esecuzione della pena detentiva, condiziona pesantemente la fase cautelare e influenza la strategia difensiva che deve essere necessariamente già proiettata in funzione dell’esecuzione della pena. La pena detentiva viene resa immutabile senza poter subire trasformazioni in sanzioni diverse dal carcere.
C’è un iter trattamentale parallelo che si coglie già dalla collocazione dei condannati in sezioni separate, circuiti di alta sicurezza o in sezioni apposite per i detenuti in regime di 41 bis. Ne consegue una forte compressione dei diritti soggettivi del detenuto , dalla corrispondenza ai contatti con esterni ai colloqui con i familiari.
I giudici inglesi, ricordiamo, avevano negato di concedere l’estradizione di un condannato  in Italia a causa del sovraffollamento carcerario. Al contrario gli svizzeri avevano concesso l’estradizione di un condannato premiando le recenti riforme che testimoniano una seria presa in carico del problema da parte delle autorità italiane.
Ma, per esempio, l’introduzione della legge cosiddetta “spazzacorrotti” rivela uno schema di politica criminale general-preventivo per i delitti commessi da pubblici ufficiali. È precluso l’accesso ai benefici se non per il tramite dell’avvenuta “collaborazione” con la giustizia.
Tentativi di riforma si sono avuti di recente attribuendo alla magistratura di sorveglianza il potere di valutare la posizione del detenuto anche se “non collaborante” sulla scorta di tutti gli ulteriori elementi, come l’assenza di legami con la criminalità organizzata, le condotte riparative o manifestazioni di ravvedimento.
Nel libro si ricordano le rivolte carcerarie, con 13 morti, del marzo scorso con la presa d’atto che laddove l’epidemia dovesse raggiungere i detenuti – in realtà lo sta già facendo, come raccontano le cronache di questi giorni – non ci sarebbero strumenti, strutture adeguate ne’ per fronteggiare le conseguenze ne’ per prevenire ulteriori situazioni di rischio.
Al fine di tutelare la salute dei detenuti, propone l’autrice, potrebbero essere estese le ipotesi di sospensione/differimento della pena per un arco di tempo limitato all’emergenza e/o anche un aumento di giorni da computare alla liberazione anticipata.
Tenendo presente che, allo stato, la fine della pandemia appare abbastanza lontana e che le condizioni delle prigioni non consentono di utilizzare le precauzioni adottate all’esterno, a cominciare dal distanziamento tra una persona e l’altra. Sono in gioco diritti e dignità dei detenuti ma pure diritti e dignità di noi che stiamo fuori, della società intera, perché se è vero come è vero che il livello di civiltà di un paese si vede dalle condizioni delle sue prigioni allora bisogna darsi una mossa. Non certo girarsi dall’altra parte aspettando che il problema si risolva da solo (frank cimini)

Anarchici, Cassazione manda ko il pm Dambruoso

“Non è predicabile soltanto in ragione della comune adesione all’ideologia anarchica un effettivo e reale ‘contagio’ del gruppo investigato da parte delle idee e finalità terroristiche eventualmente sviluppatesi in altre cellule della galassia anarchica mentre viene richiesto al giudice di merito di fornire la prova di una tale e concreta contaminazione che deve portare alla gemmazione di cellule autonome aventi le caratteristiche tipiche dell’associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. È questo uno dei passaggi della motivazione con cui la Cassazione rigetta il ricorso del pm Stefano Dambruoso contro la decisione del Riesame di Bologna di scarcerare gli anarchici arrestati a maggio.

La Cassazione ricorda inoltee che non sono state rinvenute armi ma unicamente  artifici pirotecnici aste e bastoni impiegati per dispiegare bandiere o stendardi. L’acquisto di maschere antigas non era finalizzato al compimento di azioni violente ma a scopi protettivi in vista di possibili azioni delle forze di polizia in occasione delle manifestazioni di piazza.

Nel  corso dei cortei e delle manifestazioni alle quali parteciparono gli indagati “al di là di qualche imbrattamento e danneggiamento non vi fu mai pericolo concreto per la pubblica incolumità“.

In occasione dell’incendio di un impianto di ricetrasmissione diventato il fulcro della ricostruzione accusatoria la Cassazione sposa la tesi dei giudici del Riesame. C’era l’obiettivo di danneggiare la struttura “ritenuta espressione dell’assoggettamento alle tecnologie da parte delle istituzioni dello Stato piuttosto che la volontà di causare un pericolo di devastazione di maggiori proporzioni”.

Al centro dell’inchiesta che portò agli arresti poi revocati dal Riesame c’erano una serie di manifestazioni di solidarietà con i detenuti che avevano visto aggravata la propria condizione dalla diffusione del Covid. Le riunioni pubbliche si erano svolte usando ogni precauzione dalle mascherine al rispetto della distanza tra le persone. Per cui l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo era apparsa spropositata e animata dalla volontà di reprimere il dissenso rispetto alle politiche securitarie. I giudici del Riesame avevano rilevato proprio questo rischio. E adesso la Cassazione ha confermato spiegando che si trattava di attività politica legittima alla luce del sole. Dambruoso è il magistrato assurto alla gloria della copertina di Time nel periodo in cui si occupava da Milano di terrorismo internazionale di matrice islamica. Poi era stato deputato di Scelta Civica con Mario Monti.(frank cimini)

 

 

 

 

 

Da Francia no a estradizione Vincenzo Vecchi, Italia ko

Non sarà estradato in Italia Vincenzo Vecchi il militante antagonista condannato a 9 anni di reclusione per devastazione e saccheggio in relazione alle manifestazioni del G8 a Genova e per un corteo a Milano. Lo ha deciso la corte di Appello francese di Angers perché il reato non fa parte del codice d’Oltralpe. I giudici hanno ritenuto validi delle accuse italiane solo l’aggressione a un fotografo e il possesso di una molotov fatti per i quali c’è una pena di 1 anno 2 sei e 23 giorni che bisognerà decidere successivamente se Vecchi dovrà scontare in Italia o in Francia. Questo dipende dall’accettazione o meno da parte dell’Italia della sentenza di Angers.
Per la giustizia italiana si tratta di una sconfitta grave dipesa anche dal fatto che le nostre autorità non vollero scorporare i reati. Una sconfitta giuridica e politica che dimostra come la credibilità dei nostri tribunali all’estero sia abbastanza scarsa.
Dice l’avvocato Eugenio Losco: “Si tratta di un importante precedente perché stavolta giustizia francese è entrata nel merito accogliendo uno dei rilievi principali delle difese sollevato fin dall’inizio per il mancato rispetto della procedura. Il reato di devastazione e saccheggio è una fattispecie incostituzionale con delle pene incongrue spropositate e non conformi alla normativa di altri stati europei. La sua contestazione deve essere limitata a casi particolari assimilabili a eventi bellici e non certo alle contestazioni di piazza”.
Va ricordato che solo in Italia in Albania e in Russia per il reato di devastazione e saccheggio si rischiano condanne fino a 15 anni di reclusione.
Vecchi che vive e lavora in Francia da otto anni era stato arrestato su richiesta dell’Italia poi le udienze per decidere su estradizione erano slittate anche a causa del Covid e nel frattempo il militante no global era stato rimesso in libertà perché la corte di Rennes allora competente non aveva ravvisato pericoli di fuga (frank cimini)

Cassazione rinvia al Riesame il “terrorismo anarchico”

La Cassazione ha annullato con rinvio a un nuovo Riesame l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo contestata a quattro anarchici arrestati a giugno scorso a Roma. All’origine della decisione potrebbe esserci una carenza di motivazione come avevano sottolineato i difensori degli indagati nei loro ricorsi. Bisognerà aspettare almeno una ventina di giorni per conoscere i motivi della scelta operata dalla Suprema Corte. Nel frattempo gli indagati restano in carcere.

G,i avvocati della difesa avevano presentato ricorso contro gli arresti paventando che il costante richiamo alla vicinanza ideologica a una determinata area dell’anarchismo diventasse l’unico criterio alla base degli arresti. I legali ricordavano che proprio la Cassazione aveva nel recente passato fissato dei paletti ben precisi affinché non si perseguisse il fatto ma il “tipo di autore”. Si tratta della tendenza che è storicamente rappresentata nel concetto di “diritto penale del nemico”.

Del resto al centro dell’inchiesta c’erano una serie di manifestazioni sit-in volantinaggi contro il carcere come istituzione e per denunciare le condizioni di detenzione aggravate dall’emergenza Covid. C’era e c’è il rischio di criminalizzare un pubblico attivismo politico impostato su una critica radicale anche dura a istituzioni pubbliche.

Sempre la Cassazione ha chiuso almeno per il momento un’altra partita quella relativa all’inchiesta “sorella” di quella romana avviata dalla procura di Bologna rigettando il ricorso del pm Stefano Dambruoso contro le scarcerazioni di un gruppo di anarchici finiti in carcere a maggio e poi rimessi fuori dal Riesame. Per Dambruoso noto per essere finito sulla copertina della rivista Time come cacciatore di terroristi islamici si tratta di una sconfitta su tutta la linea.

Per quanto riguarda l’indagine romana la Cassazione dovrà esaminare il prossimo 16 dicembre il ricorso di un’altra indagata Francesca Cerrone arrestata in Spagna e poi estradata.

Non è stata ancora fissata invece l’udienza sempre davanti alla Suprema Corte per discutere il ricorso dell’avvocato Ettore Grenci per conto dell’indagato Nico Aurigemma al quale era stato negato il colloquio con i genitori e la sorella. Tra i motivi del no al colloquio spiccava il parere del pm relativo al fatto che Aurigemma si era avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Cioè era stato penalizzato e “punito” per aver esercitato un suo diritto (frank cimini)