giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La requisitoria pudica di De Petris all’appello Ruby:
vietate le parolacce.

“Cosa andavi a fare ad Arcore, ragazzina mia?”. Piero De Petris pone una domanda da nonno dolce e preoccupato mentre cerca di farsi strada tra gli zig – zag di Ruby nelle sue “contraddittorie” dichiarazioni ai pm e al mondo sul sesso sì o sesso no ad Arcore.

Va in scena il primo processo ‘normale’ da quando Silvio Berlusconi ha messo piede in un’aula di giustizia. Sarà l’effetto Renzi con l’ex Cavaliere tra i ‘signori’ delle riforme o  sarà invece che ormai non fa più paura dopo averlo visto affranto su una sedia in ospizio con un camice bianco e una mazurca pallida  in sottofondo. Sarà anche la tempra degli uomini che si giocano questo processo. Piero De Petris, procuratore generale d’inarrivabile rigore nell’esposizione, mai una sbavatura a beneficio dei media, mai un aggettivo scomposto, già un ‘secolo’ giudiziario fa accusa di Berlusconi nel processo Imi – Sir.  E poi i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, che stanno composti nel loro banco, senza saltare su come molle ogni poco come facevano Niccolò Ghedini e Piero Longo. Ecco, appunto. Com’è lontana Ilda Boccassini con la sua requisitoria battente, con la “furbizia orientale” di Ruby, “il soddisfacimento del piacere sessuale del premier”, la “colossale balla” della telefonata Mubarak, il modello “italiano” delle ragazze che si vendono per poco.

De Petris  invece si produce in una requisitoria pudica, che quasi arrosisce nei suoi passaggi clou. Parla di “pernottamenti ad Arcore”, “commercio dei genitali”, soggiorni dall’ex premier che non sono proprio come “prendere il tè delle cinque a casa di un’anziana signora”, di “una competizione che si instaura tra giovani donne per rimanere lì la notte perché fonte di maggiore remunerazione” e la parentela con Mubarak d Ruby diventa un “mendacio”.   Quando deve riferire dell’intercettazione “Io sono la pupilla, lei il culo” in cui Ruby spiega il ruolo suo e di Noemi Letizia, la giovane amica napoletana di Silvio, la parolaccia gli muore in gola e rinuncia alla sua proverbiale precisione cambiando “culo” in “fondoschiena”.  Alla fine anche Coppi gli rende onore, nonostante la richiesta di 7 anni di carcere per Silvio “Una bellissima difesa di una sentenza indifendibile”. (manuela d’alessandro)