giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Scalfarotto come Hitler, youtuber a processo

Ivan Scalfarotto come Adolf Hitler per le sue politiche a tutela dei diritti civili. C’è anche questo nell’abisso della rete, nel canale Mary Tube “consacrato a Maria Regina della Pace e Madre della Verità per l’evangelizzazione attraverso il mezzo video”. Chi ha postato quel video, Ivan R., 44 anni, sarà processato dal Tribunale di Parma il prossimo 28 novembre per diffamazione aggravata, su denuncia del parlamentare del Pd, assistito dall’avvocato Davide Steccanella. Nel filmato pubblicato l’8 luglio 2015,  si vede la  foto di Scalfarotto, seguita nel fotogramma successivo da quella del dittatore e poi dalla frase: “La storia tende a ripetersi. Il male assume nuove forme per imporre la dittatura di una ideologia. Le ideologie vanno sempre imposte fin dalla più tenere età”. Nella querela, il politico definisce il video, intitolato ‘Stop ideologia gender, colonizzazione ideologica’, “una gravissima offesa a dir poco infamante a fronte di una pubblica comparazione con colui che è considerato probabilmente il più feroce dittatore della storia umana e per di più con quell’odioso insistente richiamo alla tutela infranta dei bambini”. Sottolinea, inoltre, anche il suo impegno per i diritti civili “in ragione del quale ho dovuto subire in questi anni numerosi attacchi alla mia persona”.  Il filmato e mostra “anche immagini di bambine e bambini durante la tristemente nota ‘Hitler jugend’”. (manuela d’alessandro)

Se la caccia al pm volpe può diventare una battaglia per i diritti

Nei torridi corridoi del Tribunale di Milano è in corso da settimane la ‘caccia alla volpe’. La curiosità corre anche sui telefoni di chi questo posto lo batte ogni giorno: “Sai chi è la volpe?”, è il tam – tam tra avvocati, magistrati e giornalisti. Il ‘safari’ è cominciato il 4 luglio quando il quotidiano ‘Il Giornale’ ha pubblicato la notizia di un pubblico ministero a cui sono stati chiesti dalla polizia i documenti durante un blitz anti – droga in un elegante club gay cittadino mentre era in corso una festa. L’identificazione non è stata immediata perché il magistrato ha dovuto riprendere panni umani  spogliandosi dal travestimento da volpe a due code.

Il pubblico ministero zoomorfo è estraneo allo spaccio di droga e non ha nulla a che spartire con la sospensione della licenza al locale. La notizia è stata confermata da fonti investigative dopo che la sua pubblicazione ha fatto arrabbiare parecchio il Questore, a sua volta ora a caccia degli agenti ‘spioni’. Il nome della ‘volpe’ non è stato pubblicato alimentando una curiosità morbosa tra gli abitanti del Palazzo. Anche il vicepremier e Ministro degli Interni Matteo Salvini ha espresso a una cronista la volontà di sapere chi si celasse dietro il peloso mascheramento. Nel clima da ‘sotto l’ombrellone’ di questi giorni, il dibattito è aperto, con tratti anche surreali: è giusto che un pubblico ministero assuma fogge volpine in ambienti promiscui? Si pone così in una posizione di eventuale ricattabilità? In un Paese bigotto come il nostro, nonostante i progressi degli ultimi anni, il pm canide potrebbe  forse scrivere una pagina importante nei diritti civili perché sotto sotto, anche in una città illuminata come Milano, sembra che quello che inquieta di questa vicenda sia anche l’orientamento sessuale della toga.  Basterebbe un comunicato: “Sì, la volpe sono io. Anche un magistrato  gay ha diritto a divertirsi, qual è il problema?”.  Invece temiamo che l’occasione sarà perduta e non tanto per amore della riservatezza ma soprattutto per il timore del pubblico ministero di andare incontro a ripercussioni sulla sua carriera. Ma le battaglie per i diritti si possono vincere solo a volto scoperto e senza abbassare la coda.

(manuela d’alessandro)

I giudici milanesi che hanno firmato l’appello per la stepchild adoption

Tra i ‘milanesi’ ci sono il presidente di sezione Elena Riva Crugnola, i giudici Olindo Canali, Maria Luisa Padova, Caterina Interlandi, Francesca Fiecconi  e Alessandra Dal Moro, la preside della facoltà di Giurisprudenza della Statale, Nerina Boschiero, l’ex procuratore Edmondo Bruti Liberati, il giudice in pensione Nicoletta Gandus, diversi professori universitari e avvocati. Assieme ad altri trecento giuristi hanno firmato un appello per includere la stepchild adoption nella legge sulle unioni civili che verrà dicussa a fine mese in Senato, uno dei temi più dibattuti anche nella maggioranza tra chi è favorevole o contrario all’adozione del figlio, naturale o adottivo, del partner. Continua a leggere

Insultò sindaco omofobo, prosciolto
Gip: discriminazioni di genere fuori dal tempo
La società è più tollerante

Ora le associazioni e l’intera comunità Lgbt (Lesbica, Gay, Bisex, Trans)  ringrazino pubblicamente l’ex sindaco di Sulmona Fabio Federico. E’ solo grazie alla sua ostinazione nel querelare chiunque avesse osato commentare le sue dichiarazioni omofobe che ora possiamo leggere sentenze chiare, innovative e illuminanti, in tema di discriminazione di genere e di orientamento sessuale, come quella che vi illustriamo qui.

Ricordate quel giovane che gli diede della “testa di c.” per il video in cui Federico associava omosessualità e presunte ‘aberrazioni genetiche’? Il pm di Busto Arsizio aveva chiesto l’archiviazione, spingendosi ad affermare che quell’insulto era persino poca cosa a fronte delle affermazioni pubbliche dell’allora primo cittadino su Pacs, omosessualità e genetica. Ora il gip Patrizia Nobile accoglie la richiesta di archiviazione – cui Federico si era opposto – e va oltre le argomentazioni del pm. L’imputato va archiviato perché ha reagito a una provocazione, come sostenuto dall’avvocato Barbara Indovina, che ha seguito questa vicenda più per impegno civile che per dovere professionale. “La gravità” delle affermazioni di Federico, scrive il giudice, “non è revocabile in dubbio e ciò non solo perché quanto sostenuto dall’opponente è destituito di qualsiasi fondamento scientifico, ma perché trattasi di affermazioni gravemente discriminatorie, che esorbitano da qualsiasi tutelabile manifestazione del diritto di opinione o di critica, giacché riconducibili a convinzioni, peraltro mutuate da famigerate teorie eugenetiche, incitanti all’omofobia, alla transfobia e alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere“. Insomma Federico ha usato concetti che non ricadono nella critica, ma sono falsità, tanto più gravi in quanto si rifanno al peggio della storia del ’900 tentando di proiettarsi sul presente. Ma in questo secolo, quello in cui viviamo, spiega il giudice, “sempre più presente è l’attenzione nella società civile a fenomeni di emarginazione sociale riconducibili all’omofobia (…) e può ritenersi che la società civile nell’ultimo decennio abbia rinunciato a ritenere ‘innaturale’ un fenomeno in realtà esistente in natura e sia dunque ormai approdata alla ‘depatologizzazione’ della omosessualità, interiorizzando piuttosto il valore della tolleranza e della tutela della libertà di orientamento sessuale“. Insomma, il signor Federico, che si è offeso per quell’insulto, è rimasto indietro di qualche decennio e male fa a lamentarsi. Fa parte di quella esigua minoranza che ritiene – maldestramente – che l’omosessualità sia una malattia.

Anche in un processo gemello di Milano gli è andata male, questa settimana. Aveva chiesto 15mila euro all’imputato di diffamazione. Invece il giudice ha assolto, al termine del dibattimento. L’offesa c’era – anzi, era forse più pesante del ‘testa di c.’ – ma è scriminata, anche in questo caso, dalla provocazione di quel video. In altri processi ancora – sì perché con le sue querele Federico ha messo in moto una quarantina di Procure e Tribunali della Repubblica – l’imputato ha transato. Noi siamo convinti che a fare giurisprudenza sarà la sentenza del giudice di Busto Arsizio. Sentenza Busto Arsizio

Rinviato il convegno sull’omogenitoralità,
“pressioni” perché relatori pro – famiglie gay

Ci sarebbero state “pressioni” o “veti” da parte di alcune ‘toghe’ che ritenevano il parterre dei relatori troppo “orientati a favore dei diritti delle famiglie omosessuali” alla base del rinvio del convegno sull’omogenitorialità organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura in collaborazione con l’Aiaf (associazione italiana degli avvocati per la la famiglia e i minori).

Il seminario si sarebbe dovuto svolgere il 15 dicembre a Palazzo di Giustizia ma i partecipanti, con grande stupore, hanno ricevuto oggi da Giuseppe Buffone, giudice civile e promotore dell’incontro, una mail in cui li si informava del rinvio al 27 febbraio. La data è stata posticipata, spiega il magistrato, “in vista della riorganizzazione” dell’incontro, motivata dal “serio interesse” espresso da “alcuni colleghi” alla “partecipazione ai lavori con l’obbiettivo di arricchire il seminario”. Fin qui, la motivazione ufficiale.

Ma c’è una nota delle toghe di ‘Area’ (formazione che riunisce Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia)  dalla quale par di capire che lo scenario in cui è maturata la decisione del rinvio del convegno intitolato ‘La tutela dei diritti nelle famiglie omogenitoriali’ non sia stato così soft. “Stupisce perché – si legge nel documento – sembrerebbe in realtà originata dalla perplessità di alcuni colleghi di Milano che avebbero contestato i contenuti del convegno ritenendo che fosse troppo ‘orientato’ a favore dei diritti delle famiglie omosessuali. Se questo è accaduto lo troviamo francamente preoccupante, anche per la storia del nostro distretto”. Una rappresentante di Area Milano, da noi contattata, dice: “Le ragioni del rinvio sono risibili. In questi casi si invita più gente possibile per creare dibattito, ma certo non si rinvia un convegno”. “Quello che è certo – sottolinea uno dei relatori – è che a Milano è la prima volta che viene rinviato un convegno”.

Secondo i rappresentanti della corrente, “è impensabile che nell’attività formativa, e in particolare in ambiti di così assoluto rilievo, possano intervenire decisioni che suonano come veti o pressioni da parte di singoli o di gruppi di magistrati che in questo modo compromettono l’indipendenza della quale dovrebbe godere la Scuola della Magistratura”.

“Se davvero ci fossero state queste pressioni sarei sbalordita – commenta l’avvocato e presidente di Aiaf Lombardia Cinzia Calabrese – abbiamo organizzato altri convegni in altre città con gli stessi relatori, senza alcun problema. Sono incontri di studio, dove l’ideologia non c’entra nulla”.

Tra  i giuristi chiamati a parlare, figurano il Presidente del Tribunale di Bologna, Giuseppe Spadaro, firmatario di una sentenza con la quale nel 2013 una bambina venne affidata a una coppia omosessuale, lo psichiatra Vittorio Lingiardi, autore del saggio ‘Citizen gay’ e il giudice civile Olindo Canali che pure si è espresso sulla materia del convegno con un paio di verdetti sul tema che sucitarono dibattito. “In realtà a Milano, a differenza che in altre città – ci spiega il giovane giudice Buffone, considerato un enfant prodige del diritto di famiglia – non abbiamo ancora avuto casi relativi a famiglie omogenitoriali, ma questo convegno serve proprio a fare il punto”. (manuela d’alessandro)