giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Tutti i dubbi del processo Uva

Perché è morto Giuseppe Uva? Di sicuro a causa di un’aritmia cardiaca. Per il resto, la narrazione della fine del manovale, deceduto in una caserma dei carabinieri di Varese il 15 giugno del 2008, prende strade incompatibili nelle parole del sostituto pg Massimo Gaballo e degli avvocati dei due carabinieri e dei sei poliziotti imputati per omicidio preterintenzionale e sequestro di persona.  Per loro, assolti in primo grado, sono state chieste pene fino a 13 anni.

Il testimone chiave

Alberto Bigioggero, quella sera era con Giuseppe Uva. Bevevano e facevano casino in strada. Ha raccontato che uno dei carabinieri, quando li vide, disse al suo amico: “Proprio te cercavo, questa notte non te la faccio passare liscia”. Una lezione che, secondo Bigioggero, Uva si sarebbe ‘meritato’ perché si vantava di avere avuto una relazione con la moglie del carabiniere. Ha raccontato, poi, di aver visto i carabinieri percuoterlo prima di caricarlo in macchina e di averlo sentito urlare ‘ahia’ in caserma.  Per il pg “nonostante i problemi psichiatrici e l’abuso di alcol, era perfettamente capace di intendere e di volere, come ha riferito in aula un consulente. Nel corso dei vari interrogatori, ha sempre mantenuto fermo il nucleo fondamentale delle sue dichiarazioni, nonostante le modalità degradanti con le quali è stato sentito da accusa e difesa durante le indagini e il processo di primo grado”. L’avvocato Duilio Mancini sintetizza così la posizione espressa dalle difese: “Fa rabbrividire che la vita degli imputati rischi di essere distrutta dalle farneticazioni di questo personaggio, parricida reo confesso (ieri è stato condannato a 14 anni di carcere per l’omicidio del padre, ndr). Questo testimone ha avuto una serie impressionante di ricoveri per problemi psichiatrici, è tossicodipendente e facilmente suggestionabile. Si è calato nel ruolo di protagonista principale partecipando a numerose trasmissioni televisive e alimentando con le sua calunnie il processo mediatico”.

Il trasferimento in caserma 

Per l’accusa, fu “totalmente illegittimo”. “Si può trattenere una persona in caserma, se non c’è un arresto in flagranza, solo se la persona si rifiuti di declinare le proprie generalità – argomenta il pg Gaballo – e non c’è prova del rifiuto di Uva. D’altra parte i carabinieri conoscevano molto bene la sua identità perché ci avevano già avuto a che fare.” Di tutt’altro avviso l’avvocato Mancini: “Nessun arresto, né legale, né illegale, ma un semplice accompagnamento in caserma. Come hanno spiegato gli imputati, Uva era pericoloso e e doveva essere neutralizzato perché era una fonte di disturbo per gli altri. L’unico modo di farlo era toglierlo dalla strada. Mettetevi nei panni dei cittadini che stavano alla finestra, disturbati dal rumore, e pretendevano che le forze dell’ordine rimuovessero questa situazione perché non ne potevano più del trambusto. La migliore prova della loro innocenza è che non lo hanno arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, a conferma della buona fede e che non avevano nessun parafulmine da crearsi”.

Il movente 

La presunta liason con  la moglie del carabiniere, secondo il pg. O, almeno, la vanteria. “Non abbiamo prova che questa relazione ci fosse, ma nemmeno che non ci fosse – sostiene il pg – E’ certo invece che Bigioggero ha messo a verbale che Uva si vantava di questa relazione. Una vanteria che era più che sufficiente per una punizione. Stiamo parlando dii persone che non si fanno nessuno scrupolo a piegare i propri doveri istituzionali a interessi privati”. “Nessuna prova” su questo flirt, è la tesi dell’avvocato Ignazio La Russa, che assiste un poliziotto. “Lo sforzo del pg è arrivato addirittura a disonorare la moglie del carabiniere, e uso un termine che in certi ambienti ha ancora un significato”.

Le lesioni

Per il rappresentante dell’accusa, le lesioni sulla sommità del cranio e alla base del naso “sono lievi e non idonee a provocarne la morte” ma vanno inserite nell’esplodere di quella “tempesta emotiva” che avrebbe fermato per sempre il cuore di Uva. Secondo l’avvocato Mancini, “Uva si ferì con atti di autolesionismo”, ma per lil pg “non poteva sbattere la testa dappertutto, come sostenuto dagli imputati, e provocarsi solo piccole lesioni, Uva non era di gomma”.

Gli insabbiamenti 

Sono quelli di cui, per l’accusa, si sarebbe reso responsabile il procuratore di Varese Agostino Abate, che per questa vicenda è stato sanzionato in primo grado dalla sezione disciplinare del Csm. Inoltre, “Bigioggero è stato interrogato in primo grado con modalità barbare in violazione della legge che proibisce metodi che influiscano sulla libertà di autodeterminazione. Andatevi a vedere il suo esame durato due udienze – così il pg ha esortato i giudici – e verificate se davvero i pm volessero accertare la verità. Vedrete che il presidente della Corte ha perso il controllo del dibattimento”. “Il pg – ribatte La Russa  -  è stato costretto a creare uno scenario con argomenti che non ho quasi mai trovato nei processi. Ha avuto il coraggio di arrivare a denigrare tutti i pm che hanno operato in questo processo: Abate, Arduini, Borgonovo, Isnardi. Se è vero che Abate ha sempre avuto comportamenti sopra le righe (il pm Agostino Abate che condusse le prime indagini ed è stato sottoposto a procedimento disciplinare per omissioni e ritardi in questa vicenda, ndr), la Arduini (il pm Sara Arduini che affiancò Abate, ndr) mi dicono essere una tranquilla signora ed è inimmaginabile che Borgonovo (Daniela Borgonovo, pm varesino che chiese l’assoluzione, ndr) e Isnardi (il pg Felice Isnardi che riaprì le indagini, ndr) facciano parte di un complotto. Gaballo ha dovuto costruire un complotto per la debolezza degli strumenti accusatori a sua disposizione.

Di cosa è morto Uva?

Dicono le difese: solo per un attacco di cuore, determinato anche da una patologia cardiaca di cui soffriva. A ucciderlo, secondo la Procura Generale, sarebbe invece stata la “tempesta emotiva originata dal suo illegittimo trasferimento in caserma”.

(manuela d’alessandro)

 

Il pg: condannate in appello gli agenti, Uva morì per lo stress provocato dalle loro ingiustizie

 

Vanno condannati gli agenti che trattenero due ore in caserma Giuseppe Uva “in modo illegittimo” perché gli provocarono un tale stress da farlo morire per  arresto cardiaco. Lo scrive la Procura Generale nelle motivazioni del ricorso in appello che potete leggere integralmente qui contro l’assoluzione dei due carabinieri e dei tre poliziotti accusati dell’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva, il manovale morto la mattina del 15 giugno 2008 dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri di Varese ed essere poi stato trasferito nel reparto di psichiatria.

“Se è vero  – argomenta il pg Massimo Gaballo – che le modeste lesioni personali riscontrate sulla persona offesa non possono avere determinato direttamente il decesso, deve però ritenersi che abbiano contribuito ad aumentare lo stato di stress in ragione della percezione del relativo dolore fisico e della loro ingiustizia”. I giudici varesini avevano assolto nell’aprile 2015  i componenti delle forze dell’ordine dopo aver riscontrato l’”insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere” ma ora la Procura Generale chiede di ribaltare la sentenza definita nelle sue motivazioni “molto sommaria” alla Corte d’Assise d’Appello di Milano.

“Lo stato di stress – si legge nel ricorso – integra pacificamente una malattia quale evento del reato di lesioni personali, consistendo in un’alterazione funzionale dell’organismo, anche in assenza di alterazioni anatomiche”. Per questo, viene considerata “erronea” la sentenza “laddove esclude la configurabilità del reato di omicidio preterintenzionale per insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere”.

Tutti gli imputati per l’accusa “devono essere dichiarati responsabili del delitto di omicidio preterintenzionale” perché “hanno posto dolosamente in essere condotte di costrizione fisica, dirette a commettere il delitto di lesioni personali e illegittima privazione della libertà personale che, per la loro durata e connotazione violenta e ingiusta, devono ritenersi causa del grave stato di stress che, innestandosi sulla precedente patologia cardiaca, ha determinato il decesso di Uva”.  (manuela d’alessandro)

le tappe della vicenda

ricorso in appello pg

 

 

 

 

 

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