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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Fondi Expo, il Tribunale scarica sul Comune, “eravate voi la stazione appaltante”

 

“Non risulta che il Tribunale abbia mai assunto il ruolo di stazione appaltante”. Roberto Bichi consegna a una nota la sintesi della riunione coi presidenti di sezione (tutti presenti) del Tribunale di Milano per discutere sugli appalti Expo alla giustizia dopo l’esposto – denuncia di Anac.  E siccome la stazione appaltante dei 16 milioni piovuti sul Palazzo di Giustizia in modo poco trasparente e senza gare era il Comune di Milano (sindaco prima Moratti, poi Pisapia), viene facile pensare a chi venga attribuita l’eventuale responsabilità di illeciti.  E’ un presidente che appare a chi c’era “molto teso” quello che si presenta al cospetto dei suoi magistrati ai quali chiede un parere sul comunicato stampa preparato per onorare “il ruolo del Tribunale di Milano, impegnato nel garantire il massimo di legalità”.

Bichi, che gode di solida stima tra i colleghi, difende l’istituzione da lui guidata su tutta la linea, senza voler marcare un distinguo tra la sua era e quella di Livia Pomodoro, di cui è stato prima vicario e poi successore. Fuori ci sono le telecamere e qualche giudice, prima di entrare, si copre il volto per non essere ripreso in quello che appare all’esterno come un robusto ‘serrate i ranghi’ di fronte all’attacco sferrato da Raffaele Cantone il quale, nella relazione, adombra responsabilità di toghe milanesi.

Dopo avere ricordato che le carte degli appalti erano visibili da tempo su giustiziami.it, il Presidente da’ conto di un dossier inviato dal Comune ai capi degli uffici giudiziari a marzo scorso (tempistica sospetta, dopo il primo blitz di Anac)  in cui si riepiloga l’utilizzo dei 16 milioni di euro per informatizzare la giustizia. ”Emerge che tali impegni sono stati effettuati tramite gare d’appalto o con affidamento complementare o con adesione a convenzioni Consip”. Per quel che ne so io, assicura, era tutto a posto, i conti tornavano, e se ci sono singole responsabilità, aggiunge, “auspico che emergano al più presto per dirimere dubbi, evitare illazioni e non ledere l’immagine e il ruolo del Tribunale”. Al tavolo dei fondi Expo sedeva, tra gli altri, anche l’ex presidente dell’ufficio gip e attuale numero uno della Corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli.

Il nome di Roberto Bichi compare nel verbale della riunione della svolta del 15 ottobre 2014. Dopo i primi articoli di stampa, i vertici dell’amministrazione giudiziaria e i rappresentanti del Comune e del Ministero decidono che, per quel che resta da spartirsi dei 16 milioni di euro, non si faranno più affidamenti diretti ma solo gare. In quel momento, tutti i presenti sono quindi consapevoli che il ‘tesoro’ di Expo stanziato dal Governo è stato distribuito con affidamenti diretti quantomeno discutibili.

“Bichi – si legge nella sintesi di quell’incontro assai teso – si dichiara d’accordo col Presidente Canzio che la consolle d’appello (uno dei progetti da finanziare, ndr) è indispensabile perché c’è un vincolo temporale e deve essere data una priorità pe via della scadenza. Ma si domanda che fine fa il giudizio d’appello, a livello nazionale se la Consolle non viene finanziata coi fondi di Expo”. Poi puntualizza che è scorretto “parlare di fondi Expo per il Tribunale di Milano, nel senso che sono fondi per la giustizia italiana e per tutti i Tribunali italiani”.

Dalla mailing list delle toghe, arriva intanto la reazione stizzita di Enrico Consolandi, magistrato civile tra i più atttivi nella gestione dei fondi. “Oggi qualcuno dice che il problema è la scelta del contraente – scrive –  distogliendo così le forze da quelli che sono i veri obbiettivi che sono quelli di potere ottenere risorse per lavorare”. Ma come vengono scelti i contraenti? Che rapporto c’era tra la Camera di Commercio, beneficiaria di strane convenzioni, e il Tribunale? E quali sono gli esiti di questa selezione? Questa è la vera domanda che si pone chi col naso all’insù vede tutti i giorni i monitor spenti che dovevano servire a orientare il cittadino e oggi lo lasciano ancor più smarrito.

(manuela d’alessandro)

Il sito del Tribunale coi soldi di Expo che si spegne nel week end

Il Garante toglie il monopolio del Pct alla società che se l’è preso coi soldi di Expo

I monitor di Expo al passo carraio

Il Pct? Più lento di quello cartaceo

 

Fondi Expo per monitor e giustizia: gaffe di Sala, sono venuti in Comune? Ah….

“Sindaco, cosa ne pensa delle acquisizioni della Guardia di Finanza sull’utilizzo dei fondi Expo per la giustizia  milanese?”. Risposta: “E’ una cosa che non ci riguarda, non sono venuti da noi”. “Veramente si, l’Anac ha mandato la Finanza in Comune e in Tribunale..”. Sguardo smarrito: “Ah…”.

A Beppe Sala questa storia dei 16 milioni di euro spesi in nome di Expo con criteri poco chiari non riesce a conficcarsi nella mente. Sappiamo che il nostro sindaco, riconosciuto manager di alto livello, non ha una memoria prodigiosa, vedi proprietà non dichiarate e presunti verbali falsi di cui non ricorda l’esistenza.

Per la seconda volta, il primo cittadino viene in Tribunale per testimoniare al processo a carico di Roberto Maroni e, data la sua affabilità, lo interroghiamo di nuovo sui monitor di Expo, sempre implacabilmente non funzionanti. L’altra volta, prima che si accendesse l’interesse di Cantone, era sembrato alieno al dossier. “A cosa servono questi schermi con la scritta ‘udienza facile”?, ci aveva domandato per poi essere attraversato da un bagliore di memoria: “Ah, sono quelli della Pomodoro…(Livia, ex presidente del Tribunale)”.

Stavolta avrebbe dovuto essere un po’ più informato visto che la Finanza ha fatto messe di documenti proprio a Palazzo Marino il 9 febbraio scorso. Ma forse sono andati in uffici lontani dal suo. Lui, all’epoca, era commissario di Expo.

(manuela d’alessandro)

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Sala a Palazzo: “Fare accendere i monitor di Expo? Ne ho già abbastanza qua dentro…”

 

Beppe Sala sbarca a Palazzo di Giustizia per testimoniare al processo Maroni e come un alieno su una terra impervia si guarda attorno e posa lo sguardo su uno dei monitor non funzionanti acquistati coi soldi di Expo. “Cosa sono? Cosa vuol dire ‘udienza facile’?”.

“Sindaco – gli spieghiamo – sono i monitor acquistati coi soldi di Expo. Non può fare qualcosa per farli partire? Sono qui da 3 anni anni e non danno cenni di vita”. E lui, con amaro sorriso e chiaro riferimento all’indagine sulla ‘Piastra di Expo’ in cui è indagato per falso: “Ne ho già abbastanza, rischio di diventare un habitué qua dentro. Ah sì, ora ricordo, era l’appalto fatto dalla Pomodoro…”.

Si, caro sindaco, ma lei dovrebbe saperne di più perché era il commissario unico di Expo e vennero comprati con la ‘dote’ dell’Esposizione Universale’. Quasi duecento dispositivi di marca Samsung presi nell’ambito di un appalto complessivo da circa due milioni di euro. L’obbiettivo era ‘informatizzare’ la giustizia in vista dell’appuntamento col mondo e, in particolare, far orientare i cittadini nel dedalo giudiziario, sostituendo i fogli di carta appesi alle porte delle aule.

Spenti da secoli, ormai un arredo inerte che punteggia ogni angolo della cittadella giudiziaria, i monitor rappresentano lo spreco più evidente del ‘tesoro’ assegnato alla magistratura milanese in nome di Expo. Con l’ironia della scritta ‘udienza facile’ che lampeggia senza requie, chissà con quale dispendio di energia elettrica. E non sapremo mai di chi ne è la colpa perché nessuna indagine è mai stata aperta. Forse perché chi decideva cosa farne di quei soldi erano proprio dei magistrati. (manuela d’alessandro)

Quel monitor di Expo al passo carraio dove non serve a nessuno

 

Uno dei 173 monitor di marca Samsung comprati coi fondi Expo nell’ambito di un appalto del valore complessivo di 1 milione e settecentomila euro è stato appeso nel passo carraio del Palazzo di Giustizia affacciato su Corso di Porta Vittoria (sospesi-gli-affidamenti-diretti-expo-per-la-giustizia-milanese-il-verbale-che-svela-il-clamoroso-cambio-di-rotta).

Scelta che appare bizzarra se pensiamo che questi maxi schermi dovrebbero servire a orientare il pubblico che quotidianamente affluisce nel Palazzo (“rifacimento dei segnali informativi e dei percorsi guidati del palazzo di giustizia, sistema informatico tramite monitor”, si legge nelle carte ufficiali). La zona del passo carraio è off limits per il pubblico, resta quindi il mistero su a chi o a cosa serva questo schermo. Negli ultimi giorni, ne sono spuntati diversi anche fuori dal Palazzo: uno vicino al Tribunale del Riesame, un altro  nei pressi dell’archivio (cui prodest?). Ci è stato spiegato che l’utilità di questa innovazione tecnologica sarebbe quella di ‘sostituire’, tra l’altro, i vecchi  fogli di carta, quelli affissi sule porte delle aule  che forniscono i dati essenziali delle udienze. Per adesso sugli schermi continua a lampeggiare la scritta ‘No cable connected’ e crescono ironie e malumori su questi ingombranti nuovi inquilini che richiederanno ardite torsioni del collo per essere consultati. (manuela d’alessandro)