giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Pietrostefani in ospedale inamovibile Cartabia insiste

Un’udienza per dirimere una questione relativa a un fatto avvenuto ci quant’anni fa è un evento più unico che raro. Succede che alle due del pomeriggio in punto al palazzo di giustizia di Parigi i giudici sono chiamati a decidere sull’estradizione di Giorgio Pietrostefani condannato a 22 anni di reclusione perché ritenuto mandante insieme a Adriano Sofri dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, il 17 maggio del 1972.
Pietrostefani non è presente in aula per motivi di forza maggiore. È da tempo in ospedale, inamovibile, intrasportabile, come spiega l’avvocato Irene Terrel che lo difende al pari di altri rifugiati italiani a Parigi arrestati il 28 aprile dell’anno scorso e poi tornati liberi in attesa della decisione sull’estradizione.
Siamo all’ennesimo rinvio perché l’Italia non desiste e non demorde. Il ministro della Giustizia Marta Cartabia è impegnata al massimo in questa operazione politico-giudiziaria ispirata dal colle più alto perché il giorno del rientro di Cesare Battisti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella disse: “E adesso gli altri”.
La legge francese, a differenza di quella italiana, non ammette la contumacia. Il diretto interessato, “il prevenuto” non può essere assente dall’udienza. Quindi è impossibile procedere per esaminare il caso di Giorgio Pietrostefani e i giudici decidono di rinviare tutto al prossimo 23 marzo.
Mercoledì prossimo 12 gennaio toccherà agli altri rifugiati che rischiano l’estradizione. Persone condannate per fatti di lotta armata avvenuti quaranta e più anni fa, approdati in Francia dove hanno ricostruito la loro vita, sposandosi, facendo figli, lavorando. Insomma una vita da normali cittadini ospiti di un paese che li ha accolti anche in omaggio alla dottrina Mitterand.
Fino all’operazione denominata “Ombre rosse” partita su richiesta del governo italiano, eseguita dai francesi, utilizzata da Macron per fare concorrenza agli avversari di destra e dimostrare che a livello di politiche securitarie lui non è secondo a nessuno.
La ministra Cartabia che proclama di battersi per meno carcere e meno processi penali ne ha fatto una questione priorItaria. La banda di anziani che in pratica mezzo secolo fa partecipò al più serio tentativo di rivoluzione nel cuore dell’Occidente deve pagare fino in fondo il suo conto con la giustizia. L’avvocato Irene Terrel ha definito più volte “assurda” la situazione a distanza di tanto troppo tempo dai fatti ribadendo che la soluzione del problema spetta alla politica e non ai giudici.
L’Italia non cambia idea. Del resto allora delegò interamente ai giudici la questione della sovversione interna dando alle toghe un potere enorme che sarà utilizzato anni dopo proprio contro i politici che a loro si erano affidati. Adesso il nostro governo si affida ai giudici francesi con l’ultima parola che spettera’ alla politica. Non si sa se a Macron o a un suo successore perché i tempi dei procedimenti estradizionali sono molto lunghi e i dossier arrivati dall’Italia sono stati giudicati incompleti. E Cartabia ha sollecitato le procure a sbrigarsi
(frank cimini)