giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Greco e De Raho assolti, o’ malament è Palamara

“Non ha compiuto un’improria interferenza nelle nomine di sei procuratori aggiunti”. Con questa motivazione il Csm ha deciso di non aprire un procedimento disciplinare a carico del procuratore di Milano Francesco Greco. L’ultima parola spetta al plenum ma la strada è ormai segnata da tempo. Il Csm in pratica difende se stesso continuando a raccontare che nei giochi sottobanco per le nomine e gli incarichi dei magistrati c’è un solo colpevole, o’ malament, Luca Palamara che in pratica avrebbe fatto tutto da solo.

Palamara contribuì alla nomina di ben 85 colleghi che però sono tutti innocenti e candidi come gigli. “È emerso sicuramente che vi furono interlocuzioni tra i consiglieri dell’epoca Nicola Clivio e Palamara e il dottor Greco ma tali interlocuzioni furono attivate dagli stessi consiglieri e non si risolsero in alcuna segnalazione o promozione di specifici nominativi da parte di Greco – è la conclusione dell’organo di autogoverno al momento – quanto in una generale consultazione sulle problematiche dell’ufficio e sulla professionalità richieste per la migliore gestione del medesimo. Pertanto non risultano condotte suscettibili di incidere sull’imparzialita’ e indipendenza neanche sotto il profilo dell’immagine”.

Nessun procedimento anche per il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che era stato a strettissimo contatto con Palamara al punto da scrivergli come risulta dalle intercettazioni “la tua battaglia è la nostra”. Greco invece gli scriveva: “Ci vediamo al solito posto”.

Lo sanno anche i sassi che dopo la furibonda lite Bruti-Robledo risolta con l’altissimo intervento del presidente Napolitano e al fine di evitare fatti simili in futuro il Csm lascia che siano i capi degli uffici a decidere le nomine degli aggiunti.

Tra i candidati ad aggiunto a Milano c’era il sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo con un curriculum di incarichi impressionante pieno di presenze in organismi internazionali e quindi di gran lunga superiore a quello di altri colleghi. Ciaravolo aveva preannunciato a Greco la propria domanda per andare in procura. “Non ci sono problemi” fu la risposta. E invece i problemi c’erano. Iniziò un fuoco di sbarramento che costrinse Ciaravolo a decidere di ritirare la candidatura tre ore prima che il plenum decidesse.

Anche le chat scambiate da De Raho con Palamara in occasione dell’assegnazione di due incarichi direttivi “non hanno determinato un appannamento della sua credibilità professionale e personale”.

Insomma non era accaduto nulla. Tutte le colpe sono esclusivamente di Palamara che è stato radiato dalla magistratura e per il Csm la storia deve finire così e basta. Insomma punto fermo. Sia Greco sia De Raho tra pochi mesi lasceranno per raggiunti limiti di età’. Quindi non ci sarebbero stati neanche i tempi tecnici per istruire e portare a termine il disciplinare. Ma era ed è una questione di immagine del Csm. Avviare i procedimenti avrebbe finito per ridare credibilità a Palamara che nel libro scritto con Sallusti ribadisce: “Mica ho fatto da solo, non avrei potuto”.

Niente di nuovo sotto il sole. Il Csm come aveva già dimostrato il caso Bruti-Robledo resta il regno dell’omerta’ e dei traffici illeciti di influenza. Sì proprio il reato che le procure distribuiscono in giro ai comuni mortali. A palazzo dei Marescialli invece sono tutti innocenti. Tranne uno, sempre lui, “o malament”. (frank cimini)

 

Capri espiatori, Becciu il Palamara del Vaticano

È la logica del capro espiatorio la soluzione che organismi di potere dimostrano di gran lunga di preferire pur di non affrontare problemi e fenomeni che sono chiaramente alla radice di ciò che emerge. E non sembra una situazione caratteristica esclusiva del nostro Paese a vedere quello che sta accadendo in Vaticano con la parabola discendente di monsignor Giovanni Becciu, fino a pochi giorni fa potentissimo caro amico di Papa Francesco e ora nella polvere.
Ci corre un paragone con la vicenda di Luca Palamara, il magistrato che veniva ripetutamente e ossessivamente cercato da colleghi che ambivano a incarichi importanti e che adesso, caduto in disgrazia, è stato scaricato da tutti.
Ovviamente la stragrande maggioranza degli organi di informazione fiancheggia queste operazioni, si fa pochissime domande e procede a spron battuto nella distruzione dell’immagine degli ex potenti.
Monsignor Becciu venne nominato da Benedetto XVI nel 2011. È stato sostituto per gli Affari generali, confermato da Bergoglio e nominato delegato speciale presso il Sovrano ordine militare di Malta al fine di risolvere la crisi dello stesso. Poteva gestire i fondi della Segreteria di Stato, a cominciare da quelli dell’Obolo di San Pietro, il denaro che la Chiesa raccoglie per le opere di carità in favore dei poveri.
Evidentemente Becciu poteva agire senza controlli. Evidentemente i controlli non esistevano. Non c’erano gli anticorpi che sarebbero stati necessari per prevenire operazioni illecite, comprese quelle sottrazioni di denaro poi finito in mille rivoli che adesso vengono ipotizzate dalle inchieste sia della Santa Sede sia in Italia.
Il modo in cui Becciu è stato eliminato, addirittura con l’esclusione dal futuro conclave, dimostra l’inutilità sostanziale di parlare di mere ipotesi investigative. Becciu non ha avuto possibilità di difendersi in presenza di un quadro accusatorio sicuramente pesante. Il monsignore sarebbe stato tra l’altro responsabile di un accordo per mettere lo stemma della Caritas sulle bottigliette della birra artigianale “Pollicino” prodotte dalla “Angel’s” amministrata dal fratello Mario.
Tutto dovrà essere provato? Solo in teoria è così. Monsignor Becciu in sostanza è già stato condannato. Non è certo il primo collaboratore del Pontefice chiamato a svolgere incarichi importanti a finire male. Ha fatto tutto da solo? In Vaticano esistono organismi e persone che hanno il compito di vigilare? Chi controlla chi?
E Luca Palamara ha fatto la stessa fine di Becciu. Il capo della Direzione nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, come risulta dalle intercettazioni finite puntualmente sui giornali, gli telefonava per dirgli: “La tua battaglia è la nostra”. Il procuratore di Milano Francesco Greco gli dava appuntamenti: “Ci vediamo al solito posto”. Palamara aveva in mano la carriera di decine e decine di colleghi. Avrebbe contribuito alla nomina per incarichi direttivi di almeno 84 magistrati.
Perché Palamara agiva con grande furbizia. Anche quando aveva in origine un candidato suo diverso da quello che poi avrebbe vinto, il nostro virava in extremis sul vincitore. Insomma, non perdendo praticamente mai acquisiva sempre maggiore potere.
Ora l’ex magistrato più potente d’Italia è rimasto con un pugno di mosche in mano. Con il Csm di cui fece parte che gli ha negato a livello disciplinare il diritto a difendersi. Aveva chiesto, Palamara, 133 testimoni a discarico: ne ha ottenuti solo un paio, peraltro già presenti nella lista dell’accusa. Per i commerci sotto banco degli incarichi e per i rapporti con il mondo politico sarà il solo a pagare l’ex pm della capitale. E il suo “disciplinare” rischia di essere il processo pilota per il futuro. Quello senza diritti della difesa, quello sognato da molti procuratori almeno fino a quando non saranno loro a finire sotto inchiesta.
Restano al loro posto tutti i colleghi che Palamara ha contribuito a far nominare. Sembra sia stato solo lui a inquinare la vita della magistratura. L’Anm non ammette critiche, lamenta addirittura che ci si occupi sui giornali delle irregolarita’ nei concorsi per magistrati (in realtà se ne scrive pochissimo).
La politica dal canto suo è silente. Stanno zitti anche gli esponenti di partiti che in passato furono protagonisti di scontri durissimi con la magistratura, a iniziare da quelli che nel 2013 occuparono i corridoi del tribunale di Milano in difesa del loro leader, imputato in un processo per un pelo di quella lana nel quale alla fine venne assolto. Evidentemente a tutti o quasi va bene la giustizia per come viene amministrata, va benissimo il Csm ripulito dal metodo Palamara, quello usato per beneficiare tanti magistrati che continuano a impartire dal loro scranno lezioni di etica e di morale. Tutto bene ora. In Italia e pure all’estero. Senza Becciu e senza Palamara.
(frank cimini)