giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Quei crediti formativi agli avvocati romani per la manifestazione di piazza

Tutto o quasi pare essere lecito al gran mercato dei crediti formativi, anche  sontuose dormite cullate da relatori che parlano a loro stessi. Ma qui si è andati un poco oltre. Gli avvocati romani che hanno partecipato al corteo di sabato scorso da piazza della repubblica a piazza San Giovanni per invocare l’equo compenso sono stati premiati con 3 crediti formativi deontologici. Una decisione sconcertante  per alcune toghe capitoline che hanno espresso vivo disappunto anche sui social.

A deliberare il valore formativo dell’evento è stato il consiglio dell’Ordine romano motivandolo così in una lettera ai propri iscritti: “Dal palco si susseguiranno le relazioni di autorevoli esponenti del mondo delle professioni e dell’avvocatura, ben potendosi inquadrare in quest’ottica la partecipazione  e l’ascolto delle relazioni quale attività di aggiornamento professionale in materia di deontologia e di ordinamento forense rispetto ai temi che saranno trattati su compenso professionali, dignità e decoro dlela professione”. Ora, proprio il “decoro” della professione avrebbe forse dovuto suggerire agli elargitori di crediti che una manifestazione con un taglio così spiccatamente politico non dovrebbe essere inquadrata in un ambito formativo. Un orientamento seguito per esempio dalla Camera Penale di Milano che per domani ha organizzato un incontro coi parlamentari sulle ragioni dell’astensione contro il Ddl Orlando seza concedere crediti formativi per scelta. (manuela d’alessandro)

L’incredibile requisitoria del pg di Garlasco: “Non sono in grado di dire se Stasi è colpevole o no”

 

“Io non sono in grado di decidere e nemmeno voi”. Premio onestà 2015 a Oscar Cedrangolo, il sostituto procuratore generale della Cassazione che, rivolgendosi ai giudici, ha ammesso di non essere in grado di chiedere né l’assoluzione né la condanna per Alberto Stasi. Nella sua requistoria ha scavato negli anfratti di un’indagine  lunga 8 anni, da quando Chiara Poggi venne assassinata a Garlasco. Dopo due assoluzioni, decine di perizie, una condanna arrivata dopo un annullamento da parte della Cassazione, Cedrangolo alza le braccia.  “In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi, ma insieme possiamo stabilire se la sentenza sia da annullare”. Così, dopo aver comunque evidenziato la “debolezza dell’impianto accusatorio”, il magistrato ha concluso chiedendo di accogliere entrambi i ricorsi: quello dell’accusa che chiede di alzare la pena sancita dall’appello bis a 16 anni di carcere, riconoscendo l’aggravante della crudeltà, e quello della difesa che voleva l’annullamento della condanna.  Il pg ha affermato che a suo avviso “potrebbero esserci i presupposti di un annullamento senza rinvio, che faccia rivivere la sentenza di primo grado” e quindi l’assoluzione di Alberto.
E poi ha aggiunto che la prima sentenza della Cassazione dell’aprile 2013 volle  “ascoltare il  grido di dolore” dei genitori di Chiara Poggi nel chiedere di
trovare l’assassino della figlia: “Ho apprezzato lo scrupolo della Cassazione, quando dopo le due assoluzioni ha chiesto un  nuovo giudizio. E vi chiedo di concedergli lo stesso scrupolo”.
Così ha suggerito che si dispongano “nuove acquisizioni o differenti apprezzamenti”. Insomma, il pg ci ha capito poco di questo enorme pasticcio giudiziario, originato da indagini maldestre, e nel suo incredibile esercizio di onestà ha perfino ammesso che “forse non ci pensate, ma i giudici possono essere condizionati dai media che spettacolarizzano i processi“. E adesso: potrà mai la Cassazione condannare Alberto Stasi beffandosi del basilare principio di civiltà giuridica ‘in dubio pro reo’?  (manuela d’alessandro)

Stasi come Franzoni, “poca prova, poca pena”

E’ una sentenza che ricorda da vicino quella inflitta in via definitiva ad Anna Maria Franzoni, la mamma di Cogne,  per l’omicidio del figlio Samuele.  Anche Alberto Stasi viene condannato a 16 anni di carcere dopo un’aspra battaglia processuale con un verdetto che sembra riflettere tutti i dubbi ermersi in questa indagine. Non quindi ai 30 anni chiesti dal procuratore generale Laura Barbaini vittoriosa, comunque,  insieme alla parte civile Gian Luigi Tizzoni, al termine di una ‘partita’ che ribalta i precedenti esiti processuali di uno dei più controversi casi di cronaca nera degli ultimi anni.

Difficile per la Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Barbara Bellerio, ignorare la sentenza della Cassazione (la-strana-cassazione-su-alberto-stasi-che-per-3-volte-diventa-mario) che nell’aprile 2013 aveva annullato con rinvio le assoluzioni pronunciate dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, prima, e dalla stessa Corte d’Assise di Milano (ovviamente in composizione diversa) poi. Gli ‘ermellini’, entrando nel merito della vicenda, avevano chiesto di “rivisitare gli indizi” e sottolineato le “incongruenze” nel racconto di Stasi, identico dal primo giorno, su quanto accadde quella mattina d’estate.
Ma la pena per l’ex studente bocconiano dagli occhi celesti scende sensibilmente rispetto alle previsioni in caso di condanna perché i giudici hanno tolto alla contestazione della Procura Generale l’aggravante della crudeltà. Ai 24 anni tetto massimo previsto per l’omicidio è stato quindi applicato lo sconto di un  terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Dopo la lettura della sentenza, in un clima surreale, è stata allestita una conferenza stampa. Da un ‘banchetto’ improvvisato, si sono affacciati mamma Rita e papà Giuseppe, molto emozionati, che hanno ringraziato con calore i loro legali, “per i quali Chiara è diventata una figlia”. Per loro e per il fratello della vittima, Marco, anch’egli presente, i giudici hanno stabilito un risarcimento di un milione di euro. “Ora guarderò Chiara e le dirò ‘ce l’hai fatta’”, ha detto la mamma. Dall’altra parte, Stasi viene descritto come “sconvolto”,  dopo aver provato a convincere i giudici della sua innocenza rendendo dichiarazioni spontanee: “Non cercate a tutti i costi un colpevole, condannando un innocente. In questi sette anni ci si è dimenticati che la morte di Chiara è stata un dramma anche per me”.

Dopo sette anni non si può dire che i dubbi siano stati dissipati, a maggior ragione di fronte a una decisione che appare ispirata al principio “poca prova, poca pena”, come ha detto un legale di Alberto. In attesa delle motivazioni tra 90 giorni, è difficile immaginare perché, qualora Stasi sia davvero colpevole, il suo non sia stato un omicidio aggravato dalla crudeltà. Un ragazzo che uccide la fidanzata sfondandole il cranio e gettandola sulle scale ha commesso un omicidio ‘semplice’? Era stata la stessa pg a parlare di una condotta senza pietas da parte dell’imputato. In ogni caso resta lo sconcerto per una giustizia che ha detto tutto e il contrario di tutto in sette anni dopo un’indagine costellata di errori clamorosi.  (manuela d’alessandro)

La difesa di Stasi consegna i tweet del consulente alla Corte
Clima da Juve – Roma al processo su Garlasco

Clima da Juventus – Roma alla riapertura del processo di Garlasco. La difesa di Alberto Stasi ha duellato a lungo coi periti nominati come ‘arbitri’ dalla Corte d’Assise d’Appello per far chiarezza sul dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi e sulle possibilità per Stasi di non sporcarsi le scarpe col sangue della vittima camminando nel villino di via Pascoli.

L’aspro confronto dialettico ‘a porte chiuse’ (processo col rito abbreviato) che ha animato gran parte dell’udienza è stato preceduto da un ‘riscaldamento’ significativo sull’aria che tira in questa delicata partita. I legali dell’imputato guidati dal professor Angelo Giarda hanno depositato alla Corte i tweet scritti dal  consulente informatico della famiglia Poggi, Paolo Reale, durante le (in teoria) segretissime operazioni peritali che si sono svolte nelle settimane passate. Pare che l’ingegner Reale, che è anche cugino della vittima, non abbia incassato molto bene l’accusa di aver fatto trapelare in anticipo le attività degli esperti. Anche oggi il presidente del collegio, Barbara Bellerio, si è raccomandata con le parti di mantenere un atteggiamento sobrio con la stampa sottolinenando con ironia di non poter affidare ai carabinieri il compito di controllare che non si parli troppo coi cronisti. (manuela d’alessandro)

 

 

 

Sette anni dopo riparte a tutta velocità l’inchiesta su Garlasco.
Panzarasa, ancora tu?

Sette anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il pg Laura Barbaini tira fuori dalla naftalina di una delle inchieste più tormentate degli ultimi anni una delle vittime mediatiche illustri del delitto di Garlasco. Marco Panzarasa, compagno di liceo dell’unico indagato di questa storia, Alberto Stasi, nonché recordman di querele vinte contro i giornalisti per essere stato accostato a un crimine con cui non c’entra nulla (il 13 agosto 2007 era al mare in Liguria mentre la povera ragazza veniva massacrata), è stato convocato alla fine di luglio dal magistrato che rappresenta l’accusa nell’appello – bis con una frettolosa telefonata al mattino per un appuntamento in Procura al pomeriggio.

Cosa voleva sapere con tanta urgenza Barbaini dal vecchio compagno di Alberto che, nel frattempo, si è laureato in Legge e ha messo su famiglia? Possiamo solo ipotizzarlo, mettendo in fila le informazioni che abbiamo intercettato sull’intensa estate lavorativa del magistrato Come quasi mai accade durante un processo d’appello, il pg ha deciso di svolgere indagini integrative ’ a fondo perso’. Se ne ricaverà qualcosa proverà a convincere i giudici della seconda Corte d’Assise d’Appello di avere portato nuove prove a sostegno dell’accusa, altrimenti sarà stato lavoro inutile.

Tutto ruota attorno all’ipotizzato scambio di pedali delle biciclette in possesso di Stasi, il nuovo fronte aperto da una memoria presentata a giugno dal legale di parte civile Gian Luigi Tizzoni. Il pg non si è risparmiata nel coltivare la pista indicata dal legale dei Poggi: ha sentito un produttore di pedali per oltre sei ore, ha fatto portare via dal Gico della Finanza documentazione contabile nella sede della ditta del papà di Alberto, Nicola Stasi, morto dopo che la Cassazione ha cancellato due assoluzioni disponendo l’appello – bis. Ha ascoltato i dipendenti della ditta e, in questi giorni, continua a sentire ‘esperti’ di biciclette. Gli avvocati ufficialmente non sanno nulla perché nulla è stato da lei depositato (non è obbligata a farlo, a meno che per qualcuna di queste attività non fosse stata necessaria la loro presenza). Ma Garlasco è piccola, difficile che passasse inosservato il rinnovato fervore dell’accusa.

Torniamo al nostro Panzarasa, chiamato in gran fretta e segreto una mattina di questa piovosa estate. Perché? L’ipotesi è che il pg gli abbia posto una domanda che già circolava sette anni fa, fondata, a quanto si sa, sul nulla: Marco potrebbe avere prestato una sua bici ad Alberto? (manuela d’alessandro)