giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Stasi, costretto a un’innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio

Da 7 anni Alberto Stasi deve dimostrare la sua innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio, ribaltando il principio di legge per cui spetterebbe all’accusa dimostare la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio. Paga gli errori dei carabinieri di Vigevano che distrussero gran parte della memoria del computer dell’allora studente della Bocconi, indispensabile per ricostruire con esattezza il suo alibi (scrivere la tesi di laurea), non sequestrarono la bicicletta di Stasi (ora è tardi per le analisi scientifiche), furono costretti a riesumare il cadavere di Chiara perché dimenticarono di prendere le impronte digitali della vittima, fecero scorazzare un gatto sul pavimento della villetta dei Poggi.   Indimenticabile il procuratore capo Alfonso Lauro che, annunciando il fermo del ragazzo pochi giorni dopo il delitto, rivelò che era stata trovata la “prova della pistola fumante”, il sangue della vittima sui pedali della bicicletta. La super – perizia disposta dal gup Stefano Vitelli, che poi lo assolse, stabilì che le microtracce di materiale biologico non erano compatibili “con l’ipotesi di una deposizione per contatto con le suole di sangue”.  Già molto prima che questa perizia venisse effettuata, appena due giorni dopo il fermo, Alberto venne scarcerato dal gip, che si accorse della follia di metterlo dentro sulla base di un labilissimo indizio.

Stasi paga le idee oscure di un’accusa che, in assenza di indizi certificabili dalla scienza con certezza, non ha costruito la trama attorno a  quello che in tutti i libri gialli è il primo elemento di un crimine, il movente.  L’ultimo, quello invocato dal pg Laura Barbaini, è crollato con la sentenza che ha assolto Stasi dall’accusa di materiale pedopornografico. Adesso, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano riaprono ancora una volta le danze, ancora una volta appellandosi a Santa Scienza, ‘costretti’ dalla sentenza con cui la Cassazione ha cancellato le precedenti assoluzioni (nella sezione Documenti potete leggere l’ordinanza di oggi).  Bisogna riesaminare il capello castano chiaro trovato tra le mani della ragazza, il materiale biologico che c’era sotto le sue unghie e ripetere, ancora non si sa come,  la camminata virtuale di Stasi sugli ultimi due gradini della scala nella casa per capire se davvero potesse non sporcarsi le suole di sangue.  Siamo sicuri che  gli esiti di questi accertamenti potrebbero portare a un giudizio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio? Se anche il sangue e quello che c’era sotto le unghie erano riconducibili ad Alberto, basterebbe per condannarlo? Rileggendo questa storia sette anni dopo viene in  mente il travaglio di Dmitrij, uno dei fratelli Karamazov. Tutto congiurava perché fosse stato lui a uccidere il padre, soprattutto perché solo su di lui si era concentrato lo sguardo di tutti. Invece il colpevole era il servo Smerdjakov, che lo confessò. Qui invece c’è un imputato che deve dimostrare di essere innocente al di là di ogni ragionevole dubbio. (manuela d’alessandro)

Né movente né giudice, dopo la Cassazione su Garlasco è caos

Alberto Stasi non e’ un pedofilo e questa fino ad oggi e’ l’unica verita giudiziaria emersa dal 13 agosto 2007 quando la fidanzata Chiara Poggi e’ stata uccisa nella sua villetta di via Pascoli a Garlasco. Dopo due sentenze di condanna per il possesso di alcuni frammenti di immagini pedopornografiche trovate nel suo computer, ieri sera gli ermellini hanno ribaltato i pronostici e assolto il ‘biondino’.

Una sorpresa, come quella che ad aprile porto’ altri giudici della Suprema Corte a chiedere che, dopo due assoluzioni dall’accusa di omicidio, Stasi tornasse in aula per rispondere nuovamente del delitto.

Confusione a parte delle toghe, bisognera’ attendere che si fissi la data del processo d’appello bis per scoprire il nuovo movente dell’accusa. La visione di quelle immagini raccapriccianti da parte di Chiara sarebbe stata la molla dell’omicidio, secondo quanto già spiegato nel primo appello dalla pg Laura Barbaini che pare non abbia gradito il verdetto di ieri.

Riassumendo. Niente testimoni, nessuna traccia dell’arma, e, a nove mesi di distanza, non è ancora stato individuato chi dovrà ‘firmare’ la nuova sentenza. Per uno strano incrocio del destino, avrebbe dovuto guidare il collegio Sergio Silocchi, il presidente della prima corte d’assise ed ex marito del pg Barbaini, il quale ovviamente ha deciso di astenersi. Neppure i giudici della seconda assise che avevano scagionato Stasi potranno celebrare il nuovo processo e allora non restano, ‘per eliminazione’, che quelli della terza sezione della Corte d’Appello. Sembra non esserci nulla di facile in quello che è il rebus di cronaca nera più intrigante degli ultimi anni. (oriana lupini e manuela d’alessandro)

La strana Cassazione su Alberto Stasi che per 3 volte diventa Mario

Strane e verrebbe da dire ‘distratte’ motivazioni (le potete leggere nella sezione ‘Documenti’) quelle con cui la Cassazione spiega perché bisogna processare di nuovo Alberto Stasi, assolto in primo e secondo grado dall’accusa di avere ucciso la fidanzata Chiara Poggi il 13 agosto del 2007 a Garlasco. Non sfuggono alcuni errori di forma che una vecchia maestra evidenzierebbe con la matita rossa e un paio di ricostruzioni storiche sull’indagine lasciano perplessi.

Per ben tre volte gli Ermellini sbagliano il nome dell’imputato chiamandolo Mario Stasi (pagine 88, 91 e 92), mentre Chiara Poggi diventa Chiara Stasi (pagina 98) sebbene non fosse sposata con lui (Alberto).

Ecco invece i punti critici sulla sostanza. A pagina 88 la Suprema Corte afferma che la fascia di orario compresa tra le 9 e 12 (quando Chiara disinserisce l’allarme di casa Poggi) e le 9 e 35 (orario in cui Alberto si mette al computer) è stata ritenuta “compatibile” dai giudici di primo e secondo grado con l’azione omicida. Non è proprio così. Né il giudice di primo grado, Stefano Vitelli, né quelli della corte d’appello di Milano sono mai stati così netti nel parlare di “compatibilità” con questa striscia di tempo in cui Alberto non aveva alibi. Anzi, il gup attribuì a questa collocazione temporale dell’omicidio “plurimi e significativi punti di criticità” e lo definì “un intervallo di problematica compatibilità”. Spiegò che era molto difficile  immaginare che in 23 minuti Alberto  fosse stato in grado di andare a casa Poggi, litigare (ipotesi) con la ragazza, ucciderla, cambiarsi gli abiti sporchi di sangue, tornare a casa sua e mettersi davanti al pc per scrivere la  tesi di laurea.

Secondo passaggio controverso è quello di pagina 82, dove la Cassazione scrive che la bicicletta di Stasi così come descritta dal carabiniere Marchetto coincideva con quella descritta dalla testimone Franca Bernani, vicina di casa della famiglia Poggi. La signora Bernani raccontò al pm di avere visto alle 9 e 10 del 13 agosto una bici nera da donna davanti alla villa di Chiara. Durante le indagini,  Marchetto  scrisse in un verbale che nel magazzino del papà di Alberto aveva notato una bici nera da donna ma decise di non sequestrarla perché, come spiegò poi anche durante il processo di primo grado, non corrispondeva alla descrizione fatta dalla Bernani. Dunque, nessuna coincidenza tra le due versioni.Proprio sulla bici mai sequestrata ad Alberto in sella alla quale – ipotesi di accusa e parte civile – sarebbe andato a casa di Chiara per ammazzarla, si giochera’ uno degli scontri cruciali nel nuovo processo. (manuela d’alessandro)