giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Al Pirellone se mangiano tra loro non è reato…”e io pago”

Ci sono pranzi e cene “con soggetti ben identificati appartenenti ad altre istituzioni” a metà strada tra le spese di rappresentanza e lo scrocco ai danni della collettività, al pari di acquisti di personal computer e software vari che non è possibile considerare reato a causa sia della mancanza dell’elemento psicologico del reato sia dell’irrisorietà delle somme in questione (la richiesta di archiviazione è consultabile nella sezione Documenti).

Per questi motivi la procura di Milano ha scremato, distinguendo il grano dal loglio, l’elenco di 92 consiglieri ed ex consiglieri regionali chiedendo al giudice per le indagini preliminari di archiviare l’accusa di peculato a carico di 33 indagati tra i quali Pippo Civati, candidato alla segreteria del Pd battuto da Matteo Renzi e Rosi Mauro, un tempo pasionaria del Carroccio e badante del senatur Umberto Bossi.

Questo significa che a metà gennaio per gli altri 59 tra cui Chiara Cremonesi di Sel, l’ex capogruppo Pd Luca Gaffuri, Nicole Minetti e Renzo Bossi il pool per i reati contro la pubblica amministrazione chiuderà le indagini in vista della richiesta di rinvio a giudizio.

Nella richiesta di archiviazione i pm Robledo, Filippini e D’Alessio fotografano come “plausibile la strumentalità rispetto all’esercizio delle funzioni consiliari” ma aggiungono che non ci sarebbe materia per arrivare davanti a un giudice. “La modestia di alcune spese rende l’approccio degli indagati estraneo a quella volontà di approfittamento illecito delle risorse pubbliche” si legge nel documento della procura.

L’ultima parola spetterà a un gip e considerando che anche per i 33 c’è il rischio di una condanna per danni erariali davanti alla Corte dei conti la decisione di archiviare non è proprio scontata. Il gip potrebbe pensarla diversamente e ordinare l’imputazione coatta.

L’esiguità delle spese al centro della vicenda avrebbe forse dovuto indurre la procura a iscrivere meno consiglieri nel registro degli indagati, ma ai tempi si era nel pieno della polemica anticasta, non si andava troppo per il sottile e anche i magistrati risentono del contesto in cui operano. (frank cimini)

Pena ridotta a Ganzer, non l’unico a uscire male da vicenda grave

Il generale ora in pensione Giampaolo Ganzer, ex comandante del Ros dei carabinieri, è stato condannato in appello a 4 anni e 11 mesi in relazione a operazioni sotto copertura, irregolari secondo l’accusa che aveva chiesto in primo e secondo grado 27 anni di reclusione per associazione a delinquere traffico di droga, peculato e altri reati. L’associazione era già “caduta” davanti al Tribunale che aveva condannato l’ufficiale a 14 anni. In appello sono state riconosciute le attenuanti generiche che hanno finito per ridimensionare la pena.

La vicenda invece resta gravissima, perché Ganzer e altri ufficiali e sottufficiali della cosiddetta “Benemerita” utilizzando mezzi e strutture dell’Arma, oltte che trafficanti di stupefacenti professionali, inventavano brillanti operazioni al fine di acquisire meriti e fare carriera. E c’è pure il giallo di una discreta somma di denaro sparita misteriosamente. Continua a leggere

ll bacio in aula tra il pm e l’ex comandante dei carabinieri imputato

Si sono abbracciati e baciati come due vecchi amici. E vecchi amici sono, perché impegnati per anni sullo stesso fronte, quello della lotta alla droga. Solo che la scena non poteva passare inosservata perché uno è un pubblico ministero, Marcello Musso, e l’altro era un imputato in attesa di una sentenza, e che sentenza.

Giampaolo Ganzer, l’ex comandante del Ros di Milano, era accusato di avere orchestrato una banda di uomini in divisa  autrice di scorribande  illecite dietro lo schermo delle attività anti – droga.  Prima del verdetto di oggi che ha ridotto la sua pena a 4 anni e undici mesi rispetto ai 14 del primo grado, l’alto ufficiale (ora in pensione) non ha tradito nessuna emozione nei lunghissimi secondi che precedono il fatidico ‘In nome del popolo’.

Dopo la lettura del dispositivo ha accolto con un largo sorriso le manifestazioni d’affetto e solidarietà dell’amico pm Musso, magistrato noto per il suo rigore e per i suoi successi in ambito di criminalità organizzata.  A volte l’amicizia richiede gesti coraggiosi, che vanno anche oltre gli steccati professionali,  e quello di Musso lo è stato, al di là delle valutazioni sull’opportunità. (manuela d’alessandro)

Sciolse un bimbo nell’acido, è lo storico ufficiale della Repubblica

E’ la fotografia di un Paese, non solo della sua giustizia…. C’è un signore, si fa per dire, che sciolse un bambino nell’acido e che da anni è protetto dallo Stato perché un parlamento di pagliacci istigati dai magistrati approvò una legge sciagurata e incostituzionale…Costui da un’aula bunker sta riscrivendo la storia d’Italia con tutti i mezzi di informazione che gli fanno da megafono, come se avessero a che fare con un oracolo…

Ovvio che nessuna Corte Costituzionale dirà mai che la legislazione premiale non è congrua con la Carta, per usare un eufemismo. Perché c’è la ragion di Stato. Quelle norme nate per risolvere il problema della sovversione interna, etichettato come “terrorismo” e “anni di piombo”, delegato dalla politica ai magistrati, non possono essere messe in discussione. Il discorso vale per l’intera madre di tutte le emergenze. Basti pensare che Magistratura Democratica, la corrente di “sinistra” delle toghe ha sospeso la presentazione dell’agenda 2014 dopo aver chiesto e ottenuto da Erri De Luca un bellissimo articolo che toccava il nervo scoperto dei vincitori che processano i vinti. Insomma l’agenda 2014 finirà al rogo. Quello è l’unico periodo della storia patria di cui non si può parlare. Nessuna obiezione è possibile.  Affinchè nei tribunali della Repubblica si possa continuare a giudicare le persone non per quello che hanno o avrebbero fatto ma per cosa pensano di ciò che hanno fatto. E allora chi sciolse il bambino nell’acido diventa lo storico ufficiale di un Paese dove la politica iniziò a suicidarsi mettendo nelle mani dei giudici compiti che erano suoi, salvo lamentarsi poi che le toghe hanno troppo potere. (frank cimini)

Lerner conduce, va in onda il primo talk show in un Tribunale

Milano, Italia. “Gad, ma perché ti hanno chiamato?”. “Eh, non lo so, è nota la mia incompetenza in materia giudiziaria”.

Lerner presenta il primo bilancio sociale – talk show nella storia del Palazzo di Giustizia di Milano e d’Italia, e prima di salire sul palco fa il modesto coi colleghi (sembra sincero). A lui il procuratore Bruti Liberati affida la conduzione dello spettacolo di fine d’anno in cui vengono snocciolati dati a volte pirotecnici (più 60% di reati fiscali rispetto al 2012), emergenze eterne (organici ridotti al lumicino) e nuove (l’Expo dei reati nel 2015) , condite da qualche pillola di auto – celebrazione. Tra il pubblico, magistrati (pochi,  l’avranno approvato tutti questo bilancio?), qualche cancelliere e i soliti cronisti giudiziari, sorpresi per l”inedito show.

E che sia un vero talk, allora. Arrivano gli ospiti! Quelli scontati (l’avvocato Salvatore Scuto che rappresenta la Camera Penale)  ma anche i jolly, che dovebbero tirare su l’audience: Giuseppe Roma, direttore generale del Censis e Daniela Piana, elegante professoressa in Relazioni Internazionali dall’Università di Bologna.  Cosa accomuna Lerner, Roma e la signora Piana? Che tutti e tre ammettono nei rispettivi interventi di saperne poco o nulla  in tema di giustizia. Si vede che hanno studiato la sera prima, però. Gad conduce da par suo anche se un errorino lo fa, quando si riferisce alla vicenda di un imprenditore che sarebbe stato assolto perché in crisi economica (non ha letto le motivazioni della sentenza). Roma e la prof Piana espongono in modo brillante argomenti che conoscono appena, girandoci attorno con maestria. Tutto fila come in un talk compresa quella sensazione strana quando spegni la tv di avere ascoltato tante parole ma nessuna decisiva. Per fortuna, poi, qui ci sono le sentenze. (manuela d’alessandro)