giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Chi indaga sulla loggia Ungheria? Tutti… cioè nessuno

Tra le diverse procure e il Csm si è perso il conto di tutti quelli che indagano sulla loggia Ungheria senza che se ne sappia qualcosa considerando particolare importantissimo la complicità dei giornali e dei telegiornali i quali semplicemente non ne parlano. Della loggia di cui l’avvocato Piero Amara aveva ipotizzato (diciamo così) l’esistenza a verbale davanti ai pm di Milano parlando del caso Eni-Nigeria farebbero parte magistrati imprenditori persone con incarichi importanti nel settore pubblico e privato al fine di aggiustare processi e varare nomine al Csm. Insomma una cosa gravissima in qualsiasi caso.
Se la famosa loggia esistesse veramente ci sarebbero responsabilità da accertare. Ma anche in caso contrario, cioè se fossimo alle prese con una bufala, sarebbe inquietante uguale perché bisognerebbe chiedersi per quale motivo Amara avrebbe verbalizzato tali fantasie.
La procura di Milano avrebbe tergiversato (eufemismo) prima di procedere con le iscrizioni nel registro degli indagati secondo il pm Paolo Storari appena assolto a Brescia dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio in riferimento ai verbali di Amara consegnati a Piercamullo Davigo all’epoca componente del Csm. Gli atti per competenza sarebbero finiti a Roma e a Perugia. Infine anche a Brescia che entrava in contrasto con i colleghi di Milano in relazione e alle carte sul cosiddetto “depistaggio” in merito al fascicolo Eni-Nigeria.
La loggia Ungheria insomma sembra avviata a ingrossare la lista dei tanti misteri d’Italia e appare forte il sospetto che ciò avvenga perché la magistratura in pratica non gradisce indagare su se stessa. E mancano pure quelle fughe di notizie che caratterizzano da sempre ogni indagine che si rispetti perché i giornali sul punto non tengono passione. Cioè le cronache giudiziarie non vogliono disturbare il manovratore. E va considerato che troppo spesso hanno come “datore di lavoro” quelle procure, quegli uffici inquirenti chiamati a dirimere la questione.
Che i singoli magistrati fin qui coinvolti nelle indagini penali e nei procedimenti disciplinari siano prosciolti o condannati o trasferiti è sicuramente secondario rispetto alla causa principale. Ma questa benedetta loggia Ungheria c’era o non c’era? È esistita davvero? È ancora operativa? Blaterare di riforma della giustizia senza rispondere a tali domande sembra perfettamente inutile. Alla magistratura l’ardua sentenza. Per cui siamo messi non male ma malissimo. (frank cimini)

Il carcere istituzione reietta, saggio dI Valeria Verdolini

Ci sono addirittura ex magistrati che in servizio lo usarono per acquisire fonti di prova estorcere confessioni a proclamare l’inutilità del carcere a proporre la necessità di superarlo come unica sanzione possibile.
Quindi bisogna chiedersi come definire il carcere nel terzo millennio. Un contributo rilevante e controcorrente arriva da Valeria Verdolini, sociologa, docente all’Universita’ Bicocca. 247 pagine, 18 euro, Carrocci Editore. Il titolo è “L’istituzione reietta”.
Per spiegare come arriva a tale definizione, Verdolini afferma che il carcere si presenta come istituzione residuale che svolge una serie di compiti non richiesti dal mandato formale ma ascrivibili a un welfare a basso costo, housing sociale per i senza fissa dimora, centro di accoglienza per i migranti, comunità terapeutica per i tossicodipenfenti, comunità psichiatrica per le fragilità, centro impiego per i disoccupati, residenza sanitaria e di lungodegenza per anziani.
Si tratta di vulnerabilità che raramente trovano una risposta integrata fuori dalle mura del penitenziario. “Proprio perché contiene, incapacita, raccoglie e gestisce ho scelto l’aggettivo ‘reietta’ – scrive l’autrice – Reietto deriva dal latino reiectus, participio passato di reicere. Il primo significato è respingere rigettare, un’eccezione che comprende le riflessioni sul carcere come discarica sociale, come pattumiera senza speranza”.
L’istituzione è reietta proprio perché si demanda a essa una serie di funzioni che si sono ritirate o che comunque non presentano risorse sufficienti per gestire la popolazione che ne richiede il sostegno. La funzione di discarica sociale viene assolta solo in parte perché non è risolutiva, non ingloba tutta la sofferenza sociale ne’ tantomeno la marginalità.
Si potrebbe parlare di funzione vicaria del carcere, ennesima puntata dell’infinita emergenza italiana, iniziata almeno mezzo secolo fa con la magistratura chiamata dalla politica a risolvere la questione della sovversione interna per delega totale. E che dura fino si giorni nostri. Verdolini ricorda il doppio binario pentitismo/carcere durissimo. Un meccanismo che non disinnesca i processi di devianza ma tende ad amplificarli o ad affievolirli solo sulla base di un criterio di opportunità.
E infatti stiamo a parlare oggi di ergastolo ostativo e delle difficoltà per arginarlo perché grandissima parte della politica e della magistratura in questo unite nella lotta fanno prevalere il bisogno di sicurezza sulla necessità di rispettare i diritti delle persone. Che restano persone portatrici di diritti anche dopo aver preso l’ergastolo e non possono essere inchiodate per sempre a reati commessi moltissimo tempo fa (frank cimini)