giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Negata a Cospito visita di un secondo medico di fiducia

“Ci impediscono il diritto alla salute, secondo loro un solo medico deve provvedere alle necessità di cure di un detenuto al 140 esimo giorno di digiuno” dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini commenta di la decisione del Ministero di negare la visita di un secondo medico di fiducia, la dottoressa Giovanna Barbara Cicardi.
Secondo il Ministero con le visite del dottor Andrea Crosignani il diritto alla salute di Cospito sarebbe già soddisfatto. Tenuto conto che il detenuto è sottoposto al regime del 41bis per recidere i collegamenti con il mondo anarchico non si ritirne di dover ammettere un ulteriore sanitario al fine di non pregiudicare la ratio del provvedimento è la spiegazione.

Ma non è finita. Racconta ancora l’avvocato: “Dentro il reparto 41 bis del San Paolo oggi c’era il direttore di opera, il direttore sanitario del San Paolo e il garante nazionale dei detenuti.

Alfredo riferisce che gli hanno fatto dichiarazioni sibilline e che lo vogliono spaventare avvisandolo che il cuore può cedere all’improvviso lasciandolo “mezzo scemo sulla sedia a rotelle con il lecca lecca in bocca”.
Lui non sa quanto vogliono spaventarlo e quanto di vero ci sia.
Teme l’alimentazione forzata.
Grande censura sui telegrammi, 4 in due giorni”. Il legale aggiunge di escludere che sia stato il garante dei detenuti a cercare di intimorire e terrorizzare Alfredo Cospito. Ma insomma la tortura continua.

(frank cimini)

 

Il ‘buco nero’ della democrazia nella gestione dei militari in Val Seriana

Non basta un’inchiesta gigantesca, una piramide di carta alta quaranta faldoni che schiumano informative, messaggi, documenti, testimonianze. Non basta per spiegare fino al cuore cosa accadde nella notte italiana del Covid quando a un certo punto quattrocento militari marciarono dalla Lombardia e da altre regioni perché chiamati a proteggere le comunità di Nembro e Alzano che si assottigliavano ora dopo ora, senza fiato e senza cura, fino a quando i militari arrivarono davvero ma per posare i corpi sui camion che al camposanto la terra era gonfia di bare.

L’inizio e la fine li conosciamo: il 6 marzo 2020 partirono, l’8 marzo se ne tornarono a casa.

Le carte di Bergamo raccontano una storia a cui possiamo, dobbiamo credere perché un presidente del consiglio e una ministra dell’Interno sono stati invitati a testimoniare e quindi a dire la verità davanti ai magistrati. Luciana Lamorgese ha messo a verbale che diede “ordini orali” ai militari di effettuare “un’attività ricognitiva e di sopralluogo e che tutte queste disposizioni non sono state cristallizzate in provvedimenti formali”. Giuseppe Conte, ha aggiunto, “non sapeva dell’invio delle forze armate proprio perché il fine era di natura ricognitiva”. “Se ci fosse stato un Dpcm di cinturazione lo avrei avvertito”, puntualizza, e bontà sua: forse lui se ne sarebbe acccorto firmando un DPCM. E Conte conferma: “Dell’invio dei militari lo seppi dopo, credo dalla stampa. Non credo fosse stato disposto dalla ministra Lamorgese”.

Dunque: abbiamo un capo del governo ignaro che si stanno mobilitando centinaia di militari in un momento in cui anche una democrazia matura come quella italiana appariva all’improvviso fragile, tramortita dalla furia del virus. Un capo di governo che lo viene a sapere “forse” dai media. Abbiamo la titolare del Viminale che decide che non è il caso di avvertire il premier che sta pensando di spostare truppe di uomini e donne in divisa. Un vuoto di comunicazione democratica che a noi genera una certa vertigine ancor più se ci immaginiamo con gli occhi sull’abisso di quell’inizio crudele di primavera in cui ai morti nemmeno la grazia dei fiori poteva essere donata.

“Non credo Lamorgese avesse disposto l’invio”: fermiamoci su queste parole di Conte. Sempre dall’inchiesta  sappiamo che di certo invece Lamorgese lo fece. Lo dice lei: “La disposizione è partita dal ministero dell’Interno in quanto legata all’ordine e alla sicurezza pubblica”. Lo dicono anche i quattro fonogrammi spediti dal ministero su carta intestata del Viminale. Il primo messaggio è indirizzato al Comando generale dei carabinieri, al Prefetto e al Questore di Bergamo: “Scopo implementare dispositivo vigilanza, ordine e sicurezza pubblica in provincia, pregasi porre disposizione Questore Bergamo, da giorno 6 et fino al 20 marzo 2020, salvo proroghe, rinforzo nr.100 carabinieri. Trattamento economico indennità, ordine pubblico. Proministro Gabrielli”. Altri due fonogrammi analoghi vengono mandati alla Direzione Centrale Anticrimine e al Comando Generale della Guardia di Finanza lo stesso giorno, con riferimento all’invio rispetivamente di “114 operatori reparti prevenzione  anticrimine” e di “44 finanzieri”. E  infine c’è una quarta comunicazione firmata dal primo dirigente della Polizia di Stato, Raffaele Alfieri, in cui si chiede di “mettere a disposizione del Prefetto di Bergamo, da domani 6 marzo 2020, 120 militari con esclusione delle aliquote di comando e di controllo, per il concorso nei servizi di vigilanza delle aree sensibili individuate in relazione all’emergenza epidemiologica Covid 19”.

Tre giorni dopo arriva il dietrofront. Il ministero dell’Interno scrive alle forze dell’ordine che “a seguito et modifica” del messaggio precedente “pregasi disporre revoca con effetto immediato at disposizione Questore Bergamo”.

Aggiungiamo un dettaglio: i comandanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza devonono per norma informare i loro superiori funzionali, quindi sapevano anche il ministro della Difesa e quello delle Finanze. Tre ministri e un capo della Polizia dispongono uno spostamento di militari e il presidente del Consiglio non lo sa.

Ora sappiamo chi decise, chi sapeva e chi no e con quali modalità. Perché accadde? Ecco Lamorgese: “Abbiamo ritirato gli uomini perché l’8 marzo il presidente Conte ha emanato il noto DPCM con il quale ha emanato disposizioni contenitive per l’intera regione”.

Se fosse stata disposta la zona rossa 48 ore prima, come già era accaduto per i Comuni del lodigiano in una situazione di contagio simile, sarebbero morte meno persone?. E’ una delle domande dell’inchiesta a cui forse nessuna perizia potrebbe dare una risposta. Il buon senso suggerisce che qualche vita si sarebbe potuta salvare.

Fin qui la storia che restituisce l’indagine ma ce n’è un’altra che ha iniziato a correre  parallela a novembre del 2020 quando l’agenzia di stampa AGI chiede al Viminale con un accesso civico agli atti i fonogrammi mandati alle forze di polizia. “No per ragioni di sicurezza nazionale e ordine pubblico” è la risposta. Ricorso al Tar che invece dice sì “perché l’accesso civico è finalizzato a favorire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle forze pubbliche”. Ma il Consiglio di Stato qualche tempo dopo sospende la decisione del Tar e poi decide nel merito sulla base di una relazione  firmata il 2 febbraio del 2022 dal capo della polizia che convince i magistrati delle “rilevanti e apprezzabili esigenze di riservatezza”. Passaggio cruciale: il ministero fa sapere alla giustizia amministrativa che “non c’è stato alcun atto governativo specifico di impiego delle forze militari di Nembro e Alzano” e che “per contrastare il Covid soono stati impiegati gli stessi contingenti addetti all’operazione ‘Strade Sicure’ il cui utilizzo è stato disposto in attuazione delle direttive generali di pianificazione annuale, in relazione alle quali sussiste un’esigenza di riservatezza volta a secretare le linee della programmazione strategica di impiego delle  risorse umane e strumentali”. Non avete capito? Nemmeno noi e nemmeno i nostri avvocati Gianluca Castagnino, Eugenio Losco e Mauro Straini. Fatto è che i documenti vengono negati “perché la richiesta di accesso andrebbe ad attingere un livello di programmazione strategica di più vasta portata e come tale inattingibile da un livello di acquisizione parziale”.

Solo che adesso vieni fuori che gli unici atti che riguardano quell’invio sono quei quattro fonogrammi, giustamente striminziti come devono essere delle comunicazioni sbrigative in ambito militare.

Quali “linee della programmazione strategica” andavano protette per non nuocere alla pubblica sicurezza? Noi non lo sappiamo ma uscendo da questo viaggio ci faccciamo acccompagnare dalle parole di Pier Paolo Pasolini: “Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole”.

Manuela D’Alessandro

Steccanella: Covid pm Bergamo e il panpenalismo

 

Due anni fa denunciavo in apertura del mio libro “La giustizia degli uomini” (Mimesis, 2020) il sempre più crescente fenomeno tutto italiano del “Panpenalismo”, in cui, dopo avere fornito i dati del numero esorbitante di avvocati e processi, introducendo il capitolo “PANPENALISMO E GIUSTIZIALISMO TV” con una citazione di Popper “Noi siamo cercatori di verità ma non siamo suoi possessori” di Karl Raimund Popper, scrivevo:
“Quest’ultimo dato è lievitato negli ultimi anni a causa del fenomeno noto come ‘panpenalismo’, ovvero l’irresistibile propensione a introdurre, indipendentemente da qualunque fenomenologia criminale e da qualunque osservazione degli effetti che le pene producono concretamente, nuove figure di reato al fine di soddisfare un sempre più diffuso ‘giustizialismo’. Si tratta di un giustizialismo di tipo popolare, accompagnato da un’accentuata tendenza a celebrare i processi in TV o sui social ben prima che nelle aule di tribunale, producendo inevitabilmente un tifo da stadio. Ma il risultato peggiore è la perdita di autorevolezza del processo penale agli occhi dei cittadini, poichè le sentenze emesse ‘in nome del popolo italiano’ vengono in verità percepite, da chi avrebbe auspicato un esito diverso, come sentenze emesse ‘in nome di una parte sola’. L’aumento a dismisura di avvocati, magistrati e processi ha indebolito il prestigio di queste figure e la loro efficacia presso l’opinione pubblica, facendo parallelamente aumentare il numero di coloro che si sentono ormai in grado di commentare processi, pur non avendo mai messo piede in un tribunale”.
Nel capitolo successivo, denunciavo il conseguente giustizialismo forcaiolo (vd. recenti scene dopo la sentenza sulla tragedai di Rigopiano e quanto capitato al GIP di Verbania che “osò” bocciare la prima ricostruzione aborracciata della locale Procura):
“il diritto di questi tempi sembri non piacere più. Piace piuttosto la legalità intesa nel suo senso peggiore, quella che fa esultare per una gabbia che si chiude e indignare per una che si apre, al punto che si sono coniati sciocchi neologismi come ‘garantista’ per definire un giudice impegnato semplicemente ad assicurare il rispetto della legge”.

(avvocato Davide Steccanella)

Ruby, Cav assolto bocciato l’imbroglio dei pm

Non è un cavillo quello che ha portato all’assoluzione di Silvio Berlusconi e di tutti gli altri inputati nel processo Rubyter. Si tratta di rispetto delle regole. È un vecchio trucco quello delle procure di sentire persone come testi e non come indagati al fine di costringerle a dire la verità. Le dichirazioni rese da chi è informato sui fatti però poi non si possono utilizzare nel processo dove i diretti interessati diventano imputati.

Tutto qui. Il Tribunale lo aveva già chiarito con l’ordinanza emessa due anni fa e lo ha ribadito oggi assolvendo l’ex premier insieme alle ragazze che frequentavano la villa di Arcore dall’accusa di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari.

Cosi va in fumo il processo per un pelo di quella lana dopo che il Cav era stato assolto in appello nel primo  dibattimento dove rispondeva di concussione e prostituzione minorile. Solo nel Ruby bis c’erano state due condann. Per Emilio Fede e Nicole Minetti. Un bottino davvero magro per una saga ultradecennale imbastita guardando dal buco della serratura.

L’intera vicenda però non va esaminata solo sotto l’aspetto penale. In un paese normale un premier che telefona in questura per perorare la sorte di una minorenne fermata per furto sparisce dalla scena pubblica e non c’è bisogno di fare alcun processo. Purtroppo viviamo da mezzo secolo nella repubblica penale dove i magistrati e i giudici hanno superpoteri che gli sono stati affidati dalla politica dai tempi della madre di tutte le emergenz. E così tutto finisce in un’aula di Tribunale perché il paese intero è privo di anticorpi creando tra l’altro una opinione pubblica sempre più forcaiola.

Per una volta la procura che come dicono a Napoli “terzea” le carte esce sconfitt. E parlare di cavilli serve davvero a poco. La toppa è peggio del buco.

(frank cimini)

Steccanella a Cospito: da te una lezione mirabile

La lezione di Alfredo Cospito!!! (lettera aperta a chi ancora combatte per la libertà)

“Caro Alfredo, non ti conosco, ma mi piacerebbe farti sapere che la tua straordinaria lezione è arrivata anche a me.
‘Non lo faccio per uscire io, ma perché il 41 bis venga abolito per tutti, perché impedisce la manifestazione del pensiero’, hai detto ieri (o forse oggi), dopo che il Ministero, improvvisamente trovatosi a dover gestire pubblicamente un “problema” del quale fino a quel momento se era, come tutti, ampiamente sbattuto, ha disposto il tuo trasferimento in un nuovo carcere per “calmare le acque”.
Con il tuo sacrificio, spinto fino alle estreme conseguenze, hai sollevato un gigantesco vaso di Pandora sull’ipocrisia regnante nel nostro Paese verso la drammatica e perdurante vergogna del suo sistema penitenziario, medievale e degno solo di un’epoca storica forcaiola e ignorante, dove le persone ormai magnano e basta, e non pensano più.
Tu, solo e murato vivo, sei riuscito a creare, da quell’orrendo buco sordo e senza luce, questo pandemonio istituzionale, e ormai non c’è giorno che la tua fotografia non faccia bella mostra sui giornali, quella di un uomo che fino all’altro ieri nessuno manco sapeva chi fosse, a parte i suoi compagni.
Ti hanno paragonato a Bobby Sands o ad altri eroi che hanno nobilitato con la loro vita il dopoguerra del “secolo breve”, quello in cui di fronte alle ingiustizie ci si mobilitava in massa e non si guardava Sanremo con la passerella di un contendente in una guerra che non si combatte ma dove si mandano armi, tra una canzone di Giorgia e un commento di Fazio.
Ma loro erano in tanti, e Tu invece sei solo, non hai compagni reclusi con te in quell’inferno e neppure dietro i combattenti dell’IRA o altri sostegni, se non quanti scrivono, più sui social che sui muri per vero, “Alfredo libero”.
Un po’ pochino per crepare, direbbe chiunque, ma a tutti quei chiunque, tra i quali ovviamente mi ci metto io per primo, ormai ti sei contrapposto tu!
E finchè ci sarà anche solo uno disposto, ancora negli orrendi anni Duemila, a sacrificare la propria vita per un’idea, tutti gli altri rimarranno dall’altra parte della barricata, quella degli indifferenti, quella dei colpevoli di non avere reagito.
Spero umanamente che non debba essere come sempre la Storia a dover dire chi stava dalla parte giusta, e che quasi mai coincide con la pigra maggioranza degli sdegnati democratici.
Quelli che si imbrodano ogni giorno della Costituzione ma stanno lasciando morire un uomo che combatte per la libertà, e come diceva qualcuno, se non stai da una parte o dall’altra della barricata, “sei la barricata”.
Grazie per averci ricordato a tutti che si può anche non essere come tutti noi, e adesso saranno cazzi nostri con le nostre coscienze, ammesso che molti di noi ne abbiano ancora una, ma come immagino potresti dire tu da quell’inferno se te lo consentissero: “peggio per voi!”.
La tua Lezione mirabile è che anche al giorno d’oggi di un uomo si possono prendere tutto, anche il corpo, ma non la mente di chi ne ha conservata…una!
(avvocato Davide Steccanella)