giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il ragazzo morto bruciato in carcere che era stato assolto per un vizio totale di mente

“Un ragazzo che non sapeva né leggere né scrivere”, arrivato in Italia dall’Egitto con mani e piedi legati nella cucina di un barcone e morto a 18 anni carbonizzato in una cella del carcere San Vittore.

Suicidio, incidente od omicidio colposo, reato per cui la Procura indaga il suo compagno di cella, lo stabiliranno le indagini.

È una storia breve tanto quanto disperata quella di Joussef Barson, che sembra toccare molti punti fragili dell’accoglienza, della giustizia e della gestione del disagio mentale. Per due volte da minorenne era stato assolto per vizio totale di mente perché una perizia psichiatrica aveva certificato che non era in grado di intendere e di volere e, quindi, non poteva stare in una prigione. Per questo i giudici del Tribunale dei Minori avevano disposto l’applicazione della misura di sicurezza della comunità terapeutica ritenendolo ‘socialmente pericoloso’.

Nello studio degli esperti datato 9 ottobre 2023 si legge che i dati clinici acquisiti “permettono di concludere per la necessità di cura di un contesto altamente protetto che assicuri condizioni di cura integrate in cui è da ritenersi essenziale un’adeguata terapia farmacologica”.

Perché stava in carcere? Il suo attuale legale aveva chiesto al gip di acquisire la perizia psichiatrica e proprio poco prima che morisse aveva ricevuto la fissazione della data del processo immediato. Quella di prima ‘non valeva’ anche se è difficile pensare che nel giro di pochi mesi Barson avesse acquisito forza mentale e lucidità per affrontare una detenzione tanto più nell’istituto più sovraffollato d’Italia.

Anzi, dalla narrazione dell’avvocata Monica Bonessa, che si commuove pensando a questo destino infelice, la sua esistenza da adulto era stata ancora più tragica.”Era arrivato in Italia dall’Egitto, passando per la prigione in Libia, a bordo di un barcone quando era minorenne – racconta la legale che lo ha assistito fino al compimento della maggiore età -. L’ avevano trovato legato nel bagno del barcone, punito per i suoi comportamenti respingenti verso gli altri. Ci siamo spesi tantissimo col Comune di Milano e con l’Ussm (servizi sociali per i minorenni per i minori autori di reato)del carcere Beccaria per aiutarlo nel corso degli anni. È stato in almeno cinque comunità diverse, dall’ultima è scappato quest’estate e da allora viveva in strada dove ha commesso l’ultima rapina ai danni di una signora. Faceva anche uso di stupefacenti”.

Barson aveva difficoltà ad avere relazioni col prossimo: “Ogni volta che veniva avvicinato mostrava reazioni violente, era un ragazzo che non sapeva né leggere né scrivere, non sapeva tenere in mano nemmeno una penna. Negli ultimi mesi era stato ricoverato due volte, in una l’ospedale gli aveva fatto firmare una lettera di auto-dimissioni nonostante la sua patologia psichiatrica. Ai primi di luglio era stato accoltellato alla gola in strada e aveva provato a bussare all’ultima comunità in cui era stato dove però non erano riusciti ad accoglierlo anche per il suo stato di alterazione”.

“È una storia tremenda con molte situazioni che potevano essere gestite in modo diverso – commenta l’avvocata. “A Milano aveva solo il fratello che non era in grado di gestirlo. Ultimamente chiedeva spesso della madre e del padre rimasti in Egitto e avevamo pensato di fare domanda per il suo rimpatrio, ma non c’è stato tempo”. (manuela d’alessandro)

Non diamoli per scontati: numeri e nomi aggiornati dei suicidi in carcere

Si sono impiccati quasi tutti, chi col laccio dei pantaloni, chi con le lenzuola, chi con una corda. Qualcuno si è soffocato con un sacchetto di plastica, qualche altro riempiendosi i polmoni di gas o altre sostanze. A volte in cella non erano soli, c’erano dei compagni. Sono morti soprattutto di notte e d’estate.

A volte non subito, gli agenti della penitenziaria hanno provato a rianimarli. Età media sui 40 anni, più stranieri che italiani.Reati dall’omicidio al piccolo spaccio, tanti con dipendenza dalla droga, diversi con sofferenze psichiatriche.

Ecco gli 88 uomini e donne che si sono tolti la vita nelle carceri italiani dal primo gennaio 2024. Nel 2022 alla fine se ne erano contati 85, due anni dopo si è andati oltre. Non di tutti sono noti nomi e cognomi, della maggior parte i sindacati penitenziari, che a loro volta registrano sette suicidi di agenti in questo anno, hanno diffuso, assieme ad associazioni, garanti e legali, minimi brandelli delle loro storie.

6 gennaio 2024: Matteo Concetti, 23 anni. Stava male da tempo, soffriva di disturbo bipolare. Era rientrato nel carcere di Ancona perché, svolgendo la pena alternativa lavorando in una pizzeria, aveva sforato sull’orario di rientro a casa. Il 5 gennaio aveva detto alla madre: “Se mi riportano in isolamento, mi ammazzo”

8 gennaio 2024: Stefano Voltolina, 26 anni, detenuto a Padova, soffriva di depressione. Una volontaria ha affidato il suo ricordo a ‘Ristretti orizzonti’: “Era sveglio, buono, curioso. Abbiamo fallito”
10 gennaio 2024: Alam Jahangir, 40 anni, originario del Bangladesh, si è impiccato con un pezzo di lenzuolo a Cuneo, pochi giorni dopo il suo ingresso
12 gennaio 2024: Fabrizio Pullano, 59 anni, si è impiccato nel padiglione di alta sicurezza del carcere di Agrigento
15 gennaio 2024: Andrea Napolitano, 33 anni. A Poggioreale per l’omicidio della moglie, soffriva di disturbi psichiatrici
15 gennaio 2024: Mahomoud Ghoulam, 38 anni, marocchino senza fissa dimora, era entrato da poco a Poggioreale
22 gennaio 2024: Luciano Gilardi, gli mancava un mese alla libertà ma è morto prima da detenuto a Poggioreale
23 gennaio 2024: Antonio Giuffrida, 57 anni, era in carcere a Verona Montorio per truffa
24 gennaio 2024: Jeton Bislimi, 34 anni, si è ucciso nel carcere di Castrogno a Teramo: musicista macedone, 34enne, aveva provato ad ammazzare sua moglie. Aveva già tentato il suicidio
25 gennaio 2024: Ahmed Adel Elsayed, 34 anni, è stato trovato dagli agenti impiccato nel bagno della sua cella a Rossano Calabro. Gli mancava poco per il fine pena
25 gennaio 2024: Ivano Lucera, 35 anni, si è impiccato nel carcere di Foggia. Soffriva di dipendenze
28 gennaio 2024: Michele Scarlata, 66 anni, si è ucciso nel carcere di Imperia pochi giorni dopo esserci entrato con l’accusa di avere tentato di uccidere la compagna

 3 febbraio 2024: Alexander Sasha, ucraino di 38 anni, aveva già tentato di tagliarsi la gola prima di impiccarsi a Verona Montorio

3 febbraio 2024:Carmine S.,  detenuto disabile di 58 anni, si è impiccato nel carcere di Carinola (Caserta).
8 febbraio 2024: Hawaray Amiso, 28 anni, doveva scontare solo tre mesi a Genova. Invece avrebbe “manomesso la serratura del cancello della cella per ritardare l’intervento degli agenti di custodia” prima di impiccarsi
10 febbraio 2024: Singh Parwinder, 36 anni, bracciante agricolo, si è ucciso nel bagno del carcere di Latina
11 febbraio 2024: cittadino albanese, 46 anni, imprenditore. Si è ucciso a Terni. Gli erano state revocate da poco le misure alternative al carcere.
13 febbraio 2024: Rocco Tammone, 64 anni, era in semlibertà. Rientrato dal lavoro, si è ucciso nel cortile del carcere di Pisa
14 febbraio 2024: Matteo Lacorte, 49 anni, si è impiccato nel carcere di Lecce nel reparto di massima sicurezza. La Procura indaga per istigazione al suicidio
26 febbraio 2024: cittadino marocchino, 45 anni, si è impiccato a Prato
12 marzo 2024: Jordan Tinti, trapper, 27 anni, in carcere a Pavia per rapina aggravata dall’odio razziale. Aveva tentato il suicidio pochi mesi prima
13 marzo 2024: Andrea Pojioca, senza fissa dimora, 31 anni, ucraino. In carcere a Poggioreale per tentata rapina
13 marzo 2024: Patrck Guarnieri, è morto il giorno in cui compiva 20 anni per asfissia nel carcere di Teramo. Il pm indaga perché l’autopsia lascia dei dubbi che si sia trattato davvero di suicidio
14 marzo 2024: Amin Taib, 28 anni, tossicodipendente, si è ucciso nella cella di isolamento a Parma
21 marzo 2024: Alicia Siposova, 56 anni, slovacca, si è suicidata mentre era in corso una visita del cardinale Matteo Zuppi nel carcere di Bologna.
24 marzo 2024: Alvaro Fabrizio Nunez Sanchez, 31 anni, attendeva come molti l’ingresso in una Rems da alcuni mesi per gravi sofferenze psichiatriche. Invece si è ucciso nel carcere di Torino
27 marzo 2024: nigeriano, il nome non si sa, si è impiccato nel carcere di Tempio Pausania dove aspettava di essere processato per reati di droga.

27 marzo 2024: gli agenti lo hanno trovato appeso al cancello alle sei del mattino. Era da poco rientrato da un ricovero in ospedale, soffriva di disturbi psichici. Italiano, aveva 52 anni.

1 aprile 2024: Massimiliano Pinna, 32 anni, si è impiccato al secondo giorno di carcere a Cagliari dove era stato portato per un furto
7 aprile 2024: Karim Abderrahin,  37 anni, si è impiccato in cella a Vibo Valentia
10 aprile 2024: Ahmed Fathy Ehaddad, 42 anni, egiziano, attendeva l’inizio del processo per un caso di violenza sessuale nel carcere di Pavia
17 aprile 2024: Nazim Mordjane, 32 anni, palestinese, è morto inalando gas da un fornello da campeggio nel carcere di Como.  Nel settembre dell’anno scorso era evaso ferendo un agente di polizia
22 aprile 2024: Yu Yang, 36 anni, si è impiccato attaccandosi alla terza branda del letto a castello a Regina Coeli

4 maggio 2024: Giuseppe Pilade, 33 anni, pativa disturbi psichiatrici e sarebbe dovuto stare in una Rems ma, come per la maggior parte di chi ci dovrebbe stare, non c’era posto per lui e si è tolto la vita nel carcere di Siracusa

16 maggio 2024: Santo Perez, 25 anni, si è  impiccato nella sezione media sicurezza del carcere di Parma

23 maggio 2024: Maria Assunta Pulito, 64 anni, si è soffocata con due sacchetti di plastica annodati intorno alla testa e alla gola a Torino. Accusata di violenza sessuale assieme al marito, aveva sempre respinto le accuse

2 giugno 2014: George Corceovei, 31 anni, ha approfittato che due detenuti uscissero dalla cella che condividevano con lui per impiccarsi a Venezia
2 giugno 2024:Mustafà, 23 anni, si è impiccato nel carcere di Cagliari ma il suo corpo non ha ceduto subito. E’ morto due giorni dopo in ospedale
4 giugno 2024: Mohamed Ishaq Jan, pakistano, 31 anni. Da una decina di mesi aspettava di essere processato per lesioni e rapina a Roma Regina Coeli
11 giugno 2024: Domenico Amato, 56 anni, viene trovato impiccato alla mattina presto nel carcere di Ferrara. Con la sua morte, è stato osservato, lo Stato ha perso due volte perché era un collaboratore di giustizia e perché era nella custodia dello Stato
13 giugno 2024: A.L.B., italiano di 38 anni, si è tolto la vita nel carcere di Ariano Irpino impiccandosi alle otto della sera
14 giugno 2024: Alin Vasili, 46 anni, rumeno, si è impiccato nel penitenziario di Biella
15 giugno 2024: Giuseppe Santolieri, 74 anni, condannato a 18 anni per l’omicidio della moglie, si è ucciso nel carcere di Teramo soffocandosi con una corda. Lo aveva annunciato ai compagni di prigionia: “Non posso più andare avanti”
15 giugno 2024: un detenuto di 43 anni si è impiccato nel carcere di Sassari con un lenzuolo nel reparto ospedaliero
21 giugno 2024: Alì, un ragazzo algerino di 20 anni, si è impiccato nel carcere di Novara. “con un cappio rudimentale”, riferisce il sindacato della penitenziaria. Era detenuto per reati di droga

26 giugno 2024: Francesco Fiandaca di 28 anni che lavorava nella cucina ed era impegnato in diverse attività rieducative, si è impiccato nel carcere ‘Malaspina’ di Caltanissetta
27 giugno 2024: Luca D’Auria, un ragazzo di 21 anni, già sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, si è ucciso inalando gas nel carcere di Frosinone
27 giugno 2024: egiziano, 47 anni, era stato condannato per immigrazione clandestina. Si è impiccato con la cintura nel carcere genovese di Marassi.

 1 luglio 2024: Giuseppe Spolzino, un ragazzo di 21 anni si è impiccato nel carcere di Paola. Nel maggio del 2027, a 24 anni, avrebbe potuto ricominciare, uscendo

2 luglio 2024: un uomo di cui non sono note le generalità si è ucciso nel carcere di Livorno a 35 anni
4 luglio 2024: Yousef Hamga, 20 anni, egiziano, si è impiccato nella casa circondariale di Pavia
4 luglio: nel carcere Sollicciano di Firenze si è tolto la vita il ventenne Fedi Ben Sassi. Poco prima di uccidersi, era saltata per mancanza di connessione una sua chiamata alla madre in Tunisia
7 luglio 2024: Vincenzo Urbisaglia, accusato dell’omicidio della moglie, si è ucciso a 81 anni nel carcere di Potenza. Ai legali era stata negata pochi giorni prima la scarcerazione chiesta per il suo stato psicofisico.
9 luglio 2024: Fabrizio Mazzaggio, 57 anni, si è impiccato nel bagno della sua cella a Varese. Aveva problemi di tossicodipendenza.

12 luglio 2024: Fabiano Visentini, 51 anni, si è ucciso a Verona Montorio
13 luglio 2024: un uomo di 45 si è suicida to a Monza chiudendosi la testa in un sacchetto di plastica nella cella dove stava da solo
15 luglio 2024: Alessandro Patrizio Girardi, 37 anni, detenuto per spaccio, si è impiccato nella sua cella nella casa circondariale Santa Maria Maggiore a Venezia dove stava per reati legati alla droga
21 luglio 2024: alla Dozza di Bologna si è tolto la vita Musta Lulzim, 48 anni, albanese. E’ stato trovato impiccato nella sua cella infuocata dall’estate.
25 luglio 2024: Giuseppe Pietralito, 30 anni, si è ammazzato in cella a Rebibbia dopo avere manomesso la porta per ritardare i soccorsi. Aveva saputo da poco che sarebbe uscito nel 2026, 4 anni prima del previsto perché gli era stata riconosciuta la continuazione dei reati. “Ma non ho un lavoro, nessuno crederà in me” aveva detto ai suoi legali.
27 luglio: ennesimo suicidio a Prato dove un giovane di 26 anni si è tolto la vita
28 luglio 2024: Ismael Lebbiati, 27 anni, fine pena previsto nel 2032, si è impiccato nel carcere di Prato dove nelle ore precedenti c’era stata una rivolta.
30 luglio 2024: Kassab Mohammad si è suicidato a 25 anni nel reparto isolamento del carcere di Rieti dov’era stato portato dopo i disordini del giorno prima.

3 agosto 2024: un recluso marocchino, 31 anni, senza dimora, si è impiccato nel carcere di Cremona

5 agosto: nel bagno del Tribunale di Salerno, dopo la convalida del suo arresto, si è ammazzato stringendosi un cappio al collo Luca Di Lascio, arrestato per codice rosso
5 agosto 2024: a Biella, A.S., albanese, 55 anni, stava facendo lo sciopero della fame perché aveva chiesto di essere trasferito in un carcere più vicino ai suoi familiari. Poi, si è ucciso
7 agosto: 35 anni, tunisino, si è tolto la vita impiccandosi con un laccio dei pantaloni nel carcere di Prato

15 agosto 2024: 36 anni, tunisino,  avrebbe finito di scontare la pena per reati legati alla  droga nel 2025. Si è impiccato nella sua cella di isolamento nel carcere di Parma dove era stato trasferito il giorno prima

29 agosto 2024: Saddiki aveva frequentato un corso da cuoco nel carcere di Reggio Emilia dove cucinando stava mettendo dei soldi da parte per i figli. Era altissimo, quasi due metri, si sarebbe impiccato con una maglietta alle grate della finestra

2 settembre 2024: Salvatore Borrelli, 62 anni, ex tossicodipendente, non aveva più rapporti con la famiglia. Si è impiccato nella cella della sezione isolamento del carcere di Benevento

5 settembre 2024: gli piaceva il profumo del pane che aveva imparato a fare nel carcere isolano di Gorgona dove lo infornava. Arrestato un anno prima per reati tributari, sembrava su una strada propizia. Invece V.G. si è tolto la vita a 56 anni, in permesso premio a casa della compagna.

5 settembre 2024: a Vincenzo Villani, 46 anni, mancavano pochi mesi da scontare. Alle 9 e 20 del mattino si è impiccato nella sua cella al primo piano della casa circondariale di Imperia

16 settembre 2024: John Ogais, 32 anni, si è tolto la vita nel carcere di Ariano Irpino nonostante fosse sottoposto alla sorveglianza attiva per avere aggredito quattro agenti il giorno prima

17 settembre 2024: Salvatore Di Vivo, 50 anni, arrestato il 25 agosto per maltrattamenti in famiglia, alle 6 e 45 si è impiccato nella sua cella di Regina Coeli

4 ottobre 2024: l’ha trovato appeso alle sbarre di una cella un agente penitenziario. Era mattina e K.S, di cui si sa che aveva 24 anni ed era marocchino, l’avevano arrestato due giorni prima e portato al ‘Del Papa’ di Vicenza con l’accusa di stalking.

7 ottobre 2024: maghrebino, 40 anni, gli mancava anno da scontare. Si è impiccato alle otto della sera a Vigevano

12 ottobre 2024: alle 5 e mezzo del mattino, l’alba ancora acerba fuori, hanno trovato Pasquale De Mastro, 44 anni, detenuto per droga, strangolato coi lacci delle scarpe nel suo letto a San Vittore

22 ottobre 2024: Giuseppe Lacarpia aveva ucciso la moglie e con le sue mani ha stretto il nodo per impiccarsi nel carcere di Bari a 65 anni

28 ottobre 2024: il suicidio di Federico Librere, 57 anni, è arrivato inatteso, nel carcere lo descrivono come un detenuto “tranquillo”. Non è tranquillo il carcere: lui è il quinto a togliersi la vita in meno di un anno alla Dogaia di Prato.

4 novembre 2024: Vincenzo Bellafesta si stava liberando da uomo libero dalla droga ma per una sentenza di condanna dovuta a cumulo di pene per antichi furti e ricettazioni era tornato in cella a Santa Maria Capua Vetere. Di notte ha allungato un lenzuolo e se l’è stretto forte al collo.

5 novembre 2024: gli sarebbe bastato ‘scavallare’ l’anno perché a febbraio lo aspettava la libertà. Invece T.M,. marocchino, 41 anni, ha preso una cinghia, ha chiuso dietro di sé la porta della cella nel carcere di Venezia e tutto il resto che poteva venire.

15 novembre 2024: Ben Mahmoud Moussa, tunisino, 28 anni, prima di entrare a Marassi faceva il pizzaiolo ed era in cura per un disagio psichiatrico. Pochi giorni dopo esserci entrato si è impiccato. Non c’è stato tempo per la perizia psichiatrica chiesta dal suo legale.

21 novembre 2024: Benito Viscovo, 28 anni, è il quarto nell’anno a suicidarsi a Poggioreale. Impiccato con un lenzuolo. L’Ordine dei medici di Napoli parla di “mortificazione della vita umana” per le condizioni dei detenuti in questo carcere decadente che scoppia di persone

27 novembre 2024: “Occhi azzurri e il volto pulito”. La garante dei detenuti, Irma Testa, lo aveva incontrato pensieroso su una sedia, davanti alla finestra della cella a Cagliari pochi giorni prima del suicidio. Aspettava il nulla osta per andare in comunità. G.O. ha donato i suoi giovani organi, da tempo aveva lasciato scritto che avrebbe voluto finisse e iniziasse così

28 novembre 2024: Il cuore di Luca Zampini, 46 anni, ha smesso di battere 16 giorni in più di quanto avrebbe voluto. Ha atteso in ospedale dopo essersi  impiccato nella cella di La Spezia. Avrebbe dovuto essere processato per resistenza e minaccia a pubblico ufficiale.

6 dicembre 2024: “Aveva un sorriso triste e la morte negli occhi” ha detto il suo avvocato. Roberto Radion aveva tentato più volte di uccidersi e nemmeno l’ultima volta sembrava avercela fatta. E’ sopravvissuto per sei ore dopo essersi impiccato nel carcere di Montorio e infine ce l’ha fatta, chiudendo gli occhi a 24 anni.

16 dicembre 2024: Qualche giorno prima uno dei suoi compagni si era dato fuoco ed era stato salvato dagli agenti di Alessandria. Sempre loro avevano tenuto in vita Luca Lunardi dopo il tentativo di impiccarsi nel reparto ‘transiti’, dove i reclusi sono di  passaggio. Il suo ultimo è stato in ospedale, dove è morto.

17 dicembre 2024: a mezzanotte, gli agenti che avevano appena cominciato il turno lo hanno trovato appeso alla finestra della cella del carcere di Viterbo. Il suo compagno di cella dormiva. Aveva 23 anni e il suo nome non è stato comunicato.

 

E se credete ora/che tutto sia come prima/Perché avete votato ancora/la sicurezza, la disciplina/Convinti di allontanare/ la paura di cambiare/Verremo ancora alle vostre porte/E grideremo sempre più forte/Per quanto vi crediate assolti/Siete per sempre coinvolti/Per quanto vi crediate assolti/Siete per sempre coinvolti/

p.s. tra le fonti di questo articolo ci sono comunicati della polizia penitenziaria, Ristretti Orizzonti, agenzie di stampa, testate nazionali e locali. grazie a tutti loro per avere dato dignità a queste morti, un compito che dovrebbe appartenere a uno Stato civile.

 

Sala porta Barbacetto in tribunale per i post critici sull’urbanistica

 

Su proposta del sindaco Giuseppe Sala, la Giunta di Milano ha votato all’unanimità una delibera per chiedere un risarcimento danni al giornalista Gianni Barbacetto davanti al tribunale civile. Già fa abbastanza impressione immaginare che un’amministrazione intera con voto unanime si dedichi a perseguire un singolo cronista per averla denigrata.

Il secondo aspetto importante è che siamo davanti a un’iniziativa di quelle che si prendono quando si vuole fare molto male: non una querela per diffamazione depositata in Procura ma direttamente una richiesta di risarcimento per i danni subiti. Ma quello davvero preoccupante è che Barbacetto venga portato a giudizio non per gli articoli pubblicati sul ‘Fatto Quotidiano’ ma per commenti su Facebook, su X e sul suo blog postati a marzo, aprile e maggio di quest’anno. Tutti contenenti dichiarazioni critiche rispetto alle politiche urbanistiche portate avanti dalla giunta Sala che hanno attirato anche l’attenzione, a torto o a ragione lo vedremo, della magistratura ma anche di tanti cittadini riuniti in comitati. Tutti che si richiamano nei contenuti agli articoli che scrive sul suo giornale. L’impressione è dunque che l’amministrazione voglia colpire ‘duro’ perché Barbacetto non godrebbe della copertura economica che gli garantirebbe il giornale a meno che il direttore Marco Travaglio non decida, com’è probabile, di battersi a fianco di uno dei suoi giornalisti più rappresentativi.

“Da oggi sospendo ogni attività social – è stata la reazione  -. Mi è arrivata notizia dal ‘Giornale’  che la giunta di Milano ha deliberato di portarmi in tribunale, suppongo per le critiche al sindaco e le informazioni sull’atività del Comune in campo urbanistico, oggetto di inchieste della Procura. Tutto quello che posto suo social passa prima dal mio giornale che però non è stato querelato. Io da solo sono più debole”.

Noi da piccolo blog, che ha subito un’azione simile in passato uscendone vincitore, esprimiamo la nostra vicinanza al collega.  Della storia di Davide e Golia ci piace solo il finale ed è quello che gli auguriamo.

(manuela d’alessandro e frank cimini)

Perché non è giusto scrivere i nomi degli agenti del Beccaria


 

C’è un ragazzo che chiede un accendino. L’agente risponde “Ma perché mi rompi i coglioni?”, gli tira un pugno in un occhio e poi arrivano altri con la divisa. In quattro lo buttano a terra, calci e pugni. Il ragazzo piange, sanguina dalla bocca. C’è n’è un altro che gli resta sulla nuca l’impronta della punta di uno stivale mentre il sangue gli cola dal labbro. Gli agenti si fermano solo perché arriva la direttrice che ordina di sfilargli le manette. Le manette in un carcere si dovrebbero vedere solo in casi eccezionali. Nell’inchiesta sul carcere Beccaria vengono evocate spesso: le manette sulle mani dietro  la schiena dei giovani detenuti, nudi, gettati al suolo, legati a un tavolo.

“I nomi e cognomi di questi 13 poliziotti penitenziari arrestati andrebbero elencati uno per uno” dice qualcuno, con gli occhi sulle carte e un sincero sbigottimento nella sala stampa del tribunale. Molti dei venticinque indagati hanno tra i trenta e i quarant’anni, sono persone che per lavoro si sono trasferite a Milano. Quando hanno messo per la prima volta la divisa profumata di fresco e sono entrati al Beccaria pensavano di diventare dei crudeli fustigatori di ragazzini? In conferenza stampa viene spiegato che la percezione di alcuni degli indagati era che fosse normale reagire alle ‘vivacità’ dei giovani con “uno schiaffo educativo” che poi nella realtà descritta nell’ordinanza sarebbero state delle torture. E’ importante rispondere alla domanda sulle ambizioni di questi uomini e una donna quando hanno iniziato a lavorare al Beccaria. Non crediamo che  la metà degli agenti in servizio  siano entrati in un carcere minorile per fare quello di cui sono accusati.  Nell’ultimo report del garante dei detenuti Francesco Maisto affiorava l’immagine dei ragazzi in isolamento che pranzavano coi piatti sulle ginocchia perché il refettorio non funzionava e nelle celle non c’erano nei tavolini. Si spiegava anche che molti di questi ragazzi in teoria sarebbero destinati alle comunità che però non li prendono perché non hanno posto o sono casi molto problematici o sono minori non accompagnati. Com’è stato possibile che per due anni il Beccaria sia diventato un ring di continui combattimenti, col sangue versato in terra (“E’ normale al Beccaria essere picchiati” afferma  un ragazzo intercettato), stanze riservati ai pestaggi, urla di dolore, reclusi che si aggiravano con lividi ed ematoni per i corridoi? Oltre ai ‘soldati semplici’ c’è un solo indagato, per falso, ed è una persona che per un periodo ha comandato la polizia penitenziaria. Può essere anzi è probabile che l’inchiesta non sia finita qui.

“Ci andrei cauto a sostenere che ci fosse un’organizzazione” afferma intanto il procuratore Viola. In effetti non viene contestata un’associazione a delinquere. Esiste però un mondo oltre la giustizia penale ed è il carcere dei 32 suicidi di detenuti, quattro di agenti, degli omicidi in cella e della sofferenza senza numero di questo inizio 2024. Della mancanza di personale, di agenti che devono fare le guardie, gli psicologi e gli educatori perché sono pochi gli psicologi e gli educatori, di agenti che non hanno una formazione adeguata nemmeno per fare gli agenti.

Esistono delle responsabilità politiche maturate almeno negli ultimi 20 anni chiare, precise e concordanti. Il buio oltre le sbarre, il buio senza ritorno. Ecco perché no, l’elenco di nomi e cognomi degli agenti non va fatto se prima non vengono fatti a caratteri cubitali quelli di chi ha amministrato la giustizia da 20 anni. Se gli agenti saranno giudicati colpevoli, pagheranno col carcere a loro volta, perderanno il lavoro, porteranno un’onta indelebile sulle spalle.  Ma il carcere non cambierà col loro carcere.  Solo la politica e la coscienza civile di un Paese possono. E far entrare lì dentro quella che ora sembra una caverna i cittadini e i giornalisti. Fare luce, il più possibile e subito.

(manuela d’alessandro)

Fuori dall’aula del processo su Erba, cronisti messi davanti a uno schermo nei sotterranei

Per carità, nessuna censura ma una storia significativa su come vengano percepiti i media nei palazzi di giustizia di questi tempi. Processo di revisione sulla strage di Erba, tribunale di Brescia. Per decisione dei vertici, i giornalisti non possono entrare nell’aula della corte d’appello dove si celebra ma vengono distribuiti in due sale: una per cronisti e operatori con telecamera che potranno scaricare le immagini che la troupe di ‘Un giorno in Pretura’ metterà a disposizione, l’altra per la carta stampata che ormai solo stampata non è da un bel po’ visto che chi scrive i pezzi per il giorno dopo è chiamato anche ad aggiornare i siti in tempo reale.

In entrambe il processo va in onda su degli schermi. Al piano interrato in cui vengono dirottati carta stampata e web, non ci sono finestre. Il segnale internet, già fievole ai piani alti, praticamente svanisce o, nei momenti di grazia, funziona a intermittenza. Risultato: lavorare per i giornalisti delle agenzie e per tutti gli altri che scrivono sul web diventa molto difficile. Ci si aggira come ridicoli rabdomanti con in mano i dispositivi per captarlo tra imprecazioni e la sensazione che stia accadendo qualcosa di surreale. Un piano più in su va in scena il processo ‘reale’ a Olindo e Rosa alla presenza di una quarantina di cittadini che vi hanno avuto comodamente e giustamente accesso.

Com’è potuto accadere che non siano potuti entrare anche i rappresentanti dei media? La spiegazione che viene fornita dai severissimi controllori, carabinieri e personale del palazzo, è che l’aula è troppo piccola per  farci stare tutti. Non pare, a occhio, ma se lo dicono loro…All’obiezione che si sarebbe potuto dividere il pubblico tra cittadini e giornalisti, facendo alternare  i cronisti, delle diverse testate, la risposta di uno dei più solerti ‘guardiani’ dell’organizzazione con tesserino del Ministero della Giustizia è: “La prossima volta magari la porta la chiudiamo proprio e non entrate manco in sala stampa”.

Certo, si può ribattere, un giornalista avrebbe potuto entrare come cittadino godendo quindi di un posto al sole. Ma chi entrava in aula con questa modalità non avrebbe potuto utilizzare “qualsiasi mezzo idoneo a effettuare riprese audiovisive, televisive e fotografiche pena l’espulsione dal palazzo”. Quindi nemmeno  un telefonino. E vabbé, si dirà: ci sono la carta e la penna e il vecchio block notes, quelli usati dal bravissimo illustratore giudiziario Andrea Spinelli che infatti siede tra le prime file (la rivincita della matita!). Solo che poi gli appunti in qualche modo dovresti spedirli alla tua testata, la forza del pensiero non basta.

Laggiù, nei sotterranei, l’immagine di Olindo e Rosa non si è mai vista perché i due hanno scelto di non farsi riprendere. “Cosa vi interessava vederli? Tanto hanno chiesto di non essere ripresi” si stupisce una funzionaria del tribunale ribattendo alle proteste di alcuni cronisti agitati. Lezione dei tempi: solo quello che finisce in uno schermo ha un senso, il resto non conta. Dostoevskij non era in aula ma una lettura dei ‘Fratelli Karamazov’ potrebbe illuminare sul potere magico e la vividezza della parola scritta applicata a un processo.

Manuela D’Alessandro