giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Giambellino assolto per sempre dopo azzeramento da pm

È definitiva l’assoluzione dall’accusa di associazione per delinquere dei mitanti del comitato Giambellino Lorenteggio. La procura generale non ha depositato il ricorso in Cassazione contro la sentenza della corte di appello ammettendo di non avere gli elementi a supporto per  farlo. Si tratta di una conclusione per certi versi clamorosa dopo che nel corso delle indagini preliminari erano state emesse misure cautelari che sconvolgevano la vita di ragazzi i quali studiavano e lavoravano.

In realtà ai rappresentanti dell’accusa non interessava arrivare prioritariamente alle condanne ma bloccare la lotta per la casa in una metropoli che ha fame di case, piena di abitazione sfitte e dove i costruttori con la scusa di ristrutturare cortili e la complicita del Comune erigono grattacieli di venti piani e quando vengono messi sotto inchiesta per abusi edizi sperano nella cosidetta legge Salva Milano.

Come avevano sottolineato gli avvocati difensori il comitato non esiste più al pari della mensa popolare della scuola di calcio e di teatro. Questa è una bruttissima storia di utilizzo del processo penale nello scontro sociale e politico, dove all’opera non si sono visti interventi di garantisti ma solo accuse di “delinquenti” totalmente inventate.

La corte di appello ribaltando le condanne emesse in primo grado lo aveva scritto chiaro: “L’associazione per delinquere non sussiste”. I militanti del collettivo occupavano case fatiscenti alla manutenzione delle quali l’Aler ente l’ regionale regionale non provvedeva.

La finalità dell’indagine era terrorizzare chi lotta contro le disuguaglianze sociali metterlo in condizione di non nuocere. “Finalità di terrorismo“ si potrebbe dire mutuando le logiche di lor signori. Costi quel che costi. Ma proprio di costi sembra impossibile parlare. Quanto è costata questa indagine tra anni di ordinamenti intercettazioni addirittura elicotteri nei giorni degli arresti? Non lo sapremo mai. Vige una sorta di segreto di Stato. L’ennesima storia di democratura.

(frank cimini)

 

Per quale Costituzione scioperano i magistrati?

Lo sciopero dei magistrati è una anomalia tutta italiana, ma purtroppo ce ne dobbiamo fare una ragione anche al fine di evitare di sentire la solita cantilena dell’attacco all’indipendenza e all’autonomia di una categoria incontrollata e incontrollabile che non paga mai per i suoi errori e nemmeno per i suoi orrori.

Ma veniamo al motivo dell’astensione dal lavoro.”In difesa della Costituzione” dicono dopo averla sbandierata e squadernata alle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario per poi uscire dalle aule nel momento in cui parlava un rappresentante del ministero. Comportamenti e atteggiamenti  da asilo Mariuccia da parte di funzionari dello Stato super pagati.

La domanda è una sola. Per quale Costituzione scioperano? Per quella targata 1948 e poi buttata nel cesso circa mezzo secolo fa  dal regime Dc-Pci e dai governi di unità nazionale? O scioperano in nome della Costituzione materiale adeguata alle leggi di emergenza pretese e ottenute dalle procure, approvate da un Parlamento di vigliacchi che aveva interamente delegato ai magistrati la questione della sovversione interna?

Parliamo delle leggi premiali che consentirono ai responsabili dei crimini più efferati di uscire dal carcere “puniti“ non per quello che avevano commesso ma per ciò che pensavano di quanto  avevano fatto? Le leggi della madre di tutte le emergenze restarono in vigore anche nelle emergenze successive, mafia e Mani pulite. Non ci furono tribunali speciali come nel ventennio ma uso speciale dei tribunali ordinari. Cioè il peggio del peggio., Perché avessero creato i tribunali speciali poi avrebbero dovuto a un certo punto abolirli.

Invece stanno ancora lì. Tanto è vero che siamo alla repressione senza sovversione. In corte di assise 50 anni dopo per accertare con carte false e.violazioni delle regole processuali chi uccise il carabiniere ma non Mara Cagol finita con un colpo di grazia il 5 giugno del 1975. 50 anni fa.

E stiamo con il carcere duro del 41bis applicato a oltre 700 detenuti un numero superiore a quello del periodo delle stragi di mafia. Dove sta la Costituzi9ne del 1948? Non c’è più da tempo immemore. Ma serve all’Anm la cupola della magistratura per prendere in giro un paese intero in nome della “legalità“ che non è mai il diritto di chi è senza diritti. Chi è senza diritti non ha alternative al conflitto sociale oggi in verità molto debole ma per quel poco che c’è viene represso da magistrati e politici uniti nella lotta. Su questo non litigano. Come quando usarono la Costituzione come carta igienica per contrastare un tentativo di rivoluzione il più serio nel cuore dell’Occidente.

(frank cimini)

I servizi segreti querelano ma non sono “deviati”

I servizi segreti hanno querelato i quotidiani Foglio e Unità che avevano raccontato la storia del funzionario Giovanni Caravelli volato a Tripoli per informare i libici sulle carte in possesso della Cpi per incriminare altri 86 torturatori. In modo che stessero lontani dall’Italia dove verrebbero arrestati.

E non si tratta di servizi segreti “deviati“ che non esistono. Anzi non sono mai esistiti.

È sempre la solita storia su ogni argomento: dire servizi deviati fa credere che ci siano servizi buoni, dire capitalismo aggressivo o predatore o turbo fa credere che ci sia un capitalismo non aggressivo o non predatore.

Il termine deviati fu inventato dal Pci negli anni ‘70 per accreditarei come forza di governo dentro uno Stato “indelebilmente segnato dalle lotte operaie e popolari”. Era la teoria della “classe operaia che si fa stato”.

Insomma raccontavano la favola del loro stato che era democratico mentre ce ne sarebbe stato un altro  cattivo e “deviato” dalle funzioni istituzionali.

Ma gli uomini dei servizi segreti arrivati da Roma per indirizzare e inquinare le indagini sulla bomba di piazza Fontana e coprire i responsabili dell’assassinio di Pinelli erano funzionari dello Stato democratico nato dalla Resistenza antifascista.

Come adesso negli accordi con i torturatoti l’unico avviati dal ministro Minniti governo Gentiloni centro sinistra. E adesso un governo di destra prosegue l’opera. Del resto era stato così per le prime leggi sul lavoro flessibile e sull’istituzione dei Cpr luoghi di tortura ai danni di persone private della libertà senza aver commesso reati.
(frank cimini)

 

Se un processo penale ti salva dalla rovina

Per il giudice penale, il fatto non sussisteva. L’incendio di fine 2018 a Sorico, nel comasco, che aveva incenerito quasi 700 ettari di bosco del monte Berlinghera, impegnando canadair e pompieri per giorni, non fu colpa loro.

Il giudice civile, invece, si guarda bene da cercare di stabilire se siano responsabili o no del disastro. Ma incenerisce la multa che avrebbe rovinato la loro vita. Oltre otto milioni. Per l’esattezza: 8.125.739 euro e 80 centesimi. Così, forse di mancia. Se sono salvi, quei due ragazzi, lo devono al principio del ne bis in idem, che forse non conoscevano neppure. Non si processa due volte, in sede penale e amministrativa, lo stesso fatto. A meno che le due sanzioni non prevedano un meccanismo compensativo tra le stesse. Solo che nello specifico, tra la violazione del codice penale e quella di una legge regionale lombarda, la 31/2008 che punisce chi distrugge boschi con un incendio, non c’è collegamento sanzionatorio.

In sede penale, il pm aveva chiesto un anno e otto mesi di condanna per i due giovani, D.B e A.M, che avevano acceso il barbecue davanti alla baita dei nonni del primo. Tirava vento forte. Alcune tizzoni e faville avevano superato la recinzione e innescato fiamme nel prato. Gli investigatori avevano fatto i conti al millimetro: 684,0986 ettari distrutti. Secondo le difese (avv. Ivana Anomali e Giuseppe Fadda) l’area boschiva era però frequentata anche da altre persone estranee a quella comitiva di amici. E altri roghi indipendenti si erano sviluppati nella stessa zona. Sentenza a maggio 2024. Un 530 cpp che, attraverso la cortina di fumo e fiamme, aveva fatto intravedere la luce ai due imputati.

Solo in seguito, a fine ottobre, è arrivata la sentenza civile. Le motivazioni tacciono sul merito. La questione è un’altra. Per il giudice di Como Paolo Bertollini c’entrano la sentenza Grande Stevens vs Ue, la A&B vs Norvegia, la giurisprudenza sul principio del ne bis in idem, appunto. Chissà come sarebbe finita senza il processo penale.

Unica postilla. Una multa, quella sì, va pagata. Per aver acceso un barbecue in un luogo a meno di 100 metri dal bosco, cosa pacifica. Fanno 118,78 euro. Decisamente meglio che un mutuo per le prossime 15 generazioni. 

Steccanella ricorda la giudice in bicicletta

Quando per parecchi anni ho abitato vicino a lei, in zona Pagano, mi capitava spesso di vedere una signora bionda, molto elegante, che pedalava in bicicletta verso la nostra comune destinazione giornaliera, il Tribunale di Milano, io diretto in motorino verso il mio ufficio e lei verso il suo all’interno del Palazzo, io avvocato e lei magistrato. Tribunale di Milano dal quale non mi pare si sia mai mossa nel corso della sua lunga esperienza professionale, in gran parte da giudicante, anche se non mancò di rivestire la funzione di PM negli anni in cui in quel luogo succedevano tante cose, non tutte belle, ma almeno succedevano, come tante altre cose che succedevano nella nostra città.

Non eravamo amici, ci si dava del Lei, ma non è mai mancato, credo, l’apprezzamento reciproco, fermi restando i rispettivi e diversi ruoli, come sarebbe bello sempre accadesse in qualsiasi luogo di lavoro e non di culto, fino a quando, raggiunta la pensione, non l’ho più incontrata.
Che fosse anche un bravo magistrato non devo dirlo io e mi interessa poco, come poco rileva un episodio di parecchi anni fa che creò tra di noi un certo malumore da parte sua, quando la mia proverbiale intemperanza mi portò a criticare pubblicamente la sua gestione di un processo di appello e un giornalista riprese la notizia per scrivere un articolo che nulla c’entrava con quel fatto, ma poi la cosa rientrò, e tutto si risolse in breve tempo, come ancora mi viene da dire, sarebbe bene succedesse sempre.
Ho di Lei il ricordo di due momenti in cui, in qualche modo portò un po’ di luce in quel luogo spesso cupo e sordo quale è quello dove ogni giorno si determina il destino di esseri umani, coi suoi modi garbati e la dolcezza che aveva nello sguardo e nel timbro di voce, gentile, femminile ma autorevolmente apprezzato.
La prima volta risale a più di 40 anni fa, quando misi per la prima volta piede in Tribunale come carabiniere ausiliario addetto alla scorta dei detenuti che prelevavamo da quel vero e proprio inferno di San Vittore per condurli a giudizio. In quella situazione orrenda di prigionieri in gabbia e gente distratta, lei presiedeva uno dei tanti collegi e mi colpì la sua diversità umana da tutto il resto, quell’aula “sorda e grigia” non le modificava i tratti, anche qui come dovrebbe sempre succedere.
La seconda accadde tantissimi anni dopo, non molto tempo fa, quando me la trovai a decidere le sorti di un mio assistito che i media avevano trasformato in un mostro e nei confronti del quale trovavo insormontabili difficoltà ad ottenere il rispetto dei minimali diritti che il mio mestiere mi impone di perseguire.
Non era tenuta a farlo perché oggetto della udienza era altro, eppure volle ugualmente inserire nel provvedimento finale un inciso che stabiliva che nei confronti del mio assistito non si poteva applicare l’osceno regime di detenzione speciale meglio noto come il famigerato 41 bis e fu solo grazie a quell’inciso che con immensa fatica e molti mesi di attesa riuscii ad ottenere una declassificazione del detenuto, rivelatasi a tal punto giusta da scatenare le ire del noto Delmastro, quello che prova “intima gioia” a togliere il respiro ai carcerati.
Lei non era così, Lei era una bella persona, prima ancora che un bravo magistrato.
Un saluto speciale a Giovanna Ichino, la bella signora in biciletta, da un avvocato del Foro di Milano.
(avvocato Davide Steccanella)