giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Elogio a Fabio, da 18 anni custode gentile dei segreti della Procura

Un po’ come Lucy, l’amichetta di Charlie Brown pronta ad accogliere tutti al suo banchetto ‘Psychiatric help’ per la spropositata parcella di 5 cents. Ma con due differenze: lui ti ascolta davvero e lo fa gratis, con un sorriso aggiunto.

Magistrati, giornalisti, umanità del Palazzo, personaggi strampalati, uno per tutti il mitico professor ‘Mezzacapa’ che una volta alla settimana per anni si presentava nel suo ufficio per fare il punto col procuratore Corrado Carnevali sull’amore non corrisposto per una nota cantante.

Oggi tutti festeggiano il custode dell’anticamera del potere, l’appuntato dei carabinieri Fabio Vicari, mentre riceve a furor di popolo “per il suo lodevole e costante impegno” un elogio speciale dal suo Comandante Giuseppe La Gala.

“Ogni giorno sono motivato a ricevere qualcuno per qualche problema e ricevo anche chi non ce li ha”,  scherza (come sempre) Fabio, da 18 anni alla segreteria dei capi della Procura, da Borrelli a D’Ambrosio, da Minale a Bruti Liberati, fino a Greco.

“Nonostante non abbia svolto la sua attività in strada  ha mostrato quella voglia di essere utile nei confronti dei cittadini, aiutando i magistrati a risolvere i problemi della gente”, è l’omaggio di La Gala il quale però, non vivendo qua dentro, lo conosce solo un po’. Perché Fabio aiuta tutti, chiunque abbia bisogno di un’informazione, un consiglio su come riparare il pc (è un portento dell’informatica e ha un drone, oltre che una bellissima moglie, collega di Tribunale) o di una carezza in una giornata nera. E nonostante il potere lo annusi tutti i giorni nella solenne anticamera del capo di turno, il miracolo è che Fabio non se n’è mai lasciato sedurre, conservando lo sguardo dei puri sul mondo.  (manuela d’alessandro)

Perché la separazione delle carriere non è il rimedio al male

 

E’ di questi giorni la raccolta firme a sostegno dell’iniziativa popolare per la separazione delle carriere della magistratura promossa da UCPI (Unione Camere Penali Italiane) e annunciata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 93 del 21 aprile 2017.

Il nucleo centrale risiede nella sostituzione dell’attuale primo comma dell’art. 106 della Costituzione che dovrebbe, nell’intenzione dei proponenti, diventare il seguente: “le nomine dei magistrati giudicanti e requirenti hanno luogo per concorsi separati”.

Le ragioni a sostegno dell’iniziativa (che potremmo dire quasi “rivoluzionaria” nel nostro paese) sono plurime, e per la gran parte già note, posto che trattasi di problematica di cui si discute ampiamente da anni e da più parti, ma sostanzialmente si condensano nella volontà di meglio garantire la necessaria “terzietà” del giudicante rispetto ad una delle due parti in contesa, in coerenza con quel “modello accusatorio” che fu il principio ispiratore del codice di rito del 1989.

“Giocheresti una partita arbitrata dal fratello del tuo avversario?” si legge sul sito web del comitato promotore (separazionecarriere.it.) per evidenziare, con efficace slogan, quello che viene ritenuto essere il vizio capitale dell’attuale ordinamento giudiziario: il comune concorso di provenienza.

Da un lato perché chi proviene da una stessa selezione non potrebbe in futuro conservare giusta equidistanza da chi verrebbe comunque visto come un ex “compagno di scuola” e dall’altro perché quella comune legittimazione concorsuale consente successivi passaggi di funzione ulteriormente rafforzanti lo spirito di “colleganza” tra giudicanti e requirenti.

Ne deriva che eliminando quel vizio originario il giudizio penale riacquisterebbe, secondo i promotori, la sua giusta natura di leale confronto tra due parti in perfetta par condicio di fronte al Giudice.

Le motivazioni sono certamente più che lodevoli, ma personalmente non ritengo efficace il rimedio proposto, e non tanto per ragioni “culturali” o “politiche”, ma per un motivo ben più pratico, che cercherò di spiegare.

Se il punto dolens, e su questo siamo ovviamente tutti d’accordo che lo sia, è che a noi difensori capiti talvolta di incappare in giudici palesemente sbilanciati verso la pubblica accusa, la ragione dipende esclusivamente dalla persona di quel giudice che ha evidentemente sbagliato mestiere.

Chi sceglie di esercitare una funzione così delicata, che incide direttamente sulla vita delle persone, deve infatti avere molto chiaro che il suo lavoro consisterà unicamente nel valutare in assoluta oggettività lo spessore delle prove raccolte dalle parti in contesa, e senza il benché minimo condizionamento aliunde, qualunque esso sia.

Un giudice che invece pronuncia una sentenza “in nome del popolo italiano” (evidentemente formato anche da soggetti diversi dai suoi “compagnucci di concorso”) tenendo anche conto della diversità d’ufficio di una delle due parti, è un pessimo magistrato per tara genetica e resterà un pessimo giudice vita natural durante.

Chi nasce pessimo giudice non migliora in forza di legge, né l’imparzialità di giudizio può essere garantita a colpi di commi.

Nella mia professione ho incontrato, come tutti, pessimi giudici e ottimi PM, e come non ho mai pensato che un pessimo PM potesse trasformarsi in futuro in ottimo giudice, altrettanto vale per quei pessimi giudici che non sarà certo un diverso concorso a trasformarl in bravi magistrati.

So bene che mi si obietterà che la riforma di un sistema prescinde dalle singole individualità, e che in ogni caso “il meglio è nemico del bene”, ma proprio perché il tema della terzietà del giudice è fondamentale, temo le soluzioni foglia di fico un po’ ipocrita.

“Avete voluto la separazione delle carriere ? Allora non lamentatevi più” e i pessimi giudici e le pessime sentenze avranno pure l’avallo di una imparzialità per…legge.

avvocato Davide Steccanella

Quei crediti formativi agli avvocati romani per la manifestazione di piazza

Tutto o quasi pare essere lecito al gran mercato dei crediti formativi, anche  sontuose dormite cullate da relatori che parlano a loro stessi. Ma qui si è andati un poco oltre. Gli avvocati romani che hanno partecipato al corteo di sabato scorso da piazza della repubblica a piazza San Giovanni per invocare l’equo compenso sono stati premiati con 3 crediti formativi deontologici. Una decisione sconcertante  per alcune toghe capitoline che hanno espresso vivo disappunto anche sui social.

A deliberare il valore formativo dell’evento è stato il consiglio dell’Ordine romano motivandolo così in una lettera ai propri iscritti: “Dal palco si susseguiranno le relazioni di autorevoli esponenti del mondo delle professioni e dell’avvocatura, ben potendosi inquadrare in quest’ottica la partecipazione  e l’ascolto delle relazioni quale attività di aggiornamento professionale in materia di deontologia e di ordinamento forense rispetto ai temi che saranno trattati su compenso professionali, dignità e decoro dlela professione”. Ora, proprio il “decoro” della professione avrebbe forse dovuto suggerire agli elargitori di crediti che una manifestazione con un taglio così spiccatamente politico non dovrebbe essere inquadrata in un ambito formativo. Un orientamento seguito per esempio dalla Camera Penale di Milano che per domani ha organizzato un incontro coi parlamentari sulle ragioni dell’astensione contro il Ddl Orlando seza concedere crediti formativi per scelta. (manuela d’alessandro)

Chi spia sul tavolo di Ilda Boccassini?

 

Qualcuno che, per il momento, non ha ancora un volto, spia sul tavolo di Ilda Boccassini e riferisce agli indagati. Qualcuno che parrebbe essere in confidenza col magistrato per avere avuto accesso alla sua stanza e al fascicolo. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta che ha portato al commissariamento di 4 direzioni generali della Lidl Italia e all’amministrazione giudiziaria della società che gestisce la sicurezza del Tribunale di Milano per infiltrazioni mafiose.

L’indagine, spiega il gip Giulio Fanales, è stata caratterizzata da una sequela di fughe di notizie perché i componenti della presunta associazione a delinquere legata al clan dei Laudani “vantano un rilevante ‘capitale’ di relazioni personali, idonee a procurare informazioni sensibili circa le indagini penali pendenti. Si tratta di una rete di rapporti, intrattenuti dagli associati, con soggetti esterni all’ organizzazione e vicini agli organi di polizia, in grado di rivelare notizie coperte dal segreto d’ufficio, in merito alle indagini in corso”. 

E tra gli episodi citati spunta quello che vede protagonista una persona”che ha modo di rivelare, ad uno degli indagati, quanto appreso visionando direttamente il fascicolo dell’ indagine sul tavolo di lavoro del Procuratore Aggiunto della Repubblica, responsabile della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, llda Boccassini”. Tra i “non identificati” oltre all’ignoto voyeur nell’ufficio di Ilda, figurano anche “il capitano della Guardia di Finanza precedentemente impegnato nel compimento di atti relativi alla verifica fiscale nei confronti del Ferraro (uno degli indagati, ndr)  e il maresciallo della Guardia di Finanza di Lissone, confidente della moglie del Ferraro”. E’ stato invece dato un nome a un altro ‘informatore’, un tenente colonnello in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Como della Guardia di Finanza”. Proprio le Fiamme Gialle di Varese hanno condotte le indagini assieme alla Squadra Mobile della Questura di Milano. (manuela d’alessandro)

Tutti nell’aula del processo, Belen affossa la produttività del Tribunale

 

Si sta stretti come sardine nell’aula che non è una delle più piccole del palazzo di giustizia. La curiosità è contagiosa, il pubblico è vasto potendo contare su un buon numero di cancellieri, assistenti e magistrati, tutti formalmente in orario di lavoro ma qui ad assistere allo “spettacolo”: Belen Rodriguez testimone della difesa di Fabrizio Corona nel processo in cui l’imprenditore fotografico più famoso d’Italia risponde di tanti soldi incassati in nero e poi distribuiti tra controsoffitti e cassette di sicurezza in Austria.

Il corridoio che conduce all’ingresso principale dell’aula è transennato per arginare la folla di cameraman, un carabiniere invita a entrare dal retro “perché questo è l’ingresso dei vip, l’abbiamo inventato oggi”.

Belen  utilizza la panca vicino alla porta come sala trucco con la sorella che l’aiuta che in origine dovrebbe deporre pure lei, ma poi la difesa vi rinuncia.

Il personale giudiziario che dovrebbe stare in ufficio è qui “al cinema”. Materia di riflessione vi sarebbe per i sindacati del settore, in testa l’Anm gran fustigatrice dei costumi nazionali e custode di moralità, sempre bravi a pontificare sulla carenza di organici, che impedirebbe alla giustizia di funzionare. Oggi si lavora poco e male “per colpa di Belen”, che abbassa la produttività del tempio della farsa di Mani pulite ma avrà alzato di sicuro il testosterone (frank cimini)