giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

In arrivo il nuovo ‘super registro dei reati’ a Milano, rischio paralisi

Fate in fretta se avete nel cassetto una denuncia contro ignoti da presentare alla Procura di Milano (ogni giorno ne arrivano un migliaio). Se lo farete adesso è molto probabile che prima di un anno quel foglio non si muova dalla scrivania su cui è stato posato. Ma se la presenterete dopo il 10 novembre passerà molto più di anno perché quella denuncia cominci la sua ‘strada giudiziaria’ verso un processo o un’archiviazione.

Miracoli al contrario della rivoluzione informatica che sta per travolgere la giustizia milanese: tra 2 settimane spira il buon vecchio Re.ge., il registro informatico delle notizie di reato, quello su cui ogni avvocato, sospettato o cronista vorrebbe allungare le mani, lo ‘scrigno’ dei segreti del Palazzo. Al suo posto ecco il Sicp (Sistema Informativo Cognizione Penale), che minaccia di ibernare le attività della  giustizia milanese. Di per sé, l’innovazione è promettente. Il nuovo ‘registro’ sarà molto più ricco di contenuti: non solo notizie di reato, ma anche quelle sulle misure cautelari e su tutti i passaggi clou dei procedimenti penali. Inoltre, mentre il Re.ge è consultabile solo dai pm, il Sicp sarà a disposizione  di tutti gli altri uffici, dal Tribunale alla Corte d’Appello alla Procura Generale.

E allora, perché la sua introduzione è accolta con sgomento dagli addetti ai lavori? Intanto, perché l’informatica senza l’uomo è perduta. A Milano, non a caso l’ultima città assieme a Roma in Italia ad affidarsi al nuovo sistema, per ogni ufficio di pubblico ministero ci sono 0, 80 dipendenti. Calcolando che tutto il carico del ‘sistemone’ graverà sulla Procura, da cui poi partirà il flusso delle informazioni per gli altri uffici, è intuibile il disagio. Aggiungiamoci che per aprire una nuova maschera bisogna aver compilato quelle precedenti altrimenti non si va avanti, con un notevole dispendio di tempo. A dirlo è anche il Csm in una delibera del 17 ottobre nella quale candidamente ammette: “ormai è chiaro che alcuni sistemi informatici, come il Sicp, rallentano e non velocizzano le attività ed assicurano un ritorno su altre dimensioni come quello della qualità”. Nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario 2015 a Torino, si legge che il Sicp “è lento e farraginoso perché lo scaricamento di qualsiasi evento richiede molti più passaggi di prima e il personale non è stato formato”. Simili problemi sono emersi in molti altri distretti italiani e ora vanno immaginati in una realtà sofisticata come quella milanese, dove il problema più grave sono  i ritardi nelle iscrizioni delle denunce contro ignoti.

Il Sicp, infine, fa molto affidamento, nelle intenzioni, sulla consolle del magistrato, una sorta di ‘scrivania informatica’ che dovrebbe essere messa a disposizione delle toghe. Peccato che a Milano le consolle, in teoria finanziate coi famosi fondi Expo per la giustizia, non siano ancora a disposizione delle toghe. (manuela d’alessandro)

 

Cantone: “Milano capitale morale”. E un grazie alla moratoria no?

Il ritorno di Milano a “capitale morale”. Lo certifica Raffaele Cantone, il numero uno dell’autorithy anticorruzione in una delle tante esternazioni che caratterizzano il suo attuale incarico e che con ogni probabilità si riveleranno utili per il prossimo, quando l’ex pm anticamorra deciderà cosa fare da grande.

Invece, “Roma non ha gli anticorpi” in vista del Giubileo, aggiunge Cantone. E gli anticorpi di Milano? Ne vogliamo parlare? Era stato meno vago Matteo Renzi ad agosto scorso quando nel decantare il successo di Expo aveva detto un bel grazie a Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. Era riferito chiaramente alla moratoria sulle indagini decisa dalla procura ben prima che Expo venisse ufficialmente inaugurata.

Insomma, un bel regalo per non rovinare l’evento che il sistema paese aveva conquistato sbaragliando in quel di Parigi la terribile armata di Smirne. Con il 70 per cento dei lavori di Expo affidati con trattativa privata “perché siamo in grave ritardo”, senza gare pubbliche, il gioco di sponda degli inquirenti era indispensabile.

Del resto per gli stessi fondi Expo destinati alla giustizia i vertici del Tribunale non avevano fatto ricorso a gare pubbliche. Inutile a questo punto chiedersi chi controlla i controllori. Per molto meno si fanno indagini sui comuni mortali che spesso “per scambi di potere”, senza nemmeno un passaggio di quattrini, finiscono in carcere, perché i signori che vigilano sulla legalità (ma solo su quella degli altri) sono inflessibili. Come si suol dire “non guardano in faccia a nessuno”. Continua a leggere

Le nozze gay annullate dal giudice che tifa “sentinelle in piedi” su twitter

 

Il giudice estensore della sentenza del consiglio di stato che ha annullato la trascrizione delle nozze gay a Roma, dopo essere state celebrate all’estero, si chiama Carlo Deodato e su twitter aveva rilanciato articoli a favore delle iniziative di “sentinelle in piedi”.

“La nuova resistenza si chiama difesa della famiglia” è il titolo dell’articolo ritwittato. Poi aveva rilanciato un tweet: “Questa è sì la volta buona per mandare a casa Renzi e per altro governo che non sfasci il paese con riforme dannose”. Il tweet era stato indirizzato a Enrico Letta, l’ex premier, da “Cristina judex”.

Con tale attività di propaganda in corso il giudice Carlo Deodato avrebbe dovuto astenersi. Invece non lo ha fatto ed è addirittura estensore del verdetto che ha annullato la trascrizione delle nozze gay. Twitter è un luogo pubblico. Il giudice avrebbe dovuto comprendere di essere portatore di un conflitto di interessi spaventoso. Le sue idee sul matrimonio gay, come su qualsiasi altro argomento sono ovviamente legittime, ma nel momento in cui le esterna in modo così clamoroso, il giudice perde quelle caratteristiche di imparzialità, terzietà e indipendenza che sono indispensabili per chi è chiamato come professione a emettere sentenze in nome del popolo e della repubblica italiana.

Questa vicenda, come altre, dovrebbe far riflettere l’Anm e il Csm che non perdono occasione in convegni, congressi e comunicati stampa per gridare che i magistrati sono indipendenti e autonomi. Se non possono astenersi dai processi, che almeno si astengano da twitter. (frank cimini e manuela d’alessandro)

Agente provocatore e pentiti, le idee dell’ex pm di Mani pulite

Ci vuole un agente provocatore che vada in giro a offrire soldi a un pubblico ufficiale e farlo arrestare se accetta. E impunità totale per il corrotto o corruttore che per primo collabora con l’accusa. Sono le idee dell’ex pm di Mani pulite ora giudice in Cassazione Piercamillo Davigo, espresse in occasione del congresso nazionale della casta togata, l’Anm, a Bari.  E’ grave che un giudice che dovrebbe essere terzo ( ma non in graduatoria) faccia proposte del genere. Le sue parole sono l’ennesima dimostrazione della necessità di separare le carriere, un progetto destinato a restare inattuato in un paese in cui i pm spadroneggiano al Csm e tengono per le palle un’intera classe politica che da parte sua fa di tutto per essere sempre più impresentabile.

Con agenti provocatori e pentiti, chi indaga avrebbe la possibilità di lavorare ancora meno rispetto ad oggi. Ovviamente contano zero i danni irreparabili che la legislazione premiale ha fatto allo stato di diritto, varata da un parlamento che delegò interamente ai magistrati la risoluzione della questione relativa alla sovversione interna degli anni ’70 e ’80. Ai magistrati va bene, anzi di lusso, così, considerando che quello fu l’inizio della fine perché accadde che proprio in virtù del credito acquisito poi nel 1992 le toghe andarono all’incasso e dissero: “Adesso comandiamo noi”.

Con la proposta di impunità totale i magistrati ci provarono già nel 1994, nel pieno della falsa rivoluzione, ma non ce la fecero. Ora ci riprovano perché lor signori in toga non demordono. L’obiettivo è di accrescere ulteriormente il potere che hanno, allargando la repubblica penale a dismisura. Insomma Mani pulite, quasi un quarto di secolo dopo, continua a fare danni.

“Ci vogliono delegittimare” ha gridato anche lui da Bari il numero uno dell’Anm, Sabelli, che evidentemente non ha la bontà di leggersi gli atti della guerra interna alla procura di Milano, perché scoprirebbe che i magistrati si delegittimano da soli perché emerge chiaro che fanno valutazioni politiche. E’ il “rimprovero” che i pm di Brescia hanno messo nero su bianco a proposito di Bruti Liberati, pur assolvendolo dall’accusa di abuso d’ufficio. Ma non è successo nulla. L’omertoso Csm ha taciuto, così l’Anm. Siamo nel paese in cui il capo del governo, parlando del “successo” di Expo ha ringraziato la procura milanese “per la sensibilità istituzionale”. Cioè per la moratoria delle indagini sull’evento, assurto a patria da salvare. Ma di abolire l’ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale non si può parlare.  Chi controlla i controllori? Nessuno. (frank cimini)

Le sei Maserati di Stato su cui nessuno del Tribunale vuole salire

Una volta (non tanto tempo fa!) i politici avrebbero probabilmente fatto a gara per farsele assegnare. Ma oggi, in tempi in cui l’antipatia e perfino l’odio verso la Casta si sono fatti palpabili, l’idea di farsi vedere in giro a bordo di una Maserati di Stato viene schivata come la peste. Deputati, senatori, magistrati, giornalisti di grido, insomma tutta la categoria dei ‘soggetti a rischio’ a cui è stata assegnata una scorta, preferiscono veicoli più sommessi. Così le sei Maserati assegnate ai carabinieri che effettuano il servizio giacciono spesso inutilizzate nel cortile del palazzo di giustizia.
A chi sia venuta la bizzarra idea di comprare delle supercar da adibire ad autoblu, è un mistero che si perde nei meandri dell’alta burocrazia statale. La leggenda vuole che ognuna, compresa di blindatura, sia costata più di centomila euro. Gli enormi costi di gestione hanno fatto sì che venissero inserite nel parco macchine che il governo ha deciso di privatizzare, cioè di vendere all’asta, ma ovviamente sono rimaste invendute. Così da Roma sono approdate a Milano. E lì si sono fermate.
Basta fare un giro nel cortile che le ospita per vedere come le Maserati spicchino nel panorama non confortante dei veicoli di Stato. L’aspetto più desolante lo hanno alcuni Ducato con le insegne di polizia e carabinieri, veicoli che dimostrano quindici o vent’anni di vita e sulla cui efficienza si potrebbe nutrire qualche dubbio. Poi molte Alfa, una quantità di Punto, alcune Lancia: tutte mediamente polverose e segnate dal tempo. Sotto una tettoia c’è un Audi, si dice sia stata sequestrata anni fa, doveva essere riconvertita ad uso dello Stato, come prevede la legge, ma evidentemente se ne sono dimenticati perché è coperta da una specie di sabbia. E poi loro, le Maserati ritargate con targa civile, troppo belle per essere usate. (orsola golgi)