giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

L’abbraccio del ragazzo al padre imputato prima dell’assoluzione

Questo post è stato letto 14591 volte.

Un ragazzo alto con una felpa rossa abbraccia da dietro il padre. L’uomo è malfermo sulle gambe, un’ombra densa di preoccupazione sul viso. Ma guarda dritto davanti a sé. Il ragazzo è l’unico che parla. “Papà, non ti preoccupare, se anche ti condanneranno tu non hai fatto niente”. E alla madre, lì accanto: “Mamma, non dire nulla e non piangere”.

E’ buia e stretta l’aula della X sezione penale dove sta per suonare la campanella che annuncia l’ingresso del collegio chiamato a giudicare l’ingegnere Salvatore Primerano, 50 anni, accusato di associazione a delinquere, truffa, falso e turbata libertà di scelta del contraente nell’ambito dell’indagine su Infrastrutture Lombarde. Assoluzione da tutti i reati, è il verdetto. Il ragazzo salta per la gioia, i genitori piangono.

Sono tante le assoluzioni (16 su 26 imputati) in questo processo e tante, per fortuna e tutti i giorni, nelle aule del Tribunale. Ma questa ha un sapore dolce e regala una scena rara: non di rabbia, ma di tenerezza. “Quando nel 2012 ho ricevuto un avviso di garanzia quasi non ci ho fatto caso, non ho nemmeno capito quasi fossero le accuse – racconta Primerano al telefono, ancora la voce è spezzata dall’emozione – Mi sono reso conto di quello che stava succedendo solo due anni dopo quando è arrivata la Guardia di Finanza nell’ufficio della società di cui ero responsabile tecnico. Ho trascorso 3 mesi e mezzo ai domiciliari. Sono venuti ad arrestarmi all’alba.  Per me è stata una tragedia morale perché io ero venuto a Milano dalla Calabria per costruirmi un futuro da solo e sottrarmi a un certo mondo del lavoro basato sui ‘favori’ “. Quello che l’ingegnere deve al figlio Andrea, 20 anni, alla moglie e agli amici è una scelta importante: “Il giorno prima che scadessero i termini mi è arrivata dal pm la proposta di patteggiare una pena sotto i due anni. Stavo per accettare, ma i miei familiari mi hanno convinto a non farlo. Se l’avessi fatto, avrei tradito me stesso. Ho sempre avuto fiducia nelle istituzioni ma aspettavo questa sentenza per capire se potevo continuare ad avercela. Ora voglio fare qualcosa per dare un senso a questa esperienza, ancora non so cosa, ma non passerà senza lasciare un segno”. (manuela d’alessandro)