giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Ecco gli esposti che raccontano il crac del Sole 24 Ore su cui indaga la Procura

Al ‘Sole 24 Ore’ ci sono giornalisti che sanno fare molto bene il loro lavoro anche quando alzano i tappeti di casa propria. Uno è Nicola Borzi che ha presentato a ottobre due esposti alla Consob di grande interesse anche per la Procura di Milano, impegnata nella ricerca della verità sui conti del gruppo dopo avere aperto un’inchiesta per ora a modello 45, senza indagati né ipotesi di reato. Documenti che, come un’inchiesta giornalistica, raccontano lo strazio contabile del gruppo di Confindustria che il 16 dicembre 2007, giorno della quotazione in Borsa, valeva 750 milioni di euro e ora appena 51. Nonostante un ‘rosso’ che si allargava in modo tragico, il quotidiano diretto da Roberto Napoletano vantava una crescita imperiosa delle copie digitali. A marzo 2016, Ads l’organismo che registra la diffusione delle testate, certificava questa ascesa in 109mila copie digitali multiple, quelle cioè relative ad abbonamenti venduti in blocco ad aziende. Un dato decisivo per la raccolta pubblicitaria che vedeva il Sole staccarsi in modo clamoroso da Repubblica (2363) e Corriere (5761). Copie che però poi sono risultate  fasulle tanto da indurre Ads a non conteggiarle.Nell’esposto viene ipotizzato che molte di esse siano state acquistate da una società anonima londinese, la Di Source.

Borzi riporta uno scambio di sms in cui il manager della società inglese Filippo Beltramini conferma di occuparsi degli abbonamenti digitali. Scrive il cronista che “fonti interne ed esterne” gli hanno riferito che la Di Source è legata al Sole 24 Ore “da un giro di fatture per prestazioni di servizi e/o consulenze che sono state segretate” e che “siccuperebbero di gestione, raccolta, attivazione di abbonamenti delle testate del Sole 24 Ore altrimenti inattivi e non registrabili nella rendicontazione Ads perché appartenenti anche alla categoria delle copie multiple, in copia di denaro”. Della Di Source sappiamo che è stata costituita dalla fiduciaria Jordan Cosec  utilizzata, stando a una sentenza spagnola, per far sparire i soldi degli sponsor al calciatore Lionel Messi ed evitare così di dichiararli al fisco. Ma quanti abbonamenti gestiva per conto del Sole? Quanto ha contribuito a generare l’abbaglio delle vendite?  La certezza sono i numeri dell’ultima semestrale: un patrimonio netto crollato a a 28,2 milioni rispetto ai quasi 90 della fine dello scorso anno, perdite per quasi 50 milioni solo nei primi sei mesi dell’anno. Mercoledì scorso i giornalisti hanno sfiduciato il direttore Roberto Napoletano in una percentuale superiore al 70 per cento ma il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia gli ha confermato il suo appoggio.

(manuela d’alessandro)

Sole 24 Ore esposto 5 ottobre 2016

Sole 24 Ore esposto 7 ottobre 2016

 

Video inedito di Berlusconi
“Balotelli negro”, tu Polanco “solo abbronzata”

 

 

Raffaella Fico…Raffaella…”ma quella sta con Balotelli che se la tromberà due tre volte e poi la molla“, dice Marysthelle Polanco a un Silvio Berlusconi stanco, appesantito e spaparanzato su un divano damascato, nella sua villa di Arcore, in maglioncino blu d’ordinanza. L’ex cavaliere interviene sul punto: “Che poi, te lo dico, a me una che va con un negro mi fa schifo”. La Polanco si sente chiamata direttamente in causa: “Papi, ma io sono negra!”. “No tesoro, lascia stare, tu sei abbronzata”. Sorrisino.
Ritratto inedito di Berlusconi che emerge da un video di 27 minuti depositato agli avvocati dalla Procura di Milano e proveniente dalla rogatoria Svizzera condotta nell’ambito dell’inchietsa Ruby ter. Una scenetta che rievoca il famoso “abbronzato” di Obama, ma che rivela un linguaggio fin qui sconosciuto sulla bocca di Silvio Berlusconi. Il quale parla rilassato, in una situazione di grande famigliarità con le sue ospiti, non sapendo di essere ripreso di nascosto dalla soubrette Marysthelle. Oltre a lei, altre due giovani donne, le quali piombano ad Arcore per supplicare di avere un lavoro di rilievo e visibilità nell’azienda del Cavaliere. Come la Fico, oppure come “quella di Sipario” o addirittura come un certo Emilio Fede. “Devi chiamare e dire, lui non fa più il direttore, lo faccio io il direttore del Tg4“, insiste, scherzosa, la Polanco.

La parte civile Canalis cala la carta: “Ecco la prova che Selvaggia e Neri guadagnavano coi gossip”

 

“Non è vero che quei  gossip non avevano rilevanza economica e ve lo dimostro con questo documento”. Nel giorno in cui il giudice Stefano Corbetta prova per l’ennesima volta a convincere i litiganti a trovare un accordo prima della sentenza, il legale della parte civile Elisabetta Canalis deposita una carta che dimostrerebbe il valore economico delle notizie sui vip al centro del processo, sempre negato da Selvaggia Lucarelli e Gianluca Neri.

E’ la copia di una pagina del blog ‘very inutil people’ dove si riporta che la prima a dare la notizia della separazione tra Scarlett Johansson e Ryan Reynolds fu proprio Selvaggia nel dicembre del 2010. Della rottura  tra gli attori, ricorda Giordano, ne parlano Neri e la giornalista del ‘Fatto’ in alcuni sms sequestrati a ‘Macchianera’ dove i due si compiacciono della pubblicazione e parlano della possibilità di creare un blog tutto loro.

Nell’interrogatorio della scorsa udienza, Neri aveva negato di essersi intrufolato illecitamente nelle mail delle celebrity sostenendo di avere ricavato i pettegolezzi e le foto del compleanno di Elisabetta Canalis nella villa comasca di George Clooney attraverso la navigazione del sito 4chan, un grande contenitore di gossip. News golose che però, questa la tesi dei due imputati, si scambiavano solo per ridere tra loro senza nessuna ambizione di guadagnarci. Per l’accusa invece, Lucarelli avrebbe cercato di piazzare le 191 foto del party lacustre al settimanale ‘Chi’. Sembra lontano al momento l’accordo auspicato con toni quasi accorati dal giudice. “Valutate se ci sono margini per raggiungerlo – ha affermato Corbetta – il fatto che la trattativa all’inizio del processo (che vede imputata anche Guia Soncini, ndr)  non sia andata a buon fine non preclude che si possa ritentare, anche alla luce di com’è andato il dibattimento”. (manuela d’alessandro)

La difesa di Neri, io e Selvaggia volevamo solo spettegolare

“De Sousa in India”, un altro 007 Usa potrebbe non scontare la pena in Italia per Abu Omar

 

Ad aprile la corte costituzionale portoghese aveva stabilito che Sabrina De Sousa, una degli agenti della Cia condannati per il sequestro di Abu Omar, doveva venire in Italia a scontare la pena. E’ arrivata l’estate, è iniziato l’autunno e il mandato di arresto europeo è rimasto a prendere polvere per i fascinosi vicoli di Lisbona, senza che nessuno, nel paese dove a 3 di quegli agenti è stata concessa la grazia da Giorgio Napolitano, invitasse ad accellerare la pratica. Ora si viene a sapere che De Sousa, condannata a 7 anni ridotti a 4 per l’indulto e poi fermata l’8 ottobre dell’anno scorso a Lisbona,  si troverebbe in Oriente. Stando a quanto filtrato dall’udienza a porte chiuse  fissata per discutere sulle richieste di De Sousa di affidamento in prova ai servizi sociali e di sospensione dell’ordine di carcerazione in attesa della decisione sulla domanda di grazia, il suo avvocato Dario Bolognesi avrebbe spiegato che  la donna è in India.

Non c’è una comunicazione ufficiale al Tribunale di Sorveglianza ma se davvero De Sousa se ne fosse andata, scommettiamo che non dispiacerebbe a nessuno. Né all’Italia che per l’ennesima volta si toglierebbe dall’imbarazzo di incarcerare un agente degli amici americani, né ovviamente agli Usa e neppure al Portogallo di cui la donna è per metà cittadina (l’altra metà è americana). Dispiace invece alla giustizia e alla dignità del nostro paese che soffrono in questa storia l’ennesima mortificazione dalla politica.

(manuela d’alessandro)

ps nei giorni seguenti a questo articolo, l’avvocato Bolognesi ha precisato in una nota che la sua assistita è andata in India “in visita alla madre gravemente inferma” con l’autorizzazione delle autorità portoghesi e ha poi fatto ritorno nel Paese dove attende che sia eseguito il mandato di arresto.

Il pg: condannate in appello gli agenti, Uva morì per lo stress provocato dalle loro ingiustizie

 

Vanno condannati gli agenti che trattenero due ore in caserma Giuseppe Uva “in modo illegittimo” perché gli provocarono un tale stress da farlo morire per  arresto cardiaco. Lo scrive la Procura Generale nelle motivazioni del ricorso in appello che potete leggere integralmente qui contro l’assoluzione dei due carabinieri e dei tre poliziotti accusati dell’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva, il manovale morto la mattina del 15 giugno 2008 dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri di Varese ed essere poi stato trasferito nel reparto di psichiatria.

“Se è vero  – argomenta il pg Massimo Gaballo – che le modeste lesioni personali riscontrate sulla persona offesa non possono avere determinato direttamente il decesso, deve però ritenersi che abbiano contribuito ad aumentare lo stato di stress in ragione della percezione del relativo dolore fisico e della loro ingiustizia”. I giudici varesini avevano assolto nell’aprile 2015  i componenti delle forze dell’ordine dopo aver riscontrato l’”insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere” ma ora la Procura Generale chiede di ribaltare la sentenza definita nelle sue motivazioni “molto sommaria” alla Corte d’Assise d’Appello di Milano.

“Lo stato di stress – si legge nel ricorso – integra pacificamente una malattia quale evento del reato di lesioni personali, consistendo in un’alterazione funzionale dell’organismo, anche in assenza di alterazioni anatomiche”. Per questo, viene considerata “erronea” la sentenza “laddove esclude la configurabilità del reato di omicidio preterintenzionale per insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere”.

Tutti gli imputati per l’accusa “devono essere dichiarati responsabili del delitto di omicidio preterintenzionale” perché “hanno posto dolosamente in essere condotte di costrizione fisica, dirette a commettere il delitto di lesioni personali e illegittima privazione della libertà personale che, per la loro durata e connotazione violenta e ingiusta, devono ritenersi causa del grave stato di stress che, innestandosi sulla precedente patologia cardiaca, ha determinato il decesso di Uva”.  (manuela d’alessandro)

le tappe della vicenda

ricorso in appello pg

 

 

 

 

 

.