giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Lo scabroso diritto alla difesa di Alessandro Impagnatiello

Un avvocato si e’ tirato indietro per non meglio precisate incrinature nel rapporto fiduciario col cliente, così come una seconda, nominata d’ufficio, che ha avanzato un’ incompatibilità, pare certificata. 

La terza, quella attuale, non si è nemmeno presentata all’istituto di medicina legale né  ha indicato un consulente per partecipare all’autopsia di Giulia Tramontano, la ragazza uccisa incinta al settimo mese. Strategia concordata con la famiglia? L’assistito non voleva pagare i soldi per la consulenza?

Fatto è che Alessandro Impagnatiello, reo confesso di avere ammazzato la giovane donna, ha avuto tre difensori nel giro di una settimana.

Quello che sta succedendo a proposito del suo diritto alla difesa ci colpisce molto. E ci sembra un ulteriore risvolto di una vicenda in cui sono saltati alcuni schemi necessari in uno stato di diritto maturo. Il diritto costituzionale alla difesa non viene modulato in base alla gravità del reato. Esiste, e basta, in tutto il suo straordinario valore, per il capo mafia allo stesso modo che per il ladro di polli che ha rubato per fame. E anzi se c’e’ un momento in cui si ‘esalta’ di più è proprio quando il reato è più odioso, come in questo caso, nei giorni in cui si sente sulle reti pubbliche invocare perfino la pena di morte.

Come mai è cosi difficile assistere Impagnatiello?

La Camera Penale di Milano ha sottolineato la degenerazione del processo mediatico e i contenuti ‘spavaldi’ della conferenza stampa della Procura di Milano. Aggiungiamo che il flusso di informazioni provenienti dagli inquirenti e’ stato incessante, con foto e video veicolati attraverso canali ufficiali che avranno, forse, inorridito l’ex ministra Cartabia alla cui legge sulla presunzione d’innocenza le Procure si richiamano invece  quando sono in ballo indagini che coinvolgono politici o comunque bersagli molto più scomodi di un omicida che ha confessato.

E’ vero che qui di innocenza proprio non se ne può parlare vista l’ampia confessione e le prove accumulate contro Impagnatiello ma ci vorra’ un processo per stabilire alcuni aspetti essenziali per la modulazione della pena che invece sono gia’ stati sviscerati con grande vigore e certezze da chi dovrebbe attenderne lo svolgimento. C’è chiaramente anche un tema sociologico. L’avvocato Davide Steccanella parla di “mostrificazione” e di “ansia di punizione e castigo estremo”. “E’ terribile quello che ha fatto questa persona ma che piacere c’è nel sapere che verrà buttata via la chiave?”.

Giornalisti, inquirenti, avvocati. Guardiamoci in faccia e chiediamoci: perché  e’ così scabroso il diritto alla difesa di Alessandro Imapagnatiello?

(manuela d’alessandro)

“La repubblica giudiziaria ben prima di Mani Pulite”

Vale la pena di leggere le quasi 300 pagine del saggio “La repubblica giudiziaria – Una storia della magistratura italiana” frutto del lavoro di Ermes Antonucci soprattutto per un motivo spiegato nella controcopertina: “Molui credono che la preminenza della magistratura sulla politica sia stata innescata dal terremoto provocato da Mani pulite, ma solo un ingenuo puo’ pensare che questa rottura sia avvenuta all’improvviso”.

”Lo strapotere della magistratura è il risultato del sommarsi di tensioni tra diverse ‘ faglie’ istituzionali“ si spiega. Chi scrive queste poche righe per invogliare a leggere il libro di Antonucci aggiunge che tutto comincia con la madre di tutte le emergenze, quella rubricata con l’etichetta di terrorismo ma che fu in realtà un tentativo di rivoluzione fallito.

Decina di migliaia di persone passate per le carceri rappresentarono un problema politico che la politica non volle affrontare direttamente delegando la questione della sovversione interna alla magistratura che ne approfittò per aumentare il proprio potere e per andare a riscuotere il credito acquisito nel 1992.

Le leggi premiali utilizzate per risolvere il problema furono pretese e ottenute dalla magistratura sempre storicamente interessata alle scorciatoie come poi andrà in epoca successiva con l’utilizzo smodato delle intercettazioni fino al trojan che continua a fare danni irriparabili ai diritti dei cittadini.

Con le leggi premiali non vale più quello che un imputato ha fatto ma ciò che pensa delle sue azioni e soprattutto se fa l’autocritica agli altri. La catena di Sant’Antonio delle chiamate di correo finirà per fare anni agli stessi politici in occasione della falsa rivoluzione di Mani pulite. Quando la politica si suicida abolendo l’immunita’ parlamentare sotto la forma dell’autorizzazione a procedere.

E per quella scelta la politica non ha mai voluto fare i conti fino in fondo salvo lamentarsi che la magistratura ha un potere eccessivo che esercita tuttora. Con la differenza che in passato lo faceva soprattutto svolgendo indagini e ora quando le conviene lo fa evitando di compiere gli accertamenti che sarebbero doverosi secondo il codice. Basta ricordare il caso di Expo quando l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi ringrazio’ la procura di Milano per avere dimostrato responsabilità istituzionale.

E a questo proposito basta riportare il passaggio in cui nel libro si ricorda “il lungo percorso culturale, politico e ideologico di una istituzione divisa fra la fedeltà a valori comuni e visioni della giustizia contrastanti. In una accurata ricostruzione storica che svela luci e ombre di un ‘ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere’, la parabola di un sistema controversi, tra interessi personali e rappresentanza delle istanze collettive”.

(frank cimini)

Gip: indagini sugli anni ‘70 siano per l’eternità

Le indagini sulla lotta armata siano per l’eternita’. È questo il messaggio contenuto nell’ordinanza emessa dal gip torinese Anna Mascolo che accogliendo la richiesta della procura ha riaperto le indagini su un fatto di quasi 50 anni fa, la sparatoria di Cascina Spiotta, in relazione all’omicidio del brigadiere D’Alfonso di cui risponde l’ex brigatista Lauro Azzolini, nonostante questi fosse stato già prosciolto nel 1987 dal giudice istruttore di Alessandria.

Ci sarebbe stato tra l’altro un problema di competenda territoriale, ma il gip lo ha bypassato spiegando che essendoci di mezzo la finalità di terrorismo la competenza si radica nel capoluogo del distretto. La norma specifica però è del 2001 e i fatti risalgono al 5 giugno del 1975. Quando c’e’ di mezzo la parolina magica terrorismo evidentemente salta qualsiasi regola e non è possibile obiettare nulla.

La sentenza del 1987 inoltre non era stata allegata agli atti perché introvabile causa alluvione ma il giudice passa sopra anche su questa circostanza affermando che non vi è dubbio vi sia stata.

Il gip afferma che era già previsto all’epoca l’istituto della revoca della sentenza di proscioglimento emesso dal giudice istruttore nel caso siano soravvenuti nel frattempo nuovi elementi di prova.

Secondo il difensore Davide Steccanella emerge al massino che Azzolini potrebbe aver toccato il dattiloscritto documento riferito ai fatti del 5 giugno e sequestrato in occasione dell’arresto di Renato Curcio il 19 gennaio del 1976. “Circostanza del tutto neutra posto che quel documento in cui si riferivano i dettagli del fatto in cui era morta una fondatrice delle Brigate Rosse venne ovviamente esaminato da moltissimi militanti dell’organizzazione e persino oggetto di una pubblicità,un’azione su un giornale clandestino. Per cui sarebbe impossibile che non vi comparissero altre impronte oltre a quelle di Azzolini per cui è da escludersi che il documento una volta redatto e consegnato a Curcio sia stato immediadatamebte chiuso in una cassaforte come un talismano da preservare visto che era stato redatto proprio per informare tutti gli altri membri dell’organizzazione che non erano presenti di come erano andate le cose quel drammatico giorno alla Spiotta” si legge nella memoria della difesa.

Del resto la stessa procura è consapevole dell’inconsistenza di tale elenco probatorio ai fini di una condanna considerando che l’accusa chiede la riapertura delle indagini e non il rinvio a giudizio.

”Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per matto” dice Davide Steccanella.

Anna Mascolo è un giudice giovanissimo. Evidentemente non aveva genio non se la sentiva di opporsi alla richiesta della procura piu forcaiola e arrogante del paese e ha fatto copia e incolla con l’istanza dei pm. Ci troviamo in un teatro dell’assurdo. Le indagini prorogate dopo decenni per sei mesi con ogni probabilità porteranno a niente ma servono ad agitare un fantasma del passato nell’ambito dell’infinita emergenza italiana dove magistratura politica e giornaloni sono uniti nella lotta (frank cimini)

 

Per la Corte dei Conti nessuno è responsabile dei monitor Expo mai funzionati

 

“Per la vicenda Expo non sono stati riscontrati i presupposti per esercitare l’azione risarcitoria”. Eccoci, dunque. Ora lo sappiamo: chi gestì i fondi per la giustizia milanese assegnati in occasione dell’Esposizione Universale non deve nulla alla collettività. Nemmeno per avere, tra le altre cose, comprato e appeso in ogni meandro del Palazzo milanese quasi 200 monitor Samsung costati un paio di milioni di euro che non hanno mai funzionato.

Così ci ha risposto la Corte dei Conti alla richiesta via mail su quale fosse stato l’epilogo, finora ignoto,  dell’accertamento contabile relativo all’assegnazione di 16 milioni del gruzzolo Expo.  Di più non è dato sapere come nulla si è saputo del contenuto del provvedimento col quale il gip di Trento archiviò nel 2018 l’indagine per turbativa d’asta, nata dagli spunti giornalistici di ‘Giustiziami’ e del ‘Giornale’ nel 2014, poi finiti anche in un dossier dell’Anac, sulle possibili, e a questo punto non ravvisate, irregolarità nel manovrare i fondi da parte del Comune di Milano, “stazione appaltante”, e dei magistrati.

Proprio per l’eventuale coinvolgimento delle toghe l’indagine passò da Milano e Venezia inabissandosi tra i monti del Trentino.

 

Che fine hanno fatto i monitor

Saputo che il sipario è calato, abbiamo fatto un giro in Tribunale alla ricerca dei monitor che nei ‘patti’ tra Ministero, Comune e magistrati sarebbero dovuti servire per orientare il cittadino nel labirinto del Palazzo. Alcuni sono ancora lì, mesti e bui come quasi sempre tranne per ‘strane’ occasioni, come una campagna di Anm contro l’allora premier Matteo Renzi, o almeno nobili, per onorare per qualche ora la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Altri sono buttati come cose vecchie e inutili, quali in effetti sono, in vari nascondigli del Tribunale, per esempio un paio sono incastrati tra un ascensore e un armadio, invisibili se una nostra fonte non ce li avesse mostrati. E accatastati senza gloria ci sono anche alcuni dei pannelli sempre acquistati con l’’oro’ di Expo con le indicazioni al cittadino per muoversi agevolmente nel Palazzo, forse perché non fornivano suggerimenti così utili.  Vedi il caso, poco dopo l’esposto di Anac, un’improvvisa primavera della burocrazia fece spuntare in ogni dove cartelli, totem, targhe in un delirio cartografico con effetti esilaranti con erroracci sui nomi dei magistrati, indicazioni di procuratori generali in pensione da mesi, sigle messe senza logica. Alcuni delle indicazioni su quei pannelli sono state negli anni pietosamente coperte con lo scotch.

L’inchiesta di Giustiziami

Tutto era nato da alcuni verbali di cui Giustiziami era venuto in possesso dai quali emergeva che la gran parte dei soldi erano stati assegnati con l’affidamento diretto, senza gara pubblica. Qualche giorno dopo l’articolo e la pubblicazione dei verbali con cui era avvenuta la spartizione,  tutti i vertici dell’amministrazione giudiziaria milanese si erano confrontati in una tempestosa riunione coi rappresentanti del Comune e del Ministero stabilendo che da quel momento in avanti ciò che restava da spartirsi sarebbe avvenuto solo con le gare.

Era il 2014: quasi dieci anni dopo la risposta della giustizia penale e contabile ha stabilito che non è colpa di nessuno se una parte del tesoro di Expo è stato sprecato. Su questo non c’è dubbio: basta alzare gli occhi all’insù per rendersene conto oppure giocare alla caccia al tesoro disperso negli anfratti del palazzo.

(manuela d’alessandro)

41bis, Tribunale speciale a Roma e tutti zitti o quasi

Dalla caduta del fascismo in poi in Italia non c’erano stati tribunali speciali. Neanche durante la madre di tutte le emergenze per risolvere la questione della sovversione interna perché allora c’era stato un uso speciale dei tribunali ordinari poi proseguito con la lotta alla mafia e la farsa di Mani pulite. Ma dall’anno di grazia 2009 a Roma c’è il Tribunale di Sorveglianza che ha la competenza esclusiva a decidere sui reclami contro l’applicazione del 41bis del regolamento penitenziario il carcere duro provenienti da tutto il paese.

Tutto questo nel silenzio generale o quasi a eccezione dell’Unione delle Camere Penali che già nel 2008, un anno prima della riforma controriforma sulla questione avevano avvertito sui pericoli a livello di diritti.

Anche nel novembre del 2017 le Camere Penali denunciavano “l’anomalia” parlando di prassi distorte che vanno oltre le reali necessità. “Si pensa così di rispondere all’esigenza di evitare pronunciamenti giurisprudenziali eterogenei da parte di diversi tribunali. In pratica la negazione della giurisdizione dove invece l’eventuale contrasto tra decisioni è il sale del diritto”.

In pratica viene negato il rispetto del principio costituzionale  diritto al giudice naturale. Il quadro diventa sempre più grave ricordando che sottoposti adesso al 41bis ci sono 750 detenuti il doppio rispetto al periodo delle stragi mafiose. Di carcere duro si è parlato molto in questi ultimi tempi a causa del lunghissimo sciopero della fame delL’anarchico Alfredo Cospito che ha rischiato la vita per sottoporre all’attenzione  generale una questione che non riguardava e non riguarda solo lui. Ma sul punto si sono visti in giro ben pochi garantisti i soliti quattro gatti oltre alle manifestazioni ai cortei e ai presidi dei movimenti anarchici. Nessuno ha messo in discussione il 41bis e l’anomala esclusiva competenza della sorveglianza di Roma che sul punto ha da tempo pieni poteri. Si tratta a livello istituzionale di una vera e propria sfiducia nei tribunali di sorveglianza di un intero paese. Ma la magistratura e le associazioni di categoria tacciono mentre sono pronte da anni a denunciare tentativi di delegittimazione della giurisdizione a ogni piè sospinto.

(frank cimini)