Ci sono addirittura ex magistrati che in servizio lo usarono per acquisire fonti di prova estorcere confessioni a proclamare l’inutilità del carcere a proporre la necessità di superarlo come unica sanzione possibile.
Quindi bisogna chiedersi come definire il carcere nel terzo millennio. Un contributo rilevante e controcorrente arriva da Valeria Verdolini, sociologa, docente all’Universita’ Bicocca. 247 pagine, 18 euro, Carrocci Editore. Il titolo è “L’istituzione reietta”.
Per spiegare come arriva a tale definizione, Verdolini afferma che il carcere si presenta come istituzione residuale che svolge una serie di compiti non richiesti dal mandato formale ma ascrivibili a un welfare a basso costo, housing sociale per i senza fissa dimora, centro di accoglienza per i migranti, comunità terapeutica per i tossicodipenfenti, comunità psichiatrica per le fragilità, centro impiego per i disoccupati, residenza sanitaria e di lungodegenza per anziani.
Si tratta di vulnerabilità che raramente trovano una risposta integrata fuori dalle mura del penitenziario. “Proprio perché contiene, incapacita, raccoglie e gestisce ho scelto l’aggettivo ‘reietta’ – scrive l’autrice – Reietto deriva dal latino reiectus, participio passato di reicere. Il primo significato è respingere rigettare, un’eccezione che comprende le riflessioni sul carcere come discarica sociale, come pattumiera senza speranza”.
L’istituzione è reietta proprio perché si demanda a essa una serie di funzioni che si sono ritirate o che comunque non presentano risorse sufficienti per gestire la popolazione che ne richiede il sostegno. La funzione di discarica sociale viene assolta solo in parte perché non è risolutiva, non ingloba tutta la sofferenza sociale ne’ tantomeno la marginalità.
Si potrebbe parlare di funzione vicaria del carcere, ennesima puntata dell’infinita emergenza italiana, iniziata almeno mezzo secolo fa con la magistratura chiamata dalla politica a risolvere la questione della sovversione interna per delega totale. E che dura fino si giorni nostri. Verdolini ricorda il doppio binario pentitismo/carcere durissimo. Un meccanismo che non disinnesca i processi di devianza ma tende ad amplificarli o ad affievolirli solo sulla base di un criterio di opportunità.
E infatti stiamo a parlare oggi di ergastolo ostativo e delle difficoltà per arginarlo perché grandissima parte della politica e della magistratura in questo unite nella lotta fanno prevalere il bisogno di sicurezza sulla necessità di rispettare i diritti delle persone. Che restano persone portatrici di diritti anche dopo aver preso l’ergastolo e non possono essere inchiodate per sempre a reati commessi moltissimo tempo fa (frank cimini)
Modelli 45 e 44 le spine per nuovo procuratore Milano
Due voti per il Pg di Firenze Marcello Viola, un voto a testa per il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e per l’aggiunto di Milano Maurizio Romanelli. Dalla commissione incarichi direttivi arrivano queste tre indicazioni per la nomina del nuovo procuratore di Milano in sostituzione di Francesco Greco andato in pensione a metà novembre per ereditare un ufficio che non sarà facile riorganizzare devastato da una guerra interna e dove da tempo regnano insoddisfazione e confusione senza dimenticare i diversi pm indagati a Brescia.
In attesa di sapere chi uscirà vincitore dal Csm in questo momento è importante capire cosa potrà dovrà e vorrà fare il neo procuratore.
Va ricordato che in ogni procura che si rispetti e Milano non può fare certo eccezione una sorta di armadio degli scheletri è costituito dal l’insieme dei fascicoli rubricati a modello 45 senza ipotesi di reato ne’indagati e a modello 44 con reati ipotizzati a carico di ignoti. Si tratta spesso di rubricazikni per svolgere accertamenti senza comunicare nulla ai diretti interessati al fine di guadagnare tempo o di anticamere dell’insabbiamento.
Il nuovo procuratore andrà a spulciare quei fascicoli o no? Col tempo sapremo. Ma non è certo questo l’unico problema. A Milano l’organizzazione del lavoro la geografia dei dipartimenti e tutto il progetto di Greco ha lasciato strascichi di lamentele e scontentezze che erano sfociate nelle 57 firme su 64 pm di solidarietà a Paolo Storari che rischiava il trasferimento nell’ambito della battaglia interna relativa alla loggia Ungheria e al caso del processo Eni.
Che fine farà il dipartimento riguardante i reati transnazionali la cui creazione aveva suscitato disaccordi interni all’ufficio fin dall’inizio? Il destino del dipartimento dipende anche da quello del suo responsabile Fabio De Pasquale il procuratore aggiunto indagato a Brescia per omissione in atti d’ufficio che rischia il trasferimento per incompatibilità ambientale insieme al sostituto Sergio Spadaro nel frattempo approdato alla procura europea.
Sarà il nuovo procuratore a decidere se mantenerlo in piedi o inglobarlo come era in precedenza nel dipartimento dei reati contro la pubblica amministrazione oggi diretto da Romanelli. Poi sarà da vedere chi resta e chi va. L’aggiunto Eugenio Fusco ha chiesto di andare a fare il procuratore a Verona. L’aggiunto Laura Pedio è indagata a Brescia sempre per gli strascichi Eni e Ungheria e rischia di essere trasferita.
Insomma si prospetta per il nuovo procuratore, probabilmente un “papa straniero” perché Romnnelli tra i tre resta quello con meno chance, un durissimo e delicato lavoro. Tutto ciò nel trentennale di Mani pulite e in una situazione profondamente diversa se non proprio opposta a quella di allora.
(frank cimini)
Ombre rosse no a Bergamin prescritto pesa Il Quirinale
Nel giorno in cui Sergio Mattarella giura per il suo secondo mandato la Cassazione ribaltando le decisioni dei giudici milanesi nega la prescrizione a Luigi Bergamin uno dei nove rifugiati politici a Parigi per i quali l’Italia ha chiesto l’estradizione. Era stato Mattarella il giorno del rientro di Battisti ad annunciare “e adesso gli altri”, E la Cassazione con una sentenza prettamente politica accogliendo la richiesta della procura decide che la condanna di Bergamin a 16 anni 11 mesi per concorso morale negli omicidi del maresciallo Santoro e dell’agente Campagna non è “scaduta”.
La dichiarazione di “delinquenza abituale” a carico di Bergamin dell’anno scorso ha influito sulla decisione della Cassazione. Secondo Giovanni Ceola difensore di Bergamin la scelta della Cassazione è di tipo politico e muta l’indirizzo giurisprudenziale. Il legale ipotizza il ricorso alla giustizia europea.
Non è scontato ma la decisione sulla mancata prescrizione rischia di pesare sulle scelte delle autorità francesi in materia di estradizione. Il caso di Bergamin sarà ridiscusso in udienza a Parigi il prossimo 20 aprile.
Secondo il provvedimento di delinquenza abituale Bergamin ha dimostrato prontezza anche in Francia a sottrarsi alle misure limitative della libertà personale e potrebbe avvalersi di una rete di persone disponibili a sostenerlo e ad aiutarlo a evitare di scontare la condanna.
I difensori dei rifugiati italiani in Francia lamentano la mancanza di una soluzione politica che sarebbe dovuta intervenire da tempo per fatti che risalgono a 40 anche 50 anni fa. Di recente rispondendo a una lettera del professor Vasapollo suo interlocutore da tempo che gli aveva sottoposto il problema Papa Francesco si era espresso a favore di una giustizia che non fosse vendetta. Ma pare che non sia proprio aria per andare in tale direzione. Mattarella e il ministro Marta Cartabia sono decisi a ottenere i corpi di persone ormai anziane da esibire come trofei di guerra magari sotto i obiettivi di smartphone in mano a un paio di ministri come era accaduto per Cesare Battisti.
(frank cimini)
Morto a 74 anni l’ex Br Corrado Alunni dissociato dal 1987
È morto a 74 anni a Varese Corrado Alunni che fece parte delle prime Brigate Rosse per poi aderire a Prima Linea e successivamente militare nelle Formazioni Comuniste Combattenti Nel 1987 si era dissociato dalla lotta armata. Nel 1989 aveva trovato lavoro come archivista all’Enaip di Bergamo.
Negli anni ‘80 era stato protagonista di una clamorosa evasione dal carcere di San Vittore insieme ad altri detenuti tra i quali Renato Vallanzasca.
L’ultimo “rapporto” con la giustizia di Alunni risale all’anno scorso perché inserito nell’elenco di una ventina di ex appartenenti a gruppi armati ai quali la magistratura romana prese il Dna nell’ambito dell’ennesimo fascicolo di inchiesta sul caso Moro. Alunni era uscito dalle Br nel 1974 ma la procura della capitale a caccia di misteri inesistenti sospetta ancora che possa aver avuto un ruolo nella strage di via Fani.
Il pm dell’inchiesta è Eugenio Albamonte di Md lo stesso che ha sequestrato l’archivio del ricercatore Paolo Persichetti sempre alla ricerca di complici a oltre quarant’anni dai fatti.
(frank cimini)
La difesa penale trap di Neima Ezza
con un videoclip dai domiciliari
“Sono finito sopra il tg per un video assembramento / incolpato di rapina eppure sono innocente…Questi sai cosa dicono ‘un artista ruba l’oro’ / il mio contratto di lavoro vale dieci volte il loro”.
Forse il suo avvocato avrebbe declinato diversamente la difesa ma, si sa, quello del penalista è un lavoro difficile anche perché talvolta gli assistiti sfuggono ai suggerimenti del proprio legale. Arduo il compito di chi magari preferirebbe tenere la linea del silenzio se ha a che fare con un cliente che di parole vive e con le parole guadagna popolarità, views e denaro. Tant’è, Neima Ezza (247mila follower solo su Instagram, nome ormai affermato nella scena trap italiana) la sua difesa non solo l’ha delineata, ma l’ha anche messa in rima, o meglio in assonanze trap. E lo ha fatto dagli arresti domiciliari, producendo questa questa clip dal titolo ‘Risposta‘, annunciata con post sui social nel pomeriggio del 26 gennaio 2022. Voce off, Neima non compare mai in video, ma la voce è la sua. Tra vittimismo e accuse non proprio velate alla polizia e giornalisti, Amine Ez Zaaraoui, questo il suo vero nome, la butta in musica. Chissà se i magistrati ne apprezzeranno almeno lo sforzo artistico. Era stato arrestato per rapina in un’indagine della polizia, su richiesta del pm Leonardo Lesti e provvedimento del gip Manuela Scudieri. Ai domiciliari “con divieto di comunicare con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente, con persone diverse dai famigliari conviventi e dal difensore”.
Due vittime di rapina lo descrivono come colui che “materialmente strappa la catenina”, indicandolo su un album di fotoriconoscimento della Questura dal titolo “Baby trap“. Quattordici facce, e quella di Neima Ezza viene riconosciuta “con assoluta certezza”.
Ricordi che ora dovranno affrontare la prova delle ulteriori indagini, e certamente delle contestazioni del suo legale, che conta invece di avere frecce al proprio arco. L’avvocata Gaia Scovazzi ha prodotto foto e video tratte da Instagram che proverebbero che il trapper ventenne “non era sul luogo delle due rapine” che gli vengono contestate. Agli atti, fa notare la difesa, ci sono solo riconoscimenti delle vittime “non validi” perché effettuati “praticamente solo con le foto degli indagati”. Pure i dati delle celle telefoniche dimostrerebbero, per il difensore, l’innocenza del 20enne. Sottolineando la necessità di un provvedimento cautelare nei suoi confronti, la Squadra mobile della polizia argomentava anche sulla sua presunta “condizione di devianza (modo di vivere e pensare che trova riscontro anche nei testi cantati)”.
Il giovane trapper ha provato di nuovo a cantarle a tutti. Vedremo se l’impeto artistico lo aiuterà.