giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

NoTav, La sorveglianza speciale in tempi di democratura

Il libro, un romanzo di immaginazione dal titolo “Io non sono come voi” non è più tra le aggravanti come chiedeva invece la procura, ma il Tribunale di Torino comunque ha deciso la misura della sorveglianza speciale di 18 mesi per Boba, al secolo Marco Bolognino, 53 anni, anarchico, militante NoTav, redattore di Radio Blackout, condannato in primo grado a 18 mesi per lesioni in relazione a una manifestazione di piazza e a 4 anni per incendio doloso al carcere delle Vallette.
Il Tribunale del capoluogo piemontese si conferma leader nella repressione delle lotte sociali e del dissenso dopo aver tentato invano di trasformare un compressore bruciacchiato da una molotov nel rapimento Moro del terzo millennio (stoppato dalla Cassazione tre volte) e aver condannato Dana Lauriola che aveva usato un megafono durante un sit-in in autostrada a due anni di reclusione, pena che sta scontando tuttora ai domiciliari dopo nove mesi di carcere.

Boba attualmente a piede libero continua le sue battaglie politiche partecipando a manifestazioni e incontri pubblici dando fastidio diciamo e presentandosi come socialmente pericoloso secondo la sezione misure di sorveglianza del Tribunale. Per cui la sua libertà va limitata.
L’istituto della sorveglianza speciale nacque sotto il fascismo ma non è infrequente che venga utilizzato dallo stato democratico nato dalla Resistenza antifascista.
“Anche reati non connotati da immediata offensività della sicurezza e tranquillità pubblica laddove commessi come strumento di lotta ideologica possono rientrare nella previsione degli articoli di legge dei quali ci stiamo occupando” avevano scritto i giudici nel motivare la misura cautelare contro la quale l’avvocato Claudio Novaro ha depositato ricorso in appello.
“Affiggere dei volantini dal contenuto politico anche laddove si ritenga che gli stessi rappresentino uno strumento di lotta ideologica non pare costituire alcun pericolo per la sicurezza e la tranquillità pubblica a meno di non ritenere tali ogni forma di dissenso e di protesta” scrive il difensore nel ricorso che sarà esaminato dalla corte d’appello nei prossimi mesi.
“Analogo discorso vale per l’occupazione di immobili da tempo dismessi di proprietà dello Stato o del demanio e del tutto inutilizzati” aggiunge il legale che critica la volontà di considerare a fini preventivi anche reati contravvenzionali.
Secondo l’avvocato Novaro appare sintomatica la straordinaria distanza tra le posizioni dei giudici e la dottrina giurisprudenziale più avanzata “che ha considerato le misure di prevenzione personali alla stregua di istituti estremamente problematici per un diritto penale democratico avanzando plurimi dubbi sulla loro compatibilità con il quadro costituzionale di riferimento”.
La difesa ricorda che le condanne di Bolognino non sono definitive e che quindi non possono essere utilizzate in sede di misure di prevenzione. In via subordinata il legale critica anche l’eccessiva durata della sorveglianza speciale e l’eccessiva afflittivita’ delle prescrizioni adottate dal Tribunale come quelle di non frequentare esercizi pubblici tra le 18 e le 21 e di non rincasare dopo le 21. Inoltre non sarebbe del tutto motivato il divieto di partecipare a manifestazioni pubbliche.
(frank cimini)

Le lunghe ferie di Greco e l’incastro con i giochi di Md

Il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco non anticipa la pensione ma fa lunghe ferie lasciando in pratica la gestione dell’ufficio all’aggiunto con più anzianità di servizio Riccardo Targetti che aveva incontrato nei giorni scorsi. Nel caso avesse anticipato la pensione che scatterà il prossimo 14 novembre il procuratore avrebbe accelerato l’iter per la nomina del successore.
E questo avrebbe provocato problemi alla sua corrente, Magistratura Democrstica, che ha bisogno di prendere tempo al fine di trovare dentro il Csm le alleanze necessarie al fine di scongiurare l’arrivo al vertice della procura del cosiddetto “papa straniero”.
Peppe Cascini uomo di punta dei magistrati di sinistra all’interno del Csm, raccolti tra Area e Md, è già all’opera da tempo per portare a termine il progetto, puntando alla nomina di Maurizio Romanelli, attuale coordinatore come procuratore aggiunto del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione e che è l’unico candidato interno.
Romanelli esperto sia di antimafia sia di antiterrorismo ha sulla carta meno titoli del procuratore generale di Firenze Marcello Viola e del procuratore capo di Bologna Jimmy Amato, ma con il gioco delle correnti diciamo che come la storia anche recente del Csm insegna si possono fare “miracoli”.
La situazione non è certo cambiata dopo l’uscita di Luca Palamara e la sua radiazione dall’ordine giudiziario. Proprio Cascini fu a lungo in grande consuetudine di rapporti alleanza e amicizia personale con
l’allora “ras delle nomine”.
Basti ricordare la vicenda delle tessere per lo stadio Olimpico. Cascini ne aveva una a suo nome ma dovendo portare anche il figlio a vedere la partita non fu nemmeno sfiorato dall’idea di andare in biglietteria, cacciare i soldi di tasca e comprare il tagliando. Si rivolse a Palamara “per un contatto al Coni in modo da non doverti rompere i coglioni tutte le volte”. Quindi non si trattava neanche di un “una tantum” ma di un ingresso stabile anche per il pargolo. Questo emerge dalle intercettazioni fatte con il famoso trojan messo dai pm di Perugia nel telefono cellulare di Palamara.
I prossimi mesi diranno se Md, che considera la procura di Milano territorio di sua appartenenza, riuscirà nell’intento. Greco intanto fornisce il suo contributo facendo di tutto per tenere in caldo il posto con ferie lunghe anche se abbastanza amare diciamo. Greco ricordiamo è indagato a Brescia per non aver proceduto tempestivamente alle iscrizioni tra gli indagati sulla base delle dichiarazioni rese da Piero Amara, capitolo loggia Ungheria. Greco comunque non rischia un procedimento disciplinare ma solo perché non vi sarebbbe il tempo per farlo.
E a proposito di iscrizioni nel registro degli indagati diciamo che piove sul bagnato. Secondo insistenti indiscrezioni circolanti da tempo risulta indagato a Brescia un altro magistrato della procura di Milano insieme a un importante funzionario pubblico. Si tratterebbe di un atto dovuto dopo la lunga deposizione di un testimone presentatore di un esposto-denuncia.
(frank cimini)

In attesa del “papa straniero” ecco la storia del passato

Alla vigilia, ma in realtà ci vorranno mesi, di quello che potrebbe essere un avvenimento epocale come l’arrivo del cosiddetto “papa straniero” a capo della procura di Milano vale la pena di ricordare cosa è accaduto negli ultimi quarant’anni e passa.
Nel 1977 quando chi scrive queste povere righe iniziò a frequentare il palazzo di giustizia come collaboratore abusivo e non pagato (diciamo per militanza) del Manifesto il capo dei pm era Mauro Gresti passato alla storia per aver dato e non avrebbe dovuto farlo l’ok per il passaporto al banchiere Roberto Calvi. Di Gresti si racconta pure che la moglie fosse solita rimproverarlo quando portava fuori il cane “perché per ammazzare te mi ammazzano anche lui”.
Il successore di Gresti fu Francesco Saverio Borrelli il santo procuratore della farsa di Mani pulite targato Magistratura Democratica dalla quale però a un certo punto prese le distanze. Un giudice di quei tempi era solito etichettare Borrelli come “quello che fa proclami al popolo”.
Borrelli al termine del mandato scese al terzo piano a fare il procuratore generale cioè il superiore gerarchico e il controllore dello stesso ufficio inquirente che aveva diretto per anni. Ma si tratta di “dettagli” di cui il Csm, che di solito fa cose anche peggiori, non si è mai voluto interessare.
Del resto anche Manlio Minale fece lo stesso percorso scendendo di piano senza che la cosa suscitasse attenzione. Minale quando aveva già fatto la domanda per diventare pm era il giudice che in corte d’Assise condannò Sofri. Avrebbe mai potuto smentire l’ufficio in cui stava per entrare?
Ma prima di Minale il capo era stato Gerardo D’Ambrosio, lo zio Gerry, colui che da giudice istruttore aveva cercato di salvare l’onore e l’immagine della questura ricorrendo al “malore attivo” dell’anarchico Pinelli. D’Ambrosio in Mani pulite salvava il Pci Pds spiegando che Primo Greganti aveva usato i soldi non per il partito ma per comprare una casa. Ma da Montrdison Greganti aveva incassato 621 milioni di lire esattamente la stessa cifra data agli emissari di Psi e Dc. Misteri di Mani pulite.
Dopo D’Ambrosio arrivò Edmondo Bruti Liberati uno dei fondatori di Md il quale contrariamente a quelli che erano stati i valori e lo spirito originario della corrente fece fino in fondo “il padrone” del quarto piano cacciando Robledo che voleva indagare su Expo ma per salvare la patria dell’evento non si poteva.
Francesco Greco suo ex delfino ha continuato l’opera di Bruti incagliandosi alla fine nel caso Eni Nigeria.
Siamo alla storia di questi giorni. Greco era stato sempre “coperto” dal CSM. Ricordiamo che poco tempo prima di essere nominato procuratore aveva chiesto una serie di archiviazioni in procedimenti di tipo fiscale. Il gip ragione gettava le richieste e a quel punto interveniva la procura generale della Repubblica avocando a se’ i fascicoli.
In alcuni di questi casi si arrivava alla condanna attraverso il patteggiamento. Insomma veniva completamente ribaltato quello che Greco aveva prospettato. In casi del genere il Csm è chiamato ad andare a verificare. Non accadeva nulla.
Greco insieme al pg della Cassazione Salvi evidentemente pensava di risolvere la questione Eni-Amara facendo trasferire Storari. Stavolta non ha centrato l’obiettivo.
Il 14 novembre va in pensione, forse anche prima se in lui dovesse prevalere la saggezza. Insomma aspettiamo “il Papa straniero”.
(frank cimini)

Loggia Ungheria, procure in mezzo al guado

L’ormai famosa loggia Ungheria è esistita, esiste o si tratta di una bufala messa a verbale dall’avvocato Piero Amara? Non lo sappiano e c’è il rischio di non saperlo mai. Le procure di Milano, Perugia e Vattelapesca dovrebbero accertarlo. Il condizionale è d’obbligo perché a quanto pare nulla è stato fatto sia prima sia dopo l’emergere del caso.
Diciamo che le procure potrebbero (eufemismo) essere imbarazzate. Nel caso dovessero indagare finirebbero inevitabilmente per lanciare il messaggio di sospettare di altre toghe. Dal momento che Piero Amara ha affermato che ne facevano parte anche magistrati e giudici insieme a politici imprenditori avvocati e uomini di affari. Anche per intrallazzare sulle nomine del Csm.
Nel caso invece non dovessero indagare finirebbero per buttare a mare con un gioco di parole Amara che per molti versi ci si è buttato da solo. Ma, dettaglio importantissimo, l’avvocato siciliano viene ancora valorizzato al massino come testimone della corona dalla procura di Milano nel ricorso in appello contro la sentenza che ha assolto i vertici dell’Eni dall’accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari nel tentativo in verità non facile di ribaltare il verdetto al processo di secondo grado. Delle due l’una. Non esiste una terza via, a meno che non dovesse trattarsi di non fare niente.
A non fare niente intanto anche sul punto è il Csm che pare non toccato dalla vicenda. A cominciare dal suo presidente Sergio Mattarella che è anche il capo dello Stato e di questi tempi parla di tutto persino dell’istituto di previdenza dei giornalisti ma non della bufera che ha investito la categoria nel suo complesso.
A tacere poi è la politica tutta. Storicamente quando la politica è in difficoltà, basta ricordare il mitico 1992, viene azzannata dalla magistratura che in questo modo aumenta il proprio potere.
Quando la magistratura è in difficoltà la politica sembra avere paura. È riuscita a tacere in sostanza anche sul caso del senatore Caridi assolto dopo 5 anni compresi 18 mesi di carcere dove lo mandò il Parlamento accogliendo la richiesta di arresto dei giudici.
Tornando a botta. Cosa farà per esempio sulla famosa loggia Ungheria la procura di Milano in pratica delegittimata dal Csm che ha deciso di non trasferire il pm Pm Paolo Storari il quale aveva rotto con il capo Francesco Greco proprio su quelle indagini mancate? Cosa può coordinare Greco a pochi mesi dalla pensione e indagato a Brescia giusto per lo scontro con Storari?
E nel caso in cui Greco anticipasse la pensione chi lo dovesse sostituire come facente funzione in attesa della nomina del successore riprenderebbe subito in mano la patata bollente? E a Perugia sono tutti presi solo dal caso Palamara senza avere tempo per altro? Non resta che aspettare magari nella consapevolezza di non doversi aspettare niente se non che il tempo scorra.
(frank cimini)

Csm: Storari resta a Milano. Greco sempre più in bilico

La decisione del Csm di rigettare la richiesta del Pg della Cassazione Giovanni Salvi di trasferire da Milano il pm Paolo Storari impedendogli di esercitare le stesse funzioni anche altrove taglia la testa al toro e contiene un chiaro messaggio per il procuratore Francesco Greco.
Greco alla luce della scelta del Csm, chiara e netta, appare sempre più in bilico. Il procuratore dovrebbe coordinare fino al 14 novembre data della pensione, un ufficio inquirente dove ben 60 pm su 64 avevano espresso solidarietà a Storari smentendo Greco.
Il procuratore aveva sostenuto che Storari consegnando i verbali di Piero Anara a Davigo avrebbe “gettato discredito sull’intero ufficio”.
Si tratta della stessa linea scelta dal Pg Salvi il grande sconfitto di questa vicenda in cui è l’intera magistratura a fare una magra figura (eufemismo).
Salvi evidentemente pensava di risolverla trattando Storari come Luca Palamara. Trasferendo Storari e impedendogli di continuare a fare il pm secondo il Pg della Cassazione avrebbe risolto tutto.
E invece il no secco del Csm ha aggravato la situazione. Diciamolo chiaramente: anche il documento dei 69 pm solidali con Storari non è stato formalmente depositato al CSM ha finito per pesare in modo decisivo.
Adesso sarà il procuratore Francesco Greco a decidere cosa fare. Nel caso il procuratore andasse in pensione in anticipo accelererebbe l’iter per la nomina del suo successore dove i favoriti sono il Pg di Firenze Marcello Viola e il capo dei pm di Bologna Jimmy Amato.
Non sembra avere molte chance il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli unica candidatura interna all’ufficio. Questa volta i pronostici sono tutti per un “papà straniero”, un magistrato fuori dai giochi e dai giri della procura meneghina.
(frank cimini)