giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Per il pm “snob” le offese su Facebook non sono diffamazione

Si legge che in questi giorni la Procura della Repubblica di Roma avrebbe richiesto l’archiviazione della querela di una ragazza, ritenutasi diffamata su un social da chi l’aveva definita “una malata mentale, una bipolare che si imbottisce di psicofarmaci, figlia di un padre ubriaco che la maltratta”.

La motivazione, evidentemente in diritto, stante l’oggettiva portata offensiva della frase in oggetto, si presenta in certo senso “rivoluzionaria”.

Posto che il reato di diffamazione tutela l’altrui reputazione, ritiene la Procura che questa non venga scalfita da quanto riportato su Facebook, in quanto luogo, si legge “popolato dai soggetti più disparati che esternano il proprio pensiero senza l’autorevolezza delle testate giornalistiche e di fonti accreditate”.

Conclude pertanto la Procura che siccome FB “gode di scarsa credibilità”, le espressioni denigratorie ivi usate verrebbero percepite agli occhi dei terzi” solo come un ”modo di sfogarsi o di scaricare lo stress o la propria rabbia”.

In sostanza, poiché il reato di diffamazione è reato di pericolo, ritiene la Procura romana che quanto si legge su FB non metta neppure “in pericolo” l’altrui reputazione per totale assenza di autorevolezza.

Il ragionamento potrebbe anche apparire condivisibile, se non peccasse di un certo soggettivismo “snob” che ci fa domandare in che “mondo ideale” viva l’estensore di siffatta richiesta.

Siamo tutti d’accordo che nessuno dovrebbe formarsi opinioni sulla base di quanto si legge su FB e proprio per le medesime ragioni indicate dalla Procura, ma questo se vivessimo in un mondo interamente popolato di menti raffinate e selettive. Ma ben sappiamo che non è così, dato che vi è chi sostiene che persino l’esito delle elezioni presidenziali americane sarebbe stato pesantemente influenzato dai social, e per tacer di casa nostra ove c’è chi ha costruito gran parte del proprio consenso attraverso le cosiddette piattaforme (termine orrendo) web. Anche perché, mentre è certo che FB lo leggono tutti, grandi e piccini, non so quanti lettori possano ancora vantare quelle “autorevoli testate giornalistiche accreditate” indicate dalla Procura.

So bene che quando ancora non c’era internet e tutte quelle “belle “cose di oggi, Vittorio Gassman riempiva i teatri tenda delle periferie milanesi con l’Adelchi o Ermanno Olmi si classificava secondo per incassi dopo Geppo il folle di Celentano con un film in dialetto bergamasco, ma oggi mi pare che più che la “cultura di massa” si persegua la massa priva di cultura, e temo che se si vuole davvero danneggiare qualcuno non vi sia niente di meglio che insultarlo sui social.E poiché il reato di diffamazione si consuma allorquando viene messa a repentaglio, anche solo potenzialmente, la reputazione di altro soggetto, ritenere che oggi questo non possa accadere sol perché l’offesa non proviene da una “fonte autorevole”, somiglia più a un lodevole auspicio che a una presa d’atto. Se un tempo bastava “un venticello” a portare in giro la “calunnia” rossiniana, figuriamoci mezzi diffusi come Facebook, Twittter e chi più ne ha più ne metta. Piuttosto si decida una buona volta di depenalizzare il reato di diffamazione, come da più parti e da anni viene suggerito, ma autorizzare il Far West sui social, contando sul fatto che le persone oggi si formino un’opinione solo leggendo Montale o Umberto Eco, non ci pare cosa buona e giusta.Concludo augurandomi che questa richiesta non sottintenda in realtà un’ennesima invasione “etica” dell’ordinamento penale nella vita dei cittadini, ai quali, dopo avere più volte spiegato con chi, e in che modo, potevano fare sesso, ora viene impartito loro anche cosa dovrebbero… leggere. (avvocato Davide Steccanella)

Archiviazione per 45 No Expo (e 80 mila euro di intercettazioni)

Il gip di Milano ha archiviato su richiesta conforme della procura le accuse di devastazione e saccheggio a carico di 45 militanti NoExpo in relazione alla manifestazione del primo maggio del 2015. Il costo delle intercettazioni durate  fino a maggio del 2017 ammonta a 79.294 euro e 8 centesimi. La somma di denaro sicuramente non ingentissima ma comunque significativa non è stata utile a trovare riscontri all’ipotesi dell’accusa. Il giudice in accordo con la procura ha deciso che il “gesticolare” dei presunti promotori degli incidenti che invitavano i manifestanti ad andare avanti non è sufficiente per supportare in aula l’accusa di aver coordinato le azioni violente quel giorno in cui venne inaugurata l’esposizione universale.

Sulla decisione del giudice può aver pesato il fatto che altri manifestanti già portati a processo più o meno con lo stesso quadro accusatorio erano stati assolti dal reato più grave sia in primo che in secondo grado. Anche se resta da celebrare il processo a 5 manifestanti, tra i quali  4 greci  destinatari della misura cautelare in carcere ma a piede libero ad Atene perché la corte d’appello locale aveva negato l’estradizione spiegando che non esiste la responsabilità penale collettiva ma solo quella personale. Secondo i giudici greci non sarebbero stati indicati elementi specifici a carico degli indagati.

Tra le 45 posizioni archiviate dal gip c’è quella di Pasquale Valitutti figura storica dell’area anarchica, “l’unico manifestante in carrozzella” scrive il giudice. “E’ vero che indossava il casco ma non si trattava di travisamento essendo già identificato dalla carrozzella.

Valitutti la notte tra il 14 e il 15 dicembre del 1969 era nella stanza accanto a quella del commissario Luigi Calabresi da dove volò giù Pino Pinelli, fermato in relazione all’indagine sulla strage di Piazza Fontana. Insomma un pezzo di storia dell’anarchismo che non smette di manifestare facendosi aiutare da una carrozzella.(frank cimini)