giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Emilio Fede va alla guerra contro le testimoni del processo Ruby ma per il gip fa querele “pretestuose”

L’uomo è sanguigno, si sa. E si sa anche che “la miglior difesa è l’attacco”. Sorprende però che un giornalista esperto come Emilio Fede, ex direttore di successo, questa volta sia stato tanto impulsivo da fare – in sede giudiziaria – come il pilota che a 90 all’ora punta dritto contro un muro di cemento armato. Facendosi male da solo.

Il suo muro incrollabile, Fede lo trova nelle dichiarazioni di tre testimoni, Chiara Danese, Ambra Battilana e Imane Fadil, nel processo Ruby. Quelle che hanno fatto luce sul bunga bunga e i metodi di cooptazione di giovani avvenenti ragazze ad Arcore. Le tre testimoni hanno contribuito alla condanna di Fede in primo e secondo grado (la Cassazione ha annullato, ci sarà un nuovo processo d’appello). Il 13 settembre 2013 Fede presenta a Novara una querela “per i delitti di calunnia, falsa testimonianza e altri eventualmente ravvisabili” (meglio abbondare. Meno di due mesi prima era stato condannato in primo grado nel processo Ruby per induzione alla prostituzione). Oggi il gip di Milano Donatella Banci Buonamici archivia la querela, e la motivazione non è piacevole per l’ex direttore del Tg4.

“Merita solo evidenziare, a dimostrazione della strumentalità della denuncia querela presentata dal signor Fede (…) il contenuto di alcune conversazioni riportate in sentenza e comunque non contestate dalle difese, dalle quali emerge in maniera assolutamente univoca l’impegno profuso da Fede nell’individuare e selezionare giovani donne da condurre al cospetto di Silvio Berlusconi e indurle al compimento di atti sessuali“. Il luogo è villa San Martino ad Arcore, “dove si verificheranno i sipari descritti da una pluralità di testimoni presenti”, scrive il gip. Le accuse a carico delle tre ragazze vanno archiviate perché è “assolutamente evidente la assoluta mancanza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Ma non avevano detto una sacco di bugie in aula, come sosteneva Fede? “Allo stato, sulla base del materiale esistente agli atti, questo giudice non può che condividere la valutazione espressa dal collegio giudicante, non emergendo dalle dichiarazioni delle tre indagate elementi in grado di inficiarne la veridicità del contenuto. Vanno invece valorizzate la linearità e la coerenza delle dichiarzioni rese dalle testimoni, che risultano scevre da contraddizioni”. Il loro racconto è “logico e coerente, estremanente dettagliato nelle parti salienti e privo di qualisiasi forzatura o animosità punitiva o di odio nei confronti dell’imputato”. Lui invece un pochino arrabbiato forse lo è.

Il documento: archiviazione querela fede

Ruby non parla ai pm
Ma leggetevi le domande…

E all’improvviso, Ruby non parla più. Vi ricordate la scenetta di Karima El Marough sullo scalone del palazzo di giustizia mentre mostra il suo passaporto alle telecamere? E l’intervista al programma di Santoro? Naturalmente, i processi sono un’altra cosa. Qualunque affermazione uno faccia in aula ha un peso molto diverso da quello che avrebbe di fronte a una telecamera. E Ruby, anche in aula di cose ne ha dette, con la sua deposizione fiume davanti ai giudici che processavano Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti.

Ora però, nell’indagine ‘ter’, davanti ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, preferisce non rispondere alle domande degli inquirenti. I quali ci provano comunque a raccogliere le sue dichiarazioni e non si accontentano di un semplice “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”: ne raccolgono infatti ben nove. Loro domandano, mettono la giovane marocchina davanti a una serie di elementi accusatori e lei quasi meccanicamente risponde: “Mi avvalgo”.

L’interesse di questo verbale sta allora nelle domande, e non nelle risposte. Vale la pena dargli un’occhiata. Qui sotto.

 

prosegue

 

 

Ruby e quell’intervista da Michele Santoro
Fabrizio Corona, gliela feci fare io, pagata

Ma quindi Michele Santoro ha pagato per intervistare Ruby?

“Ho fatto fare a Ruby un’intervista”, racconta l’ex coordinatore di paparazzi Fabrizio Corona, sentito come testimone dai pm che indagano sul caso Ruby ter a marzo scorso (ve lo avevamo anticipato qui).

Dice Corona, a proposito dell’intervista e di Karima el Marough: “Era molto attaccata ai soldi, volle esser pagata prima. Era nel 2012. Le feci fare l’intervista per Santoro in cui per la prima volta parlò di Berlusconi. Tra il 2011 e il 2012 Ruby avrà fatto una decina di serate nei locali guadagnando al massimo 5mila euro a serata. Nel 2013 e 2014 non ha più fatto serate”. Millanterie di Corona, non nuovo alle sparate ma sotto obbligo di giuramento da testimone, oppure Annozero ha davvero scucito del denaro per intervistare la nota Rubacuori?

Qui l’intervista di Annozero a Ruby. Effettivamente è del 2012.

Qui invece il verbale di Fabrizio Corona.

Ruby ter, i pm da Fabrizio Corona
Video bunga bunga? Non ne ho visti

Il sospetto l’aveva insinuato già a fine 2010 durante la pausa di un suo processo. “Ci sono le fotografie delle feste ad Arcore. Se io avessi continuato a lavorare…”.

Fabrizio Corona di fotografie e video se ne intende. Di solito li raccoglieva e li proponeva ai paparazzati in cambio di denaro. “Un favore se le foto erano brutte”, a suo modo di vedere le cose. Di foto del bunga bunga ad Arcore, però, se ne sono viste veramente poco. A parte un paio di scatti di una stanza vuota con il letto sfatto, niente. Al più immagini ammiccanti delle Olgettine, scattate con il telefonino e piuttosto fuori contesto.

Eppure Corona era convinto che quelle fotografie compromettenti esistessero e che semmai fossero state fatte sparire per convenienza. Che le ragazze le avessero imboscate eventualmente per poterle usare come strumento di ricatto nei confronti di un soggetto che in effetti, fino a tempi recenti, è sempre stato ben disposto a retribuire le sue amiche. In cambio del silenzio? È quello che sospettano gli inquirenti dell’inchiesta Ruby ter. I quali, per dovere di completezza investigativa, si sono presi la briga di andare a sentire Fabrizio Corona in carcere a Opera, come testimone. L’ex re dei paparazzi avrebbe solamente confermato che le voci sulla presunta esistenza dei video erano insistenti, nell’ambiente dei vip da copertina di rivista patinata. Ma che lui non ne aveva mai visti. E che, per quanto a lui noto, poteva anche trattarsi di rumors infondati. Forse il segnale migliore Corona l’ha dato sulla propria consapevolezza di quel che gli sta succedendo. In carcere ha messo da parte gli abiti del bullo, ogni giorno legge da cima a fondo i quattro quotidiani che ha a disposizione, e molti libri. Un Corona ‘rieducato’? Sembrano lontani i tempi in cui scorrazzava in Bentley e dettava tempi e modi – non sempre leciti – degli scoop fotografici. Ma le dinamiche di quel mondo le conosce ancora benissimo.

Coppi, dire che Arcore era un harem e stravincere

“Professore – chiede un cronista durante una pausa del processo d’appello Ruby – ma lei che ne pensa della vivacità sessuale di Berlusconi?”. “Alla mia età (ha due anni meno dell’ex premier, ndr) si rinuncia alla domanda e si teme anche l’offerta, quando arriva, perché si rischia una brutta figura”.

Al professor Franco Coppi di posare un’aureola sul capo di Silvio Berlusconi non è mai passato per la mente. Anzi se possibile, durante le sue arringhe ha fatto brillare ancor più la cresta del “drago” a cui  “le vergini si offrono per rincorrere il successo”, metafora coniata dalla ex dell’ex Cavaliere, Veronica Lario, e poi ripresa da tutti i magistrati che hanno rappresentato l’accusa in questa vicenda.

Ad Arcore c’era un sistema prostitutivo, questo è certo – ha ammesso candido Coppi davanti alla Suprema Corte – ma non c’è prova che Berlusconi sapesse della minore età di Ruby. E quella sera, quando chiamò in Questura, fece bene a chiedere di affidare Ruby a Nicole Minetti che poi si è rivelata quel che è, ma allora era una rispettabile consigliera regionale”.

Semplice, semplice, solo sfogliando il codice e certo senza attingere al suo fondo di sapienza, il Professore ha convinto i giudici di secondo grado e la Cassazione a cancellare i sette anni di condanna per concussione e prostituzione minorile. Del resto, che quello a Silvio non fosse un processo così complicato l’hanno sottolineato pure gli ‘ermellini’ classificando il caso con un grado di difficoltà 5,5 su 10. A renderlo un ‘mostro’ giuridico erano stati i predecessori di Coppi, Niccolò Ghedini e Piero Longo.

Nel processo di primo grado hanno cercato di convincere le tre giudici (bastava un po’ di psicologia di seconda mano per capire che in quanto donne andavano affrontate in diverso modo) che ad Arcore si sarebbero celebrate “cene eleganti”, dove tutt’al più si raccontava qualche barzelletta spinta, ci si travestiva da Ilda Boccassini e si cantavano le canzoni con Apicella. Ma il loro ‘capolavoro’ è stato non impedire quell’incredibile marcia verso il Palazzo di Giustizia di un centinaio di parlamentari del Pdl capeggiati da Angelino Alfano contro la persecuzione ai danni di Berlusconi ricoverato al San Raffaele per un male all’occhio. Invece di blandire il loro ‘capo’ ne hanno assecondato l’istinto a difendersi dal processo e non dentro l’aula. E’ bastato metterci un piede in quell’aula a Coppi per stravincere uno dei suoi processi più facili. (manuela d’alessandro)