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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La sala stampa intitolata a Annibale Carenzo, un maestro

La sala stampa del palazzo di giustizia di Milano porta il nome di Annibale Carenzo da oggi. Una cerimonia semplice con tante persone che lo avevano conosciuto e apprezzato. Ma se avesse potuto vederci avrebbe sicuramente commentato: “Siete tutti matti”.

Un maestro di giornalismo che ha insegnato il mestiere a tanti giovani ma soprattutto un maestro di ironia come ha ricordato Giuseppe Guastella del Corriere. E Piero Colaprico ha raccontato di quando entrò nello stanzino canticchiando un’arietta dal titolo Wolfango e Annibale gli disse: “Ma cosa sai di Wolfango, quella canzone l’ho scritta io”. E non fu l’unica. Come abbia fatto uno scrittore di canzoni a stare quasi 50 anni in questo palazzo a scrivere di inchieste processi e quindi di varia umanità perché la giudiziaria resta una storia di persone è un mistero.

Lavorava tanto Annibale, la sala stampa era la sua seconda casa forse la prima ma diceva che non si divertiva affatto come ebbe a confidare nell’intervista in occasione dei suoi 80 anni a questo blog. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti lombardi Alessandro Galimberti ha aggiunto che Annibale “amava il bello della vita”. Il presidente  del Tribunale Roberto Bichi ha parlato di quando lo vedeva chino sui fascicolo della giustizia civile in un mondo in cui tutti si occupavano pressoché totalmente di penale. “Leggeva leggeva sfogliando e le notizie le trovava”.

Chi scrive queste poche righe testimonia di essere stato colpito da subito da un particolare: Annibale dormiva due al massimo tre ore per notte. Gi bastava diceva accomodarsi su una poltrona. Prendeva in giro Brosio prima dei collegamenti con Fede ai tempi di Mani pulite chiedendo al sottoscritto: “Ma secondo te quando invecchierò diventerò come lui?”. Gli replicavo che sarebbe stato impossibile.

L’intitolazione della sala stampa a Carenzo era una sorta di atto dovuto ma lo abbiamo fatto con piacere pur ricordando che in tempi recenti la nostra comunità era stata colpita da due scomparse premature: Cristina Bassetto e Emilio Randacio. (frank cimini)

La sala stampa del Palazzo di Giustizia sta per chiudere

“La sala stampa del Palazzo di Giustizia chiuderà a settembre”. L’annuncio, questa volta apparso implacabile rispetto ad altri analoghi negli anni passati, è stato dato sabato scorso dal Presidente del Gruppo Cronisti di Milano, Rosi Brandi, durante la cerimonia del ‘Premio Vergani’.

Le testate giornalistiche non riescono a pagare l’esorbitante canone d’affitto di 14mila euro all’anno per la malmessa stanza di circa venti metri quadri che ospita i giornalisti da più di  due decenni. “Alcune aziende editoriali,  Poligrafici, Mediaset, La7, Il Fatto Quotidiano, nonostante le ripetute sollecitazioni”, si legge in una nota del Gruppo Cronisti, non versano la loro quota. Proprietaria dello spazio è l’Agenzia del Demanio (Ministero dell’Economia) che stipulò a suo tempo un contratto col Gruppo e  l’ha data in gestione al Comune di Milano. La cifra a carico dei giornalisti è salita nell’ultimo anno a causa dei continui lavori di manutenzione di tutto il Palazzo, e adesso la gestione della sala stampa pesa come un ‘rosso’ non più sostenibile sui bilanci del Gruppo. “Le aziende in difetto – spiega Rosi Brandi – verranno di nuovo sollecitate, ma se non si decideranno a dare il loro contributo la chiusura sarà inevitabile”.

Una soluzione potrebbe essere l’abbassamento dell’affitto da parte del Demanio, altrimenti non resterebbe che cercare una nuova ‘casa’ all’interno del Palazzo per i cronisti. Nei mesi scorsi, era stata ventilata dalla Procura la possibilità di concedere gratis ai giornalisti uno spazio, ipotesi non gradita da alcuni per ragioni di opportunità. (manuela d’alessandro)