giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Battisti a forte rischio Covid, difesa chiede i domiciliari

“Anche in situazioni di ritenuta compatibilita con il carcere il magistrato di sorveglianza deve verificare se se la patologia di cui è affetto il detenuto sia da considerarsi grave e conseguentemente la prosecuzione della detenzione non possa che rappresentare un trattamento inumano e degradante”. Lo scrivono gli avvocati Maurizio Nucci e Davide Steccanella nell’istante con cui chiedono il rinvio dell’esecuzione della pena per ragioni di salute e la concessione degli arresti domiciliari per Cesare Battisti.

Gli avvocati ricordano che Battisti ha malattie pregresse da quelle polmonari a quelle epatichee al diabete ed è recluso nel carcere di Rossano dove si registra almeno un caso al giorno di un detenuto positivo al Covid.

Il pericolo di contagio spiegano i legali in un ambiente altamente patogeno come quello carcerario è sicuramente maggiore poiché non consente forme di isolamento preventivo.

L’attuale mancanza di letteratura scientifica e l’aggiornamento sul campo portano a una situazione drammatica che ricade su un diritto inalienabile quale è quello alla salute del detenuto.

Gli avvocati chiedono che Battisti vada agli arresti domiciliari a casa del fratello in provincia di Grosseto dove è stata registrata l’assenza di casi di positività al Covid.

Dopo aver riferito dell’istanza tocca aggiungere che non bisogna avere la palla di vetro per capire che la stessa non ha molte probabilità (eufemismo) di essere accolta. È la ragione principale del diniego sta ne fatto che i giudici di sorveglianza hanno paura delle reazioni della cosiddetta opinione pubblica, dei giornali e dell’ineffabile ministro della Giustizia Fofo’ Bonafede che a ogni scarcerazione per motivi di salute manda gli ispettori per criminalizzare di fatto chi ha disposto i provvedimenti.

Ma gli avvocati hanno fatto il loro mestiere a tutela dell’assistito e del diritto alla salute in carcere che va al di là del caso Battisti. Di questo si parlerà domani nel corso di una manifestazione davanti al carcere di Rossano convocara da un appello firmato da avvocati, docenti universitari, giuristi e giornalisti (frank cimini)

 

Rossana Rossanda il Piedifesto e la giustizia

Dal Manifesto al Piedifesto. Fanno finta di celebrare Rossana Rossanda per celebrare se stessi. Il numero dedicato alla fondatrice si candida alla nomination per il festival dell’ipocrisia e del falso. La direttrice Norma Rangeri scrive che dopo la rottura del 2012 si erano “reincrociati”, che lo scontro non era sulla linea politica ma sulla struttura del giornale. In realtà di Rossanda, del suo pensiero e delle sue battaglie nelle pagine del giornale non c’era più niente.
Il Manifesto di Rossanda aveva candidato Pietro Valpreda per sottrarlo agli schiavettoni e alla cella. Il quotidiano di oggi non scrive una riga sugli anarchici arrestati senza ragione tra Roma e Bologna neanche quando nel caso del capoluogo emiliano il Riesame li aveva scarcerati. Nonostante due cronisti del giornale che si dice comunista disponessero delle carte dell’inchiesta. Evidentemente c’erano e ci sono direttive precise.
Del resto sono tempi in cui si è scelto di pubblicare appelli in cui si dice che il governo Conte è il miglior esecutivo possibile. Si, con il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, pronto a inviare gli ispettori tutte le volte che i giudici di Sorveglianza, smentendo le Procure e le Distrettuali antimafia, scarcerano un detenuto per ragioni di salute anche solo per evitare che soccomba al Covid.
Non esiste traccia che sia una di quello che fece Rossana Rossanda anche in difesa di Mambro e Fioravanti, condannati sulla base di un impianto accusatorio assurdo e poco credibile.
La battaglia sul caso 7 aprile, che resta una pietra miliare del garantismo e del diritto, tempo fa sulle pagine del Manifesto trovò “riscontro” nella celebrazione dello storico inviato dell’Unita’ Ibio Paolucci, il quale era stato tra i pm di complemento dell’operazione con cui il grande partito si liberava dei suoi avversari politici.
E non possiamo non ricordare l’ultimo misfatto nel numero del 2 agosto scorso, con l’articolo di Saverio Ferrari che dava credibilità alle bufale dietrologiche della Procura generale sulla strage di Bologna, con Licio Gelli che avrebbe dato un milione di dollari a Mambro e Fioravanti. Nello stesso pezzo si scriveva di rapporti tra Sisde (che nel 1978 non esisteva) e Brigate rosse, di Moro prigioniero in via Gradoli, dove non è mai stato secondo le ricostruzioni di innumerevoli processi e della stessa commissione parlamentare di inchiesta, già di per se’ capace di realizzare film fantasiosi.
Una lettera di replica alle bufale dietrologiche e complottarde firmata da diversi storici, giornalisti e addetti ai lavori non è stata pubblicata dal giornale che a firma di Rossanda il 26 marzo del 1978 gridava in faccia al Pci che le Brigate rosse erano parte integrante del movimento operaio. Album di famiglia.
Senza fare un plisse’ il Manifesto ha riportato le parole di Zingaretti che diceva di aver apprezzato Rossanda come insegnante del dissenso critico. Zingaretti, appena eletto segretario, si era inginocchiato davanti agli imprenditori del Tav. Una vicenda drammatica, quella dell’Alta velocità: pur di vedere realizzata l’opera, il sistema condanna Dana per blocco stradale a due anni di reclusione negando le misure alternative al carcere.

(frank cimini)

Un premio speciale per ricordare Cristina Bassetto

“L’uomo che piantava gli alberi” è il fortunato racconto scritto da Jean Giono sull’incontro tra un ragazzo in cerca di acqua e un solitario pastore provenzale che, tutti i giorni, pianta cento ghiande in un terreno arido e disabitato. Una fatica generosa e libera, per uno sforzo che lascerà traccia nei boschi che cresceranno, cambiando la faccia della sua terra.

Cristina Bassetto nei suoi decenni da appassionata cronista giudiziaria ha incontrato tanti ragazzi seminando in silenzio, senza chiedere mai nulla in cambio in un mondo dove tutti chiedono un like. Non c’è persona all’inizio del suo percorso professionale o in un momento di fragilità che non ricordi l’incrocio coi suoi occhi limpidi pronti all’ascolto, al sorriso, al consiglio. E’ per tutti gli alberi piantati da Cristina e per quelli che lo saranno che il presidente del Gruppo Cronisti lombardi Cesare Giuzzi ha deciso di istituire un riconoscimento speciale a lei dedicato nell’ambito del Premio Vergani.  ”Un premio che vuole essere un riconoscimento del suo lavoro e un contributo da parte di tutti i colleghi affinché venga conservata la memoria del suo impegno e del suo operato”. L’assegnazione sarà decisa dalla Giuria con la consultazione di un comitato di colleghi e amici di Cristina. E lei ci ispirerà, sotto alla sua amata pianta di fico sul mare di Fano, dove sognava di tornare dopo avere seminato in tutti i suoi splendidi anni. (manuela d’alessandro e frank cimini)

“Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l’idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo, allora, senza rischio d’errore, di fronte a una personalità indimenticabile”. (Jean Giono da ‘L’uomo che piantava gli alberi’).

 

 

La differenza tra razzismo e critica politica spiegata a Borghezio

Qual è il confine tra la critica politica e il razzismo? Il giudice Maria Teresa Guadagnino lo spiega nelle motivazioni alla sentenza di condanna inflitta all’europarlamentare leghista Mario Borghezio per diffamazione aggravata dall’odio razziale ai danni dell’allora Ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge. Tra le altre cose, Borghezio aveva detto alla trasmissione radiofonica ‘La Zanzara’ che il livello culturale dell’ex esponente congolese del Governo Letta “non può essere che tribale o del ‘bonga bonga’, in quanto in Africa non esistono dei geni”. 

“Il messaggio di Borghezio – scrive il giudice – non è solo di natura politica ma si traduce in disprezzo verso la persona offesa a causa della sua origine africana. Non sono possibili interpretazioni alternative al senso dispregiativo delle parole di Borghezio nei confronti della Kyenge. La donna, proprio per il colore della pelle, non deve avere i medisimi diritti dei cittadini italiani, ha una cultura inferiore a quella italiana (e, più in generale, a quella mitteleuropea) ed è per questi motivi, e non per altri, che può fare solo la casalinga, non può fare il Ministro e ha tolto a un medico italiano il posto alla Asl”. Affermazioni che non rientrano  nell’ambito della critica politica e quindi della libera manifestazione del pensiero, come invocato dalla difesa, anche “perché Borghezio non conosceva la preparazione reale e le competenze della Kyenge sicché il suo giudizio si basa solo sull’appartenenza etnica”.

I giudici chiariscono anche perché hanno riqualificato il reato in diffamazione aggravata dall’odio razziale mentre la contestazione originaria dei pm era ‘propaganda di idee fondata sull’odio razziale ed etnico’. “Il concetto di propaganda razzista – argomenta Gudagnino, presidente del collegio- non è una semplice manifestazione di opinione, ma è integrata da una condotta volta alla persuasione e a ottenere il consenso del pubblico, come può avvenire, ad esempio, nel corso di un comizio o di un’assemblea”.

Borghezio è stato condannato il 18 maggio scorso al pagamento di 1000 euro di multa e a versare un risarcimento di 50mila euro all’ex Ministro.  All’europarlamentare vengono riconosciute le attenuanti generiche “per il buon comportamento processuale e per quella, sia pur minima, resipiscenza dimostrata dopo il fatto nel porgere formalmente le proprie scuse in sede di assemblea parlamentare”.

(manuela d’alessandro)

“Abbiamo sbagliato tutto, ora potremmo licenziarne 600″. Terzo esposto alla Consob sul ‘Sole 24 Ore’.

Si, è vero, da anni sbagliamo tutto noi, ma adesso cosa possiamo fare, forse licenziare la metà dei dipendenti che sono almeno 600 persone. Terzo esposto presentato ieri alla Consob del giornalista Nicola Borzi (che potete leggere qui)  da cui emergono nuovi, sconcertanti risvolti della crisi del ‘Sole 24 Ore’ sulla quale indagano l’autorità di vigilanza e la procura di Milano. Sentite il fresco presidente del gruppo editoriale Carlo Robiglio, e tremate. Dal verbale del consiglio generale di Confindustria per il rinnovo del cda del 12 ottobre scorso riportato nel ricorso: “Ho trovato una situazione difficile, che voi non potete immaginare, al di là dei numeri, della quale tutti dobbiamo assumerci la responsabilità, perché nel gruppo, di fatto, manca una governance efficace, ormai da anni. Questo sta portando a uno scollamento pericoloso, con due – tre dirigenti che hanno le dimissioni pronte perché hanno offerte importanti. Abbiamo problemi nella raccolta pubblicitaria, e circa 1250 dipendenti di cui, forse, la metà è di troppo”.

Pochi giorni dopo, il 16 ottobre, rispondendo all’economista Luigi Zingales, Robiglio si è espresso  sulla misteriosa società londinese D Source, chiamata in causa da Borzi perché sospettata di avere ‘gonfiato’ il numero di copie digitali multiple creando il grande inganno di un gruppo in salute che stava invece annaspando. “I rapporti con D Source – queste le parole del presidente – sono terminati a luglio scorso. Sulla base delle nostre procedure e informazioni raccolte escludiamo che nell’azionariato di D Source ci siano persone legate al Sole. In ogni caso è impossibile risalire ai proprietari finali. Lavoriamo con società di ogni dimensione, anche quotate: impossibile conoscere tutti”. Nel suo nuovo ‘appello’ alla Consob, Borzi sottolinea “l’incoerenza” delle affermazioni di Robiglio che da un lato esclude legami tra D Source e il ‘Sole’ e dall’altro ammette l’impossibilità di risalire ai proprietari finali. Nel ricorso tuttavia il giornalista fa presente, sulla base di approfondimenti suoi e della rivista ‘Valori’,  che i rapporti tra il gruppo e Martin Palmer, il fiduciario che nel 2012 ha costituito D Source, inizierebbero dal 2000 quando delle società gestite proprio da Palmer costituirono Il Sole 24 Ore Uk, società posseduta al 100 per cento dal gruppo. Materiale esplosivo che finisce all’attenzione della Consob assieme agli altri due esposti  e potrebbe suggerire spunti d’interesse al pm Fabio De Pasquale che sta indagando, per ora a carico di ignoti, con l’ipotesi di falso in bilancio. (manuela d’alessandro)