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Per partecipare alla strage del museo del Bardo, Abdelmajid Touil avrebbe dovuto prendere un aereo da Milano a Tunisi con ritorno immediato in giornata, 18 marzo, perché il ragazzo, 22 anni, è in Italia dal 17 febbraio (fino a prova contraria). Era arrivato con un barcone e poi era stato destinatario da Agrigento di un decreto di espulsione. Le autorità tunisine lo accusano di essere tra l’altro un reclutatore di guerriglieri nel nome dell’islam. Dicono da Tunisi che Touil sarebbe stato tra gli organizzatori dell’attentato. Nelle settimane scorse, la Tunisia ha già arrestato più di 40 persone e non è certo nota per essere una culla del garantismo.
Gli inquirenti italiani che hanno dato esecuzione a un mandato di cattura internazionale stanno svolgendo in queste ore accertamenti sul suo effettivo ruolo nell’attentato. Politici di ogni colore, in testa il presidente del consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’interno Angelino Alfano si sono spprofondati in elogi per la brillante operazione, come si dice sempre in casi del genere. Giornali online e tg hanno fatto il resto e pure di più, sbattendo il mostro in prima pagina.
Per arrestare un altro immigrato dal nordafrica Mohamed Fikri furono dirottate due navi di cui una sbagliata. Era lui oltre ogni ragionevole dubbio l’assassino di Yara Gambirasio. E invece no, ma per arrivare all’archiviazione impiegarono due anni e l’indagine è ancora in mano alle stesse persone che adesso sempre ostentando sicurezza accusano Bossetti.
I parenti di Touil dicono che il 18 marzo il ragazzo era qui. Alla polizia italiana non risulta come frequentatore di ambienti radicalizzati e nemmeno di moschee. Gli inquirenti italiani hanno dato semplicemente attuazione a un provvedimento tunisino, come sono obbligati a fare. “Non sappiamo che ruolo abbia avuto Touil nella strage – dice un investigatore del Ros – in questa fase il Paese che chiede l’estradizione non è tenuto a descrivere le condotte contestate. Si è limitato a comunicarci il titolo di reato: omicidio volontario e partecipazione ad attività terroristica internazionale”.
Per l’eventuale estradizione su cui deciderà la Corte d’Appello ci sono problemi perchè in Tunisia il codice prevede la pena di morte. I due paesi possono anche trovare un accordo nella non esecuzione della pena capitale in caso di condanna. Staremo a vedere. Ma l’informazione del nostro paese oggi ha scritto una delle sue pagine più nere. Non è la prima e crediamo molto verosimilmente neppure l’ultima. Insieme ai politici che a caccia di facili consensi elettorali si accodano alle autorità tunisine senza manifestare il minimo dubbio. (frank cimini e manuela d’alessandro)