Questo post è stato letto 7037 volte.
Denunce a raffica, anni di indagini, procuratori capo indagati insieme a giudici, poliziotti, vigili urbani, militari della Gdf. E poi decine di legali impegnati, udienze in tre distretti di corte d’appello. Sarà il nuovo maxiprocesso alla mafia? Il Watergate italiano? No, è solo la particella 463, foglio XYZ del catasto dei terreni di Biella, con il suo fantasmagorico potenziale giudiziario. Grazie alla pervicacia di una coppia di coniugi, uno dei quali avvocato, e al loro allegro uso delle denunce-matrioska per abuso d’ufficio, da anni tiene sotto scacco la giustizia di Biella, Alessandria, Milano e Brescia, determinando un impegno di risorse e tempo – qualcuno lo definisce apertamente spreco – con pochi precedenti in Italia.
La storia inizia anni fa. La coppia accusa un vigile urbano di essersi illecitamente introdotto nella particella catastale 463. È solo il primo degli episodi. Di asserite invasioni di campo ce ne saranno altre. Ma c’è anche una delibera comunale da cui si evince che una porzione di quel terreno, a uso vicinale, è transitabile. La coppia denuncia 20 consiglieri comunali. Quando la procuratrice capo di Biella, Teresa Camelio, chiede l’archiviazione per il vigile invasore, parte un’altra denuncia, questa volta per lei. Accusa: abuso d’ufficio. Finisce a Milano, competente sulle indagini che riguardino magistrati piemontesi. Poi altre denunce. E quando un giudice riunisce due procedimenti, ne parte un’altra, una specie di meta-denuncia, per abuso d’ufficio.
La coppia è indagata in un altro procedimento per atti persecutori. E allora i due denunciano il gup, accusandolo di aver omesso la notifica di una asserita nullità: ovviamente, abuso d’ufficio.
Accusano poi due legali per un’altra vicenda ai limiti del comprensibile, la presunta scomparsa di due foglietti scritti a mano su una ricevuta di notifica. Quando il pm di Alessandria chiede l’archiviazione, loro si oppongono, il gip archivia, e allora lo denunciano: indovinate per quale reato. Poi si rendono irreperibili per una notifica. Salvo poi denunciare due poliziotti e la procuratrice di Biella quando vengono dichiarati irreperibili. Ipotesi di reato, sempre quella lì.
E quando due dei loro arditi procedimenti vengono riuniti e archiviati, partono denunce per la procuratrice, una sua sostituta, e una giudice di Biella: non potevano farlo, sostengono, è un abuso. Vanno poi all’attacco di altri due avvocati. E quando si va verso l’archiviazione loro denunciano di nuovo procuratrice e giudice.
A fine 2019 vengono rinviati a giudizio per atti persecutori e allora la donna, il giorno dopo, in altra udienza, si avvicina alla giudice: “Ci sono rimasta proprio male ieri. Da lei proprio non me l’aspettavo. Pensavo di aver trovato in lei finalmente un giudice che capisse la situazione”. A quel punto il magistrato chiede di astenersi dal procedimento. La presidente del Tribunale, Paola Rava, accoglie la richiesta. Et voilà l’aspirante campionessa biellese di querele-matrioska denuncia anche l’alto magistrato, questa volta per diffamazione.
Tutto ciò, e molto altro, per un totale di 13 fascicoli scaturite da molte più denunce, finisce a Milano. Il pm Paolo Filippini riunisce e chiede l’archiviazione. Loro si oppongono, naturalmente. Si racconta di un’udienza scoppiettante, a settembre scorso, con decine di avvocati arrivati da mezzo Piemonte in via Freguglia e nervosetti per l’evidente perdita di tempo. Anche questa volta, l’opposizione finisce come previsto. Archiviazione concessa e motivata il 21 dicembre scorso, non senza reale uno sforzo di umana comprensione nei confronti dei denuncianti per il loro “profondo senso di frustrazione, ingiustizia e insofferenza”, come scrive la gip di Milano Lorenza Pasquinelli, la quale dà atto del “clima teso” e della diffidenza reciproca accresciuta negli anni tra il mondo giudiziario biellese e la coppia di denuncianti. Tale è l’accuratezza e la mancanza di pregiudizio del gip milanese, che per una delle 13 denunce dispone ulteriori accertamenti al fine di ascoltare i potenziali testimoni di un bizzarro episodio di “sequestro di persona” da parte di appartenenti alla Gdf, di cui l’avvocato dice essere stata vittima insieme a un’amica.
Potete immaginare come prosegue la storia. Il pm milanese Filippini è stato denunciato a Brescia. Verrà con ogni probabilità archiviato. Ma scommettiamo che la vicenda si sposterà poi a Venezia? E in seguito? Piccolo consiglio all’ex pm milanese Sandro Raimondi, ora a capo della procura di Trento: inizi silenziosamente a portarsi avanti studiandosi la vicenda, qui su Giustiziami.