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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il sindaco – commissario che fa le gare di fretta e gli appalti spartiti: l’altra Milano negli atti sulla ‘Piastra’

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Milano, quante parole dolci per te in questi mesi. Città prima in tutto, prima anche ad alzare la mano per dire che sei la più brava. Città lodata ogni giorno dai media col cappello abbassato. Eccoti negli atti di una delle tante indagini su Expo soffocate dalla moratoria, quella sull’appalto della Piastra, il luogo dove sono stati deposti i padiglioni, sì, i padiglioni dei paesi di tutto il mondo, quelli che la Procura di Reggio Calabria (non di Milano) sostiene essere stati costruiti con l’aiuto della ‘ndrangheta. Ti riconosci?

“COME SI SPARTISCONO GLI APPALTI A MILANO”

“Cinque (imprenditore indagato, ndr) mi disse che Milano non era una piazza semplice, ma assai chiusa per la presenza di un sistema spartitorio degli appalti”. A metterlo a verbale il 25 maggio 2015 è l’imprenditore Piergiorgio Baita, indagato perché, questa è l’ipotesi dei pm,avrebbe contribuito a truccare la gara più importante di Expo, quella per la ‘Piastra,’ vinta dalla Mantovani Costruzioni, di cui era ad, con un ribasso del 42 per cento. “Nel senso – precisa – che vi era una spartizione di massima con riguardo al settore della Sanità e del settore delle Infrastrutture e costruzione di grandi Opere; il primo settore, controllato dal sistema della Compagnia delle Opere, il secondo dal gruppo delle grandi Imprese nazionali di costruttori, con prevalenza di quelle milanesi. Mi disse anche – aggiunge – che in questo sistema lui aveva la possibilità di essere tutelato grazie ai rapporti che negli anni precedenti aveva instaurato con due società chiave nela gestione degli investimenti infrastrutturali in Lombardia, ossia Ilspa e Serravalle. In particolare – conclude – egli poteva godere di ottimi rapporti con l’amministratore di Ilspa Antonio Rognoni (pure tra gli indagati) per il quale presso il Ministero delle Infrastrutture del tempo si stava adoperando per la sua nomina a direttore generale dell’Anas”.

I MANAGER (E IL FUTURO SINDACO) CHE VANNO TROPPO DI FRETTA

“Ottenuto l’appalto ed evitata la verifica di congruità dell’offerta per ragioni di urgenza - si legge nella richiesta di archiviazione della Procura  presentata al gip che l’ha respinta fissando un’udienza al 9 novembre  -  l’unico interesse dei manager di Expo, constatato il ritardo sul crono programma, appare quello di concludere i lavori entro aprile 205, termine assolutamente indifferibile”. “Dichiarato tale obbiettivo – proseguono i pm – si è arretrata la soglia della legittimità dell’agire amministrativo, accedendo a una deregulation dettata dall’emergenza. L’offerta con un ribasso del 42% rispetto al prezzo di gara, in forza della quale la Mantovani si è aggiudicata l’appalto, è stata ampiamente modificata nei costi e nelle originarie obbligazioni contrattuali, consentendo all’appaltatore di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori in corso, la cancellazione dell’Evento e la credibilità del Paese”. E tra chi va veloce, c’è anche il futuro sindaco  Giuseppe Sala, non indagato in questa vicenda. Sentite Antonio Rognoni, l’ex grande capo di Infrastrutture Lombarde, poi arrestato: “”Sono andato da Sala  e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orientamento perché non avevano tempo per poter congruire i prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”.  A suo riscontro, le affermazioni del responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa: “”Proposi alla stazione appaltante di non fare la verifica di congruità nelle persone di Paris (Angelo Paris, allora ‘braccio destro’ di Sala, poi arrestato) e Sala le quali hanno accolto la proposta alla luce delle mie motivazioni”. Sempre Chiesa e Rognoni spiegano che si era deciso in Expo di non fare verifiche di congruità  qualora vi fossero offerte molto al ‘ribasso’, come quella presentata dalla Mantovani, per motivi di tempo. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti “possono”, ma non devono, valutare la congruità di offerte che appaiono “anormalmente” basse.  Dove è la Milano puntigliosa contro la Roma crapulona? E dove sarebbe se su questa indagine che ora un gip cerca di rianimare (ma sembra tardi) non fosse intervenuta la “sensibilità istituzionale” di cui Matteo Renzi ha ringraziato i vertici della Procura?

(Manuela D’Alessandro)