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Anche i pm si commuovono. E se si spezza la voce a una ‘dura’ che fa questo mestiere da 28 anni, alcuni dei quali trascorsi sotto scorta, e che ha indagato su piazza Fontana e vari terrorismi, forse è giusto spiegare perché. Grazia Pradella ha chiesto, crediamo per la prima volta in Italia, di condannare all’ergastolo due medici per avere ucciso i loro pazienti non per sbaglio ma per rincorrere potere e denaro. Sono Pier Paolo Brega Massone e Fabio Presicci, i due chirurghi dal bisturi disinvolto che operavano alla casa di cura Santa Rita, meglio nota come ‘clinica negli orrori’ (copyright non giornalistico, ma di un intercettato).
Pradella ha pregato i giudici della Corte d’Assise di perdonare la sua commozione e, verso la fine del suo intervento, quando ormai aveva sviscerato per sette ore decine di cartelle cliniche, si è lasciata andare a una lunga ‘appendice personale’ che di rado capita di sentire in un’aula di giustizia. Merita di essere ascoltata. “Sono cresciuta in una famiglia di medici. Mio padre era medico ospedaliero specializzato in pneumologia anche se ha sempre privilegiato l’attività di medico di base che coinvolgeva tutta la sua vita e anche la nostra perché era sempre disponibile, 24 ore su 24. Sono cresciuta in mezzo ai malati che spesso giravano per casa e io e miei fratelli sono stati abituati a sentire parlare di malattie. Papà era il medico di un quartiere popoloso e periferico, per tutti ‘il professor Fabio’, per me l’uomo a cui devo i più grandi insegnamenti da punto di vista etico. Quando verso la fine del liceo ho detto ai miei familiari che volevo iscrivermi a Giurisprudenza, lasciando il sentiero della medicina che invece i miei fratelli avevano percorso sono stata guardata con stupore e curiosità da tutti tranne che da mio padre che sapeva che io avevo paura della sofferenza fisica e psicologica che avevo dovuto vedere. Io, che ho evitato questa sofferenza per tutta la vita, in questo processo ho dovuto affrontarla. Questo processo non diminuirà mai la mia ammirazione per chi da medico affronta quotidianamente la sofferenza altrui. Mai, neppure una volta, leggendo e rileggendo le cartelle cliniche, il mio pensiero si è distaccato da quei malati che ho iniziato a conoscere attraverso brevi e significative annotazioni nelle cartelle cliniche. Persone con le loro piccole fragilità ed emozioni a cui è toccato rinunciare all’ultima cosa, affrontare la morte se non con serenità almeno con dignità”. Un avvocato, seduto davanti a noi, ascoltando queste parole ha commentato: “il pm sta sbroccando”. Ecco, a chi scrive invece, comunque finisca questo processo che è ancora apertissimo, è piaciuta molto la lunga ammissione di tenerezza del pm Grazia Pradella. (manuela d’alessandro)